Omelia (23-08-2015) |
padre Antonio Rungi |
Servire il vero Dio o servire gli idoli di ieri e di sempre? Il testo della prima lettura della parola di Dio di questa XXI domenica del tempo ordinario, tratto dal Libro di Giosuè, si colloca perfettamente nel clima vacanziero che ancora interessa buona parte della gente del nostro paese. La domanda che Giosuè pone al popolo d'Israele, quale nuovo responsabile della comunità, è chiara: Chi volete servire? Il nostro vero Dio, che si è manifestato in tanti modi nella nostra vita e nella nostra storia, oppure servire altri dei che non ci appartengono per fede, cultura, tradizione, per modo di essere e pensare la vita religiosa, umana, politica, sociale? Un interrogativo che viene posto anche a noi cristiani del XXI secolo e alla quale dobbiamo dare una risposta personale e collettiva. Israele nella sua piena coscienza di essere popolo eletto, risponde con decisione e sicurezza: "Lontano da noi abbandonare il Signore per servire altri dèi!". Una risposta che impegna nella fedeltà a Dio e alla sua legge, che impegna nel cammino della fede e che non ammette più indecisioni e dubbi. Anche noi, cristiani del nostro tempo dovremmo avere quella certezza della fede che Israele manifestò allora, almeno a parola, e ripetere ancora oggi: noi vogliamo servire solo il Signore, noi vogliamo metterci alla sequela di Cristo, nostro Maestro e nostra guida nel tempo e meta ultima della nostra vita, oltre questa vita. Non ci possono essere dubbi ed incertezze su questa certezza di fede che Cristo è nostro Redentore e Salvatore. Non può essere messa in discussione la nostra profonda fede cristiana cattolica, che, chiaramente, ha necessità di essere annunciata, vissuta e testimoniata. Non basta solo dire essere cristiani, dire di aver fede e credere; è obbligatorio, da un punto di vista etico, vivere questa fede e viverla in profondità e con convinzione. Altrimenti rischiamo di fare solo discorsi vuoti ed insignificanti, magari anche alti e qualificati da un punto di vista biblico, teologico, religioso e morale; ma poi nella concretezza dei fatti e della vita siamo molto lontani dal concretizzare quello impegno di vita espresso per noi e per tutti da quel popolo eletto da Dio che un giorno, una volta arrivato alla terra promessa e alla terra della libertà, riconoscente a Dio per quanto aveva fatto ed operato, disse con forza: lontano da noi servire altri dei. Lontano da noi servire gli idoli che il mondo di ieri e di oggi costruisce continuamente contro il vero Dio ed in opposizione a lui. E sono tanti questi idoli del mondo di oggi: dal successo, alla carriera, al denaro, al piacere, al godimento materiale che si pensa possa riempire il cuore e la vita di chi rincorre false gioie, che non è la vera gioia che viene dalla comunione profonda con il Signore. La gioia di essere in comunione con il Signore e di essere in comunione tra di noi, a partire dal luogo privilegiato in cui questa comunione di beni e di amore si deve realizzare e vivere quotidianamente e costantemente come è la famiglia. Infatti, nel secondo brano della parola di Dio di questa domenica XXI del tempo ordinario, ci viene proposto da San Paolo Apostolo, nella sua lettera agli Efesini il tema dell'alta dignità del matrimonio e della vita coniugale, che deve essere una vita di amore o di sottomissione l'uno all'altro dei coniugi per un progetto di vita insieme, che interessa tutta l'esistenza, e che va esplicitato con un comportamento di fedeltà, di armonia, pace, reciproca obbedienza, sostegno, incoraggiamento, stima. Quanto siamo lontani oggi da questi valori e stili di vita, lo sappiamo benissimo, soprattutto noi del mondo occidentale, in cui la dignità e il valore del matrimonio solo calati moltissimo. Certo, bisogna, come ci dice Papa Francesco, essere accoglienti e vicino alle famiglie in difficoltà e nessuno può essere escluso (scomunicato) dalla chiesa per motivi che riguardano le relazioni interpersonali tra i coniugi, con i loro drammi, problemi e difficoltà; ma è pur vero che dobbiamo sviluppare una pastorale di vera formazione e preparazione al matrimonio sacramento, quale luogo dell'amore vero tra due persone di sesso maschile e femminile che decidono di fare un cammino insieme nell'amore e nel reciproco aiuto. La moglie e il marito, la donna e l'uomo devono sperimentare la gioia di stare insieme e di aprirsi al dono della vita, dei figli e costituire famiglie salde e sante. "Per questo l'uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne". La forza della fede e della fedeltà, l'esperienza della vera e gioia e felicità ci vengono solo da Gesù. Egli è la parola certa, è il Maestro che non inganna, il testimone credibile, il pane vero di Dio, disceso dal cielo per alimentare le vere speranze dell'uomo sulla terra. Ecco perché di fronte ai discorsi di Gesù, a volte molto duri, a volte apparentemente difficili da capirsi, a volte impegnativi nel modificare l'assetto della propria vita, del proprio modo di pensare ed agire, molti lasciano Gesù, mentre egli insegna per le vie della sua Palestina, in quei luoghi dove era conosciuto, apprezzato, ma anche umiliato, disprezzato, rifiutato, fino al punto tale da condannarlo a morte mediante il supplizio della croce. Di fronte all'abbandono di diversi suoi discepoli, Gesù, legittimamente pone la domanda al gruppo dei Dodici che Egli si era scelto, confidando su di loro e riponendo in loro la sua fiducia. Gesù ha chiara la situazione di quanti lo seguono e per quali motivi lo seguivano. "Sapeva, infatti, fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito". Ecco perché chiede proprio ai suoi più stretti collaboratori, ai suoi Dodici apostoli: «Volete andarvene anche voi?». A prendere la parola è Pietro, su cui Gesù aveva posto la sua speciale attenzione e speranza per guidare la sua chiesa, che stava costruendo, piano piano, nel loro cuore, nella loro mente e nella loro vita, di quei semplici pescatori e persone del popolo che egli associò a se nella missione. Pietro, si fece coraggio e rispose a nome di tutto il gruppo, con parole vere e sincere, che rivelano l'azione dello Spirito Santo in questo uomo incerto e dubbioso, fino al punto tale che nella passione rinnegherà Gesù, per la poca fede che stava in lui e in tutto il gruppo: «Signore - afferma Pietro - da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio». Questa professione di fede schietta, sincera, autentica ci impegna oggi, sulla scia dell'insegnamento di tutti i successori di Pietro, che sono i Vescovi di Roma e i Sommi Pontefici, e di tutto il collegio apostolico, costituito dai successori degli apostoli e che sono i vescovi, a rinnovare la nostra professione di fede e la nostra fiducia piena e totale in Gesù Cristo. Eleviamo a Dio la nostra lode e la nostra preghiera in questo giorno di festa e giorno di fede, perché la Domenica è giorno del Signore e la fede va vissuta e testimoniata davanti alla comunità con la nostra partecipazione, convinta e sentita all'Eucaristia, e lo facciamo con la orazione iniziale della messa di oggi: "O Dio nostra salvezza, che in Cristo tua parola eterna ci dai la rivelazione piena del tuo amore, guida con la luce dello Spirito questa santa assemblea del tuo popolo, perché nessuna parola umana ci allontani da te unica fonte di verità e di vita". Amen. |