Omelia (13-09-2015)
CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie)
Commento su Is 50,5-9a; Sal 114; Giac 2,14-18; Mc 8,27-35

Le letture che la liturgia di oggi sono in continuazione con le letture di domenica scorsa dove ci era stato presentato un Dio fedele e vicino alle sofferenze delle persone. Oggi si prosegue su questo tema e le letture ci ricordano il cammino della fede che richiama l'apertura dell'orecchio: non opporre resistenza, non sottrarsi alla fatica, non entrare in confusione, ma fidarsi del Signore che cammina con noi.


Nella prima lettura troviamo il terzo dei quattro carmi del Servo del Signore, che i Padri della Chiesa hanno identificato nella figura di Gesù. Per lui ascoltare significa essere disponibile a rimetterci di persona e a dare la vita con un amore che dà tutto e chiede tutto e nello stesso tempo ripone in Dio la fiducia di non essere abbandonato "Ecco il Signore Dio mi assiste: chi mi dichiarerà colpevole?".

Possiamo vedere in questo brano la figura di Gesù che continua ad essere visibile oggi attraverso coloro che testimoniano la fede in lui, anche a costo di sacrifici e sofferenze e, recentemente, di persecuzioni spietate. Tutto ciò che ci circonda pare che sia in contrasto rispetto al messaggio cristiano. Dov'è l'amore quando tutto è urlo e arroganza? Dov'è la pace quando si parla solo di guerra, di attentati, di far valere i propri diritti con la forza, di anteporre con sfrontatezza l'efficientismo della finanza alla crescita delle persone, mentre i poveri e i deboli ne pagano le conseguenze?


Il Salmo 114 ci parla di un Dio che "ascolta il grido della mia preghiera e verso di me ha teso l'orecchio nel giorno in cui l'invocavo". Un Dio misericordioso (il prossimo anno papa Francesco ha indetto l'anno santo proprio su questa caratteristica di Dio), che "protegge gli umili", i miseri.


Nella seconda lettura troviamo il brano di san Giacomo che ci fa fare il passo di coerenza tra fede e vita. La fede, se vissuta in modo teorico, è facile, ma quando tocca la vita essa ci sconvolge, poiché si trasforma nel comandamento dell'amore, sull'esempio di Gesù che ha donato la sua vita per noi, in obbedienza alla volontà del Padre, per la nostra salvezza.

Anche in famiglia l'amore e la fiducia sono alla base della relazione, ma se queste rimangono fini a se stesse non ci aiutano a cementare i nostri rapporti; occorre che ci siano anche le azioni, non basta dire "vogliamoci bene", occorre anche fare il necessario affinché questo possa avvenire.


A questo proposito nel brano di Vangelo troviamo Pietro che nella prima parte del testo dimostra una grandissima fede, capace di affermare senza esitazione che Gesù è il Messia, ma quando sente che quel Messia è destinato a soffrire e a morire, allora si trasforma in "satana". «Va' dietro a me» è il rimprovero di Gesù a Pietro. Lui è il Maestro e Pietro è il discepolo che deve riprendere il suo posto, cioè seguire Cristo.

La domanda che Gesù rivolge ai discepoli: "ma voi, chi dite che io sia?" (Mc 8,29), è indirizzata agli uomini di ogni tempo e richiede una risposta decisa, anche se spesso non è facile accettare le difficoltà che incontriamo giorno dopo giorno e l'essere sempre fedeli e coerenti nei confronti di ciò che diciamo di credere; dobbiamo invece essere capaci ad accogliere l'invito di Gesù "se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua".

Rinnegare se stesso letteralmente significa "dire di no". Gli apostoli intendevano Gesù come potere, prestigio, forza, autorità, influenza, denaro, invece sono proprio queste cose che bisogna rinnegare se lo vogliamo seguire. Gli idoli non stanno fuori di noi, ma fanno parte della nostra essenza e si concentrano nel nostro io, assunto a valore supremo e a criterio primo e ultimo di ogni scelta.

La strada che ci insegna Gesù è quella di mettersi dietro di Lui e come Lui porsi al servizio degli altri, anche se questo comporta momenti difficili (vedi Isaia). Questa logica non è però fine a se stessa, ma è messa alla prova anche nella vita di coppia, di famiglia, dove qualche volta occorre fare delle rinunce, dei sacrifici, dire dei sì per amore.

Gesù ci dice anche di prendere la nostra croce e di seguirlo, ma in un altro passo del vangelo ci dice che il suo peso è leggero, perché, come ci ha detto Isaia, Dio ci è vicino.


Le letture di oggi evidenziano quindi che il credente è quello che ascolta la parola e di fronte alle difficoltà non si tira indietro, ma mette davanti a se la speranza in quel Signore che ha dato la vita per noi, è morto e risorto, passando per la croce.


Per la riflessione di coppia e di famiglia.

- Gesù "ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno". La fede non va solamente proclamata, ma vissuta anche quando comporta difficoltà e fatiche. Quale proporzione c'è tra le nostre parole di fede e la nostra testimonianza di vita?

- Che senso ha oggi non parlare di Gesù prima dell'esperienza personale: oggi manca coerenza in un mondo fatto di comandamenti, comunicazioni... come entrare nel mondo della coerenza silenziosa?

- Cosa vuol dire concretamente per noi e per la nostra famiglia "camminare alla presenza del Signore"? Cosa vuol dire pensare alla maniera del Signore e non a quella dell'uomo?

- Come intendiamo il dialogo in famiglia, nella coppia, nella società? Il dialogo è un arrendersi o un confrontarsi su dei valori importanti?


Don Oreste, Anna e Carlo - CPM Torino