Omelia (02-08-2015)
mons. Antonio Riboldi
Signore, dacci sempre questo Pane

Possiamo facilmente immaginare la scena che l'apostolo Giovanni ci descrive nel suo Vangelo.
La folla era stata saziata dal miracolo dei pani, compiuto da Gesù. Aveva, quindi, nella sua immaginazione e nella sua sete di serenità e sicurezza economica, che troppe volte manca a tanti nel mondo, in ogni tempo, la possibilità di trovare in Gesù una certezza ‘materiale'.
Gesù era diventato, per la folla, uno che, in un modo o in un altro, avrebbe soddisfatto e risolto i problemi quotidiani, quelli che affliggono tragicamente intere famiglie e intere nazioni, anche oggi.
Purtroppo sono ancora tanti tra di noi e lontano da noi, che si sentono condannati a vedere il diritto alla vita, alla salute, alla libertà, come sogni irraggiungibili... al punto che non sentiamo neppure la loro voce, coperta dal frastuono del benessere di pochi, che però ora già paghiamo e che cerca di coprire i lamenti o i diritti di chi ha fame. Anche se, da anni, se ne è fatta voce la Chiesa, e con un'accortezza profonda, sempre più forte, Papa Francesco. Sembra una speranza, una svolta per iniziare una più equa distribuzione delle ricchezze della terra, una nuova consapevolezza che la terra non appartiene a qualcuno, ma è di tutti.
Ma, tornando al Vangelo di oggi, quella folla che accerchiava Gesù non vuole certo farsi sfuggire di mano un ‘messia speciale', soluzione ai suoi concreti problemi. Lo cerca affannosamente, fino a raggiungerlo, là dove si era appartato con i Suoi, dopo il segno dei pani moltiplicati.
Gesù voleva e vuole essere cercato per quello che era ed è, per la missione che era venuto a compiere tra noi e per noi, non come risposta a fragili certezze materiali.
Cerchiamo di entrare nel Suo Cuore, facendoci illuminare dalla Parola:
"... Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: ‘Rabbì, quando sei venuto qua?'. Gesù rispose loro: ‘In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell'uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo'. Gli dissero allora: ‘Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?'. Gesù rispose loro: ‘Questa è l'opera di Dio: che crediate in Colui che Egli ha mandato.' Allora gli dissero: ‘Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo.' Rispose loro Gesù: ‘In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo'. Allora gli dissero: ‘Signore, dacci sempre questo pane.' Gesù rispose loro: ‘Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!'" (Gv. 6, 24-35)
È il discorso che apre il segreto della vita interiore di ogni uomo, che desidera davvero ‘entrare nella vita', anche oggi, soprattutto oggi. Ricevere il Pane di Dio significa credere di fatto in Gesù, accostarsi a Lui come al Figlio di Dio, per ricevere da Lui la Vita. Gesù, parlando di Sé, ci conferma che è venuto a saziare la ‘vera fame' dell'uomo, che nulla ha a che fare con ‘la fame delle cose' di questa terra, ma è quella nostalgia - a volte ‘disagio', magari ‘noia' - che tante volte sentiamo e a cui non sappiamo dare un senso e un valore. Spesso non ci rendiamo neppure conto che, pur sazi di cose, ‘dentro' sentiamo come un vuoto, che non sappiamo come riempire.
Bisogna prenderne coscienza, per poi seguire le indicazioni che oggi Gesù ci offre: Lui è il Pane, che può colmare quel vuoto... se abbiamo fede e fiducia.
Ricordo un incontro, di tanti anni fa. Sedevo, una sera, su un muretto, che domina una grande città. Vicino a me c'era un giovane, che aveva cercato di godersi fino in fondo questa vita, cercando disperatamente in ogni situazione ‘qualcosa', ‘qualcuno', che lo saziasse. Giungevano sino a noi le luci della città, ubriaca di vita. Come a manifestare la voglia di pazzia, arrivava il rumore assordante delle macchine e di suoni, che, da lontano, creavano l'impressione di una festa senza fine.
‘Ha mai pensato, padre, - mi diceva quel giovane - cosa voglia dire passare notti e notti in discoteche, farsi assordare dal grande chiasso che chiamano musica? Essere circondati, urtati da persone che continuamente parlano e ridono nello sforzo di dare un volto a un divertimento che invece è solo stordimento? Lo sa quante volte si prova disgusto per tutto questo? Amicizie che sono solo egoismi soddisfatti e buttati. Discorsi che sono solo rumori per ingannarsi'. Dopo un lungo silenzio gli chiesi: ‘Che ne dici di quei giovani, che credono e cantano: Gesù, Tu sei la mia vita, altro io non ho?'. Sono tanti, sai, giovani e meno giovani, che non ‘vedono' la vita come te. Sono nelle scuole, nelle piazze, al lavoro, nei conventi.'. Pensavo a quando, adolescente, mia mamma mi insegnava che ‘una buona Comunione è molto meglio di una buona colazione'. Pensavo a Chi avevo affidato totalmente la mia vita: Gesù, il pane della vita. E ancora mentre scrivo mi commuove questo mio Dio, che non si impone con la grandezza che spaventa, ma si avvicina con passi discreti, come sa fare solo chi ama veramente, e si fa cibo che veramente dà la Vita, quella vera.
Alla fine quel giovane mi chiese: ‘Padre, mi aiuti a trovare questo cibo.' Quel giovane, oggi, è un padre di famiglia, felice e con una famiglia numerosa per giunta, e vive, giorno per giorno, una vita diventata Eucaristia, ringraziamento. E racconta ai suoi figli e ai suoi nipoti del giorno in cui ‘Gesù è diventato la mia vita, altro io non ho... se non voi, che mi siete stati affidati da Lui!'. Come tanti, ha avuto la grazia, con il Pane della Vita, di imparare a ‘volare alto', come certamente ognuno di noi può fare se solo crediamo in Gesù persona viva che cammina al nostro fianco e si dona a noi nell'Eucarestia.