Omelia (23-08-2015) |
fr. Massimo Rossi |
Commento su Giovanni 6,60-69 "Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?": è vero, le parole del Signore sono (state) molto dure; in poche battute Gesù ha distrutto un mito; ma che dico, uno, tutti i miti di Israele!! La grandezza di Mosè, la gloria dell'Esodo, il primato della Legge, l'assolutezza del culto, la maestà del tempio, i privilegi sacerdotali - soprattutto questi!-. Tutto ridimensionato drasticamente, rispetto ad una nuova unità di misura: non più le Dieci Parole, il Decalogo con tutti i suoi 600 e più corollari - secoli di tradizione rabbinica -; la nuova unità di misura è Lui, la persona il Signore! L'unità di misura dell'amore, l'unità di misura della salvezza, l'unità di misura della fede è Lui, Gesù di Nazareth. Da ora in poi "Chi crederà in Lui sarà salvo!". Questa parola è dura! Chi può ascoltarla? Di più, la parola di Gesù scandalizza: sentire dalla sua bocca: "Io sono il pane vivo disceso dal cielo; chi mangia di questo pane vivrà in eterno!", suscita molto di più che qualche perplessità. Il minimo che si possa pensare è: "Costui soffre di deliri di onnipotenza! Costui si crede Dio!". Ho letto di recente il romanzo di John Niven "A volte ritorno": è l'ennesimo tentativo di scrivere la storia di Gesù, ambientandola questa volta negli Stati Uniti, ai giorni nostri. Mi ci è voluto un po' per superare l'istintivo fastidio per il linguaggio triviale - eufemismo benevolo - nel quale i giovani americani si esprimono; del resto, i nostri giovani non sono migliori di loro, quanto a espressioni...colorite - altro eufemismo benevolo -... Ho apprezzato questo racconto e forse ho capito qualcosa di più dello stesso Vangelo: le parole del NT sono ormai note a tutti, ma sarà poi proprio così? e come spesso accade, forse sempre, le parole lette, o ascoltate tante volte, hanno perduto gran parte della loro forza persuasiva, non dicono più niente a nessuno: che sia Parola di Dio, o parola di uomini, nostro malgrado, non fa molta differenza - mi riferisco alla mente, non alla fede -; (le parole) escono da un orecchio ed escono dall'altro; specie in una società come la nostra, ove si è letteralmente bombardati, assediati dalle parole. E così, oggi, l'insegnamento di Gesù non suscita più neppure lo scandalo. Siamo come anestetizzati anche dagli scandali: le prime pagine dei quotidiani ci hanno abituati pure a quelli. Giorno dopo giorno, dopo giorno,... l'eco degli scandali politici, economici, religiosi, sportivi, ha l'effetto di un vaccino inoculato nel sangue: siamo diventati immuni agli scandali altrui. Sono cinico: forse è meglio così. Gesù non teme lo scandalo che possono suscitare le sue parole. In fondo, provare scandalo è sintomo che quelle parole hanno lasciato un graffio in coloro che ascoltano; significa che queste parole hanno colto nel segno! Gesù teme piuttosto l'indifferenza della gente. Dopo così tanti Messia apparsi sulla scena della storia, uno più, uno meno... Il paradosso è che siamo affamati di Messianismo!! Siamo affascinati dall'ultima voce in ordine di apparizione, che sembra - dico, sembra, ma è un'illusione - migliore di quelle precedenti. Che sia la voce di un politico, o di un cantante, la cosa non cambia granché: sappiamo, che, tanto, durerà poco: 3, 4 anni al massimo... allorquando ne sorgerà un'altra... e saremmo daccapo. E ogni volta vogliamo convincerci che "questa volta è la volta buona!". Vince chi suscita emozioni positive...Ma, ahimé, le emozioni sono superficiali, effimere, passeggere... Ecco perché il Messia passa presto, per lasciare il posto a quello che arriverà dopo; anzi, sta già arrivando. È un po' come quando si sfoglia un rotocalco, mentre sediamo in sala di attesa dal medico: la vita come una sala d'attesa... Leggiamo i titoli scritti in grassetto, intratteniamo conversazioni futili con chi aspetta il suo turno seduto accanto a noi... Oggi Cristo ci dice: "Svegliatevi dal torpore! La vita non è una sala d'attesa! e le emozioni sono meno di niente!!". "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo conosciuto e creduto che tu sei il Santo di Dio!". "Tu sei il Santo di Dio!": una confessione (di fede) che nel Vangelo non ha eguali; anzi, no: c'è un altro personaggio del Vangelo che dichiara apertamente in faccia a Gesù che Lui (Gesù) è il Santo di Dio; è il diavolo. Gesù reagisce comandando al diavolo di tacere e di andarsene. Anche ai Dodici chiede di tacere la sua identità; e chiede se vogliono andarsene anche loro... Sembra quasi che confessare la fede senza mezzi termini sia pericoloso per il Cristo, e per chi confessa la santità di Cristo. La verità è che non si può confessare la Santità di Cristo se non si è pronti a dare la vita per Cristo, con Cristo e in Cristo. Gesù non permette che si annunci il suo nome quando colui che annuncia non ha il coraggio di seguire il suo divino Maestro. Pietro confessa con slancio la sua fede nel Signore, ma da lì a poco giurerà ripetutamente, e con lo stesso slancio, di non conoscere quell'uomo. Il Vangelo di Giovanni, al capitolo 21, si conclude con una profezia amara (del Risorto) sul destino di Pietro: fatalmente, la nostra fede, come quella del principe degli apostoli, convive con il rifiuto del Cristo. Ogni promessa definitiva fatta a Dio dagli uomini non è mai per sempre: la Bibbia ce lo ricorda più e più volte. Basta leggere la prima lettura, tratta dal libro di Giosuè: la dichiarazione delle tribù di Israele sembra convinta, senza ombra di dubbio, senza tentennamenti... Eppure, quanti voltaspalle... fino al rifiuto ultimo e definitivo del Figlio di Dio. Ebbene, il Figlio di Dio ha riconciliato tutto e tutti in sé, nel sangue sparso sulla croce. L'ostacolo alla fede non viene da Dio. L'ostacolo alla nostra fede viene da noi! La tentazione di non fidarci di niente e di nessuno è profondamente radicata nella nostra natura; cerchiamo sempre le prove, addirittura le pretendiamo! Parola d'ordine: "Dimostramelo!"... Ma Dio, alle nostre condizioni, non ci sta! Il caso di Giobbe è emblematico. Il silenzio di Dio è la risposta alla nostra stoltezza... Oh, sì: Gesù ha accettato di sedere al banco degli imputati, ma non ha risposto alle domande dei suoi accusatori. Però ha fatto qualcosa di ben più importante che rispondere agli indovinelli degli uomini: ha dato la vita per gli uomini. Ora tocca a noi rispondere. |