Omelia (02-08-2015)
don Luciano Cantini
Il segno

Voi mi cercate
Come spesso accade, Gesù non risponde alla domanda, piuttosto la supera, andando a scandagliare l'animo dell'uomo così da scoprirne la verità tenuta nascosta o quella che i suoi interlocutori neanche riescono a percepire obnubilati da altre idee o preoccupazioni. La gente ha trovato qualcuno che risolve i problemi basilari dell'uomo sfamando la moltitudine e in abbondanza. Non riesce a leggere il segno nel suo valore universale, l'unica preoccupazione è quella concreta e contingente, se vogliamo utilitaristica, che soddisfa un bisogno.
Ci sarebbe da chiederci quale sia la differenza tra la gente di Cafarnao e la nostra ricerca del Signore: cerchiamo aiuto, conforto, protezione... "che tutto vada bene"... e se il pane e i pesci ci interessano poco è perché ne abbiamo in abbondanza tanto da sprecarne, cerchiamo la salute, la pace (intesa come tranquillità personale), il benessere. Ecco anche noi cerchiamo il Signore con una visione utilitaristica della relazione.

Su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo
Gesù sposta l'attenzione su un altro piano: Datevi da fare... per il cibo che rimane per la vita eterna. Bisogna però non fraintendere, il rischio è quello di "spiritualizzare" la relazione togliendo ogni significato agli aspetti materiali della vita che rappresentano una necessità concreta da cui non possiamo prescindere. È necessario leggere il segno che il Signore ci ha offerto - insieme agli altri che il Vangelo di Giovanni ci racconta - accoglierne la verità, percepirne la forza, lasciarsi prendere e trasportare da quel segno che ha l'energia del vento che soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va (Gv 3,8). Il segno si immerge nella realtà concreta dell'uomo - dal bisogno di festa alla sazietà, dalla salute alla vita - ne assume la verità per proiettarla nell'altrove. Il segno è un indirizzo, un'indicazione, una direzione, una prospettiva, un modo di vedere e di pensare. Il segno ha bisogno di attenzione e di accantonare la meraviglia, perché educhi scelte di vita. È proprio il segno che ci permette di individuare la porta d'accesso (cfr. Gv 10,9) nella realtà nuova del Regno di Dio: è Gesù su cui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo. È il Figlio di Dio la fonte zampillante (cfr. Gv 4,14) della storia nuova che coniuga l'impegno nell'affrontare i problemi dell'uomo e l'Eucaristia, la relazione col mondo e il Regno dei cieli.

Io sono il pane della vita
Alla domanda della gente Gesù risponde: «Questa è l'opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato». È una risposta che non viene capita e, come spesso succede si chiede una conferma, però alla nostra misura, alla nostra maniera... «Se non vedete segni e prodigi, voi non credete» (Gv 4,48). Facilmente indugiamo al miracolistico, banalizzando l'opera di Dio esigiamo la prova, come una "prova d'amore" che in fondo non dà alcuna garanzia.
L'uomo ha bisogno di scaricare su Dio le proprie responsabilità (a volte anche sul demonio), per non scegliere e non fare.
Nel suo vangelo Giovanni non parla mai di Fede, espressione troppo teoretica, ma usa il verbo credere che ha in sé la dinamica dell'azione e la responsabilità della storia: cogliere nel segno tutta la sapienza e la forza della storia nuova del Regno di Dio. Gesù ci offre una prospettiva molto profonda affermando io sono il pane della vita, Lui, la sua persona e la sua opera è il pane della vita, i segni che ha lasciato, la Parola che ci nutre, il mistero della Pasqua, la sua stessa vita. Un pane per uomini liberi, o meglio liberati dalla sua stessa vita; un pane inatteso, non comprato, donato, condiviso, che sazia ognuno, abbondante e prezioso: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto» (Gv 6,12).