Omelia (15-08-2015) |
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COMMENTO ALLE LETTURE Commento a cura di Giuseppe Di Stefano UNA DONNA FATTA DELLA "NOSTRA PASTA" Una donna della "nostra pasta", impastata come noi di terra e cielo. Maria, con tutta la sua grandezza, non è una donna diversa dalle altre donne della terra. Ella è interamente donna, non un essere superiore venuto da un altro pianeta, né una creatura soprannaturale scesa dal cielo. Essa si presenta nel vangelo con tutte le caratteristiche della sua femminilità e della sua maternità in alcune circostanze storiche concrete, a volte tinte dal dolore, a volte coronate dalla gioia. Sente come donna, reagisce come donna, soffre come donna, ama come donna. La sua grandezza non procede da lei, ma dall'opera meravigliosa di Dio, accolta ed assecondata fedelmente da Maria. La sua assunzione in corpo ed anima al cielo, non la allontana da noi, ma la rende più potente per guardare gli uomini, suoi fratelli, con occhi di amore e di pietà. La sua presenza gloriosa nel cielo ci parla non solo di un privilegio di Maria, ma di una chiamata che Dio fa a tutti per partecipare di quella stessa vita nella pienezza del nostro corpo e della nostra anima. Come donna "della nostra pasta", ella è la figura più eccelsa tra le creature umane, e, allo stesso tempo, la più tenera e materna. Ricordiamo tutti come è iniziata la sua storia. Un paese così piccolo e insignificante da non figurare nemmeno nelle carte geografiche del tempo, una piccola donna promessa sposa di un uomo della casa di Davide chiamato Giuseppe. La storia di Maria è una storia semplice, forse banale, ma non per Dio... Lui l'aveva pensata sin dall'eternità così, semplicemente bellissima, l'aveva amata da sempre, ed ora attendeva da lei una risposta. "Ho bisogno di te! Vuoi farmi da madre? Ho pensato che solo facendomi uomo avrei potuto dire definitivamente all'uomo di ogni tempo che lo amo, così come amo te. Posso fare irruzione nella tua vita? Mi dai il permesso di sconvolgere i tuoi piani per farne, insieme con te, uno più grande dove nessuno si senta escluso?". Qualche attimo di attesa e poi una sola parola il suo sì... «e il Verbo si fece carne». Sì, a colei che gli aveva dato un corpo, Dio "doveva" restituire il favore. Le doveva un corpo. Quel corpo, precisamente, che aveva reso possibile la sua «incorporazione» nel mondo. Quel corpo che, per un certo tempo, prima della nascita, aveva formato «una sola carne» con la Madre. Quel corpo che, grazie alla risurrezione, era stato sottratto alla corruzione. Adesso poteva sdebitarsi. Non permettendo che il corpo di sua Madre conoscesse la decomposizione nel sepolcro, così come il suo non l'aveva conosciuta. L'Assunzione della Vergine al Cielo, in corpo e anima, senza scavalcare la tappa della morte, si collega quindi strettamente alla risurrezione di Cristo. Ciò che è successo a Maria, è tuttavia anche ciò che succederà a noi. Il mistero che celebriamo diventa così anticipazione luminosa di tutti coloro che sono «incorporati» nel Cristo. Guardando a Maria, sorella nostra che ci è passata avanti, siamo pervasi di una luce stupenda che trasfigura di bellezza la nostra carne, una carne finalmente redenta dalla vittoria pasquale di Cristo, una bellezza che ci riporta in quel giardino all'inizio del mondo in cui Dio pronunzia il suo stupore dinanzi ad Adamo ed Eva, dopo averli creati. "Davvero quest'uomo e questa donna sono mia immagine e somiglianza ed io li ho fatti per me, perché il mio amore sovrabbondante potesse riversarsi su di loro, come una veste bellissima. Così ho sognato Adam! Avevo messo in conto tutto, anche il suo tradimento. E così è stato! Ma l'amore conosce anche il tradimento e non si ferma nemmeno davanti ad un rifiuto. Per questo ho pensato a lei, Myriam, da subito. Mi sono detto: "Per salvare l'uomo, mi farò uomo io stesso e chiederò a una donna di farmi da mamma". Venuta, dunque, la pienezza del tempo, Dio mandò il suo figlio, nato da donna, nato da Maria, e in lei si legherà definitivamente all'uomo, per non lasciarlo più... nemmeno alle soglie della morte dove non possiamo portare nulla e nessuno con noi. La Pasqua di Maria è la nostra Pasqua, la nostra umanità è la sua, e già risplende gloriosa accanto a quella del Cristo. L'Assunzione al cielo di Maria ci fa guardare al presente con occhi nuovi, quelli della resurrezione, e ci proietta verso quel futuro di beatitudine e di gioia senza fine verso il quale siamo in cammino. Maria è per noi, anche modello di sequela del Cristo, lei che è stata incondizionatamente "prima discepola" del suo Figlio. Nessuno ha seguito l'itinerario del Figlio più da vicino di quanto l'abbia seguito la Madre. Naturale che questa sequela fedele, totale, senza incrinature, l'abbia portata a «seguire» il Figlio anche in cielo, senza ritardi. Maria è la risposta più perfetta che mai sia stata data alle esigenze di Dio. Lei è beata perché ha creduto. Ma è beata anche e soprattutto perché ha amato. E l'amore implica vicinanza, comunione, partecipazione, non separazione. E quando c'è di mezzo Dio, cui «nulla è impossibile» (Lc 1, 27), anche la separazione imposta dalla morte viene annullata. Niente è impossibile all'Amore. Ma la festa di oggi ci sollecita anche a porre una serie di domande che, forse, molti preferirebbero evitare. Crediamo veramente nella vita eterna? E che cos'è, concretamente, per noi, la vita eterna? Una vaga speranza, un'ipotesi più o meno probabile, una cosa lontana e nebulosa? Oppure una certezza incrollabile che dà un senso preciso, un orientamento alla nostra esistenza di quaggiù? Già, perché credere nella vita eterna non significa aspettare passivamente qualcosa che verrà «dopo», che ci sarà «al di là», ma scoprire che c'è qualcosa da fare, qui, oggi, c'è un modo di essere quaggiù, c'è una posizione precisa, un ruolo definito da assumere adesso, in rapporto appunto a quella prospettiva futura... |