Omelia (15-08-2015) |
padre Gian Franco Scarpitta |
La magnificenza di Dio è munificenza In Gesù suo Figlio Dio ci ha dimostrato in queste settimane di essere il Re di gloria il cui splendore si manifesta nelle vesti bianche che sfavillavano sul monte Tabor davanti agli occhi entusiasti di Pietro, Giacomo e Giovanni (Mc 9, 2 - 10), ma di proporsi a noi uomini come alimento di vita e "pane vivo disceso dal cielo", mangiando del quale si vivrà per sempre. In Cristo il Dio dell'ineffabile gloria, Maestoso e di grandezza indiscussa, la cui regalità è universalmente riconosciuta, si mostra ben lungi dal trattare severamente gli uomini affermando inesorabilmente la sua potenza, ma preferisce mostrare la propria gloria nell'eroismo della morte di croce, nell'autoconsegna alle malvagità umane e soprattutto nel proporsi nostro cibo di vita spirituale invitandoci a mangiare la sua "carne" e a bere il suo "sangue"(Gv 6). Dio mostra la sua magnificenza nella munificenza. La liturgia odierna, seppure non si livella con i testi delle Domeniche precedenti, suggerisce che con essi abbia una certa ragione di continuità, visto che vede Maria resa partecipe adesso della gloria del Tabor ed elevata alla dignità di incorruttibilità assoluta immediatamente dopo a quella del suo Figlio. L'Assunzione di Maria al Cielo in anima e corpo comporta infatti che Maria abbia raggiunto, nella forma speciale e unica, un appropriato traguardo di gloria che richiama il monte della trasfigurazione. Inoltre, la Solennità odierna ci ragguaglia ancora una volta della grande gratuità dell'amore divino: se è vero infatti che Dio in Cristo offre se stesso all'uomo in modo assolutamente gratuito e disinvolto, come non potrebbe essere Dio prodigo nei confronti dell'uomo in conseguenza dei suoi meriti di fedeltà? Nell'Assunzione della Vergine Dio ci dimostra che amore e munificenza sono correlati all'intensità dei meriti dell'uomo. Per meglio essere espliciti, nell'assumere Maria al Cielo in anima e corpo, Dio dimostra di premiare in modo adeguato e proporzionato l'assoluta fedeltà e la disponibilità di questa semplice fanciulla che con la sua condiscendenza alle parole dell'angelo Gabriele si è resa interamente partecipe del programma divino di salvezza. Concedendo il proprio grembo allo straordinario parto del Figlio di Dio che diventava in lei Figlio dell'Uomo, Maria aveva donato tutta se stessa per la causa del Regno, aveva consacrato la sua giovinezza alla Divina Infanzia recando con se il Dio fatto Bambino e con fede aveva seguito le terribili tappe della fuga in Egitto per poi farsi garante, assieme allo sposo Giuseppe, della crescita umana del suo Figlio. Per di più Maria aveva sempre seguito con partecipazione le opere di redenzione di Cristo, si era sempre a lui associata nella lotta contro il male e nell'attività di redenzione e di salvezza dell'umanità. Doveva essere necessario che Dio, assolutamente munifico e misericordioso, le desse un'elargizione proporzionata ai suoi meriti e che la elevasse pertanto al cielo preservando il suo corpo dalla corruzione terrena. Certo Maria è sempre una creatura umana, che non va esaltata alla pari di Dio e del suo Figlio. Di lei non possiamo quindi affermare che sia "ascesa" al Cielo (questo solo di Cristo!), ma che Dio abbia potuto "assumere" questa Donna modello di fede e di speranza alla stessa gloria del Figlio, ciò è veramente possibile, se si considera che l'onnipotenza di Dio è munificenza. San Francesco di Paola amava ripetere che "a chi ama Dio nulla è impossibile" e appunto per questo non è impossibile ottenere da Dio le ricompense anche per noi inimmaginabili. E neppure è impossibile che lo stesso Signore possa donare ad una Donna che lo ha tanto amato e servito il premio dell'Assunzione al Cielo. Per quanto riguarda noi, la Solennità dell'Assunzione ci rammenta l'esortazione di Paolo: " Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dov'è assiso Cristo alla destra di Dio"(Col 3,1) considerando che la nostra meta ultima è appunto quella della vita futura, sa meritare tutt'oggi nel presente. Poche volte si considera in effetti che siamo destinati alla "patria celeste", alla dimensione di gloria che ci attende alla fine dei nostri giorni terreni e che la nostra speranza è il Paradiso. Al termine della permanenza terrena, Dio ci ha riservato la dimensione di salvezza definitiva e di gloria assoluta nella vita eterna, una condizione di somma beatitudine che sarà per noi godimento indefinito, per la quale vale la pena perseverare al momento presente. Il riscatto conseguitoci dal sangue di Cristo sulla croce, i meriti dei Santi e dei Martiri e della stessa Vergine Maria associati alla nostra vita presente in Cristo ci assicurano che (sempre che il nostro libero arbitrio non decida diversamente) il Signore ci attende tutti alla pienezza della vita nell'incontro definitivo con lui. Appunto in Paradiso. Certamente non saremo in grado ( né avremo mai le giuste condizioni di merito) di raggiungere siffatto obiettivo di gloria futura nelle prerogative di Assunzione anima e corpo proprie della Vergine, ma la stessa Madre di Dio ci invita a coltivare la fiducia che ad Esso noi possiamo certamente arrivare. E che appunto per questo la nostra corsa fra le vicende odierne non sarà inutile e infruttuosa. |