Omelia (23-08-2015) |
mons. Roberto Brunelli |
Una parola per gli smarriti nel buio Il prossimo mese di ottobre vedrà riunita a Roma una rappresentanza dei vescovi di tutto il mondo, per dibattere e consigliare il Papa sulle deliberazioni da prendere circa il matrimonio e la famiglia. E' facile prevederlo: per essere fedeli alla Parola di Dio, essi rifletteranno molto sulla seconda lettura della Messa odierna (Efesini 5,21-32), che sull'argomento è uno dei passi più rilevanti; il rapporto d'amore tra gli sposi vi è paragonato all'amore che Cristo nutre per la sua Chiesa. Il vangelo (Giovanni 6,60-69) costituisce come un'appendice di quelli letti nelle scorse domeniche, cioè il discorso di Gesù sull'Eucaristia. "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue...", "Colui che mangia me..." Queste e simili espressioni usate da Gesù non possono lasciare indifferenti: è interessante allora sapere come hanno reagito quanti le hanno ascoltate direttamente da lui. "Molti dei suoi discepoli dissero: 'Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?' Da quel momento tornarono indietro e non andavano più con lui". Per chiunque si offra al bene del prossimo, vedersi rifiutato, pubblicamente, dev'essere un'esperienza frustrante, tale da indurre a ritirarsi nell'amarezza della solitudine. Se invece dietro l'offerta c'è un calcolo, un tornaconto personale, l'interessato prova a non demordere, tentando più facili approcci. Invece Gesù, di fronte al rifiuto, non adottò né l'uno né l'altro di questi comportamenti. Lo sappiamo bene; egli non si ritirò di certo, non abbandonò il suo impegno; ma neppure scese a compromessi. Diversamente da come avrebbe fatto un imbonitore in cerca di seguaci, di popolarità, di successo, egli non fece nulla per trattenere quei suoi ormai ex discepoli, non si mise a spiegare, ad attenuare, ad ammorbidire le precedenti dichiarazioni. Anzi, si volse agli apostoli e con un atteggiamento quasi provocatorio chiese loro: "Volete andarvene anche voi?" Come dire: la verità è quella che è; prendere o lasciare. Di qui la responsabilità, il dramma di dover scegliere: con lui, o senza di lui? A quella domanda rispose per tutti Pietro, con parole che basterebbero ad assicurargli la nostra eterna riconoscenza: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna!" Sono molti coloro che, più o meno scopertamente, cercano seguaci: uomini politici, filosofi, opinionisti della televisione o della stampa, e altri ancora. Ancor più numerosi sono quanti hanno il potere di incidere sugli altri: o perché (insegnanti e giornalisti, ad esempio) hanno credito, o perché sanno abilmente sfruttare le umane debolezze, vendendo a una marea di illusi tanti surrogati di felicità. Ma di tali "maestri" un occhio appena appena attento scopre presto i limiti, quando malgrado i cosmetici e la palestra la giovinezza sfiorisce, quando si trovano a lottare contro la malattia o il portafogli vuoto, quando - molti ricorderanno il secolo da poco concluso - miti che parevano invincibili li si vede crollare come castelli di carte. E anche i discorsi dei migliori, che propongono cose in sé belle e buone, presentano un limite di fondo: valgono solo per questa vita; sul "poi", sono tutti degli sprovveduti. Tu, dice Pietro, tu solo hai parole di vita eterna. Questo mondo, la nostra stessa esistenza, sono pieni di oscurità, di dubbi, di misteri, e più si indaga, più il buio sembra farsi fitto, perché mentre la scienza scopre sempre cose nuove, sulle ragioni di fondo della nostra vita le indagini, con le sole nostre forze, non approdano a nulla di convincente: proposte, interpretazioni talora in contrasto tra loro, sempre opinabili e in ogni caso relative solo al buio in cui siamo immersi. Per non smarrirsi, per non finire nel baratro, occorre una luce, "la" luce. Dove trovarla? Da chi andremo? La risposta, il cristiano la conosce: colui che a Cafarnao si è presentato come il Pane della vita, in un'altra occasione ha anche assicurato: "Io sono la luce del mondo". |