Omelia (26-07-2015)
padre Gian Franco Scarpitta
Pane e Parola

Di pane si parla tanto nella Bibbia e con significati diversi secondo le circostanze. Dove esso indica il lavoro, il sudore e la fatica, dove l'angoscia (il pane di lacrime), dove la gioia.
Il prezioso alimento viene messo in relazione con il lievito, anche per indicare consuetudini e usanze palestinesi e soprattutto per ricordare la notte della fuga del popolo dall'Egitto, quando il pane non potè fermentare per la fretta e l'agitazione di quella che sarebbe divenuta la notte della "Pasqua del Signore". Secondo alcuni esegeti, il pane non lievitato rappresenterebbe poi l'umiltà e l'assenza di orgoglio: come il lievito fermenta e ispessisce la massa della pasta, così l'orgoglio e la presunzione rendono tronfio e perverso il cuore dell'uomo. Che il pane sia comunque associato alla Parola di Dio è abbastanza evidente, come pure è certo che pane e messaggio divino si equivalgono e che nutrirsi della Parola, nella Scrittura, risulta metaforicamente necessario come sostentarsi mangiando pane. E così da parte degli "uomini di Dio" si operano miracoli inerenti all'alimento di farina, lievito e acqua. Già Elia nel famoso incontro con la vedova di Zarepta si era manifestato vero servo di Dio provvedendo al sostentamento della stessa donna, del figlioletto e di se stesso moltiplicando prodigiosamente le minuscole quantità di farina nella giara e di olio nell'orcio (1Re17, 9- 16). Eliseo, che aveva già moltiplicato l'olio della povera vedova oppressa da pendenze e debiti (2Re 4, 3), adesso si trova a confidare nella grazia del Signore quando il suo servitore obietta che il "pane di primizie", per quanto abbondante perché di generosa provenienza, non è in grado di sfamare un centinaio di persone. Nonostante l'esiguità di quel cibo e il numero sproporzionato di persone avviene che tutti mangiano a sazietà di quei venti pani d'orzo e del grano novello e questo consolida la posizione di Eliseo, successore di Elia, quale uomo di Dio. Avendo associato il pane alla presenza del Signore o comunque messo in relazione tale alimento con la grandezza e la signoria divina, afferma se stesso come il latore e il dispensatore del divino messaggio e per ciò stesso è attendibile presso tutto il popolo d'Israele (2Re 4, 42 - 44). Sempre Eliseo poco prima aveva anche fatto gettare della farina nella pentola di minestra avvelenata che i figli dei profeti rifiutavano di mangiare, rendendo la pietanza ben commestibile. Farina, grano, orzo e pane sono elementi di vita e di sazietà ma non senza riferimenti al Signore e alla sua Parola, che diventa per antanaclasi alimento indispensabile per la nostra sazietà materiale e spirituale. Come non potrebbe fare a meno del grano e suoi composti, così l'uomo non può mancare di trarre nutrimento da Dio e di alimentarsi della sua Rivelazione.
Ed è per questo che Gesù, Parola del Dio Vero fatta carne, realizza questo sintomatico episodio della moltiplicazione dei pani e dei pesci alla gente convenuta da ogni parte per pendere dalle labbra di chi veniva considerato il Maestro apportatore di salvezza. Non era stata una semplice curiosità quella che aveva spinto tutta quella turba di gente attorno a Gesù; era la consapevolezza che la sua parola doveva avere qualcosa di straordinario e chi l'avrebbe ascoltata ne avrebbe acquisito vantaggio e beneficio. Dovevano ascoltare e assimilare gli insegnamenti di Gesù, anche a costo di restare digiuni e deperiti. Il Figlio di Dio soddisfa ovviamente la loro fame spirituale, ma non trascura le loro necessità fisiche: non occorre andare a spendere quei 200 denari per procurarsi del pane per cinquemila (e più) persone, ma è sufficiente tacciare un segno di benedizione su quei pochi pani e pesci che casualmente un ragazzo ha portato: essi sono in grado di sfamare una grande moltitudine di gente accosciata appositamente sull'erba.
Forse poche volte noi consideriamo un aspetto molto importante di questo episodio miracolistico: la Parola di Dio quando viene condivisa non può che diventare occasione di agape e di fraternità che prendono corpo espressamente nella consumazione di un pasto insieme. Personalmente ritengo che negli incontri di catechesi e di spiritualità organizzati per i gruppi non debba mancare un seguito fraterno di consumazione almeno ad attestare la compartecipazione che la Parola stessa che abbiamo ascoltato e meditato ora suscita in tutti noi. Il pasto sull'erba organizzato da Gesù suscita koinonia fra persone che socializzano e condividono dopo aver ascoltato la Parola di Dio in Gesù Cristo. Dopo aver ascoltato Gesù Verbo del Padre. Se nell'Antico Testamento il pane è associato sempre alla Parola di Dio, Gesù poi dirà "Io sono il pane vivo disceso dal cielo" indicando la necessità universale di trarre nutrimento da lui. La moltiplicazione dei pani ci introduce al mistero della sua identità con il "pane di vita e di salvezza" che è lo stesso Signore Gesù Risorto e ci dischiude la comunione con lui e fra di noi in questo Alimento di vita. Mangiare di Gesù pane vivo significa immedesimarsi in lui e, sull'esempio di questi cinquemila devoti all'ascolto, assimilare e vivere di lui giorno per giorno. Ma non si tratta solamente di un pasto figurato denso di spiritualità. Esso ci ricorda l'appuntamento festoso dello "spezzare il pane " eucaristico domenicale, evento nel quale Egli ci si offre come suo Corpo reale e sostanziale, nutrendoci del quale assumiamo sempre più costanza e determinazione nella vita.