Omelia (23-08-2015) |
don Giovanni Berti |
Parole eterne e politiche Clicca qui per la vignetta della settimana. In questi ultimi giorni alcuni rappresentanti della Chiesa italiana, in particolare monsignor Galantino, segretario della Conferenza Episcopale, hanno fatto delle dichiarazioni molto precise e dirette sulla questione dell'immigrazione. Gli interventi da parte della Chiesa, da qualcuno sono stati percepiti come troppo pesanti e "invadenti" nella politica italiana, mentre per altri sono stati visti anche fin troppo timidi. Quello che ho sentito e letto dal dibattito mediatico che è scaturito da questa situazione, mi ha fatto riflettere su come è percepita la fede cristiana e quali sono le conseguenze di questo modo di vederla. Un politico di alto livello, criticando in modo molto esplicito l'intervento del segretario della CEI, ha detto: "La Chiesa dovrebbe occuparsi delle anime e di propagandare la religione cristiana e di convertire. Qui stiamo facendo esattamente il contrario: favoriamo l'ingresso di immigrati, che... hanno integrato i nostri e non viceversa. Avremmo dovuto noi integrare loro, mentre loro convertono all'islamismo i nostri. C'è qualcosa che non funziona, sia in termini di cristianità sia in termini politici" Cosa significa occuparsi delle anime? E dove? Su un altro pianeta in un'altra storia? Le pagine del Vangelo di queste ultime domeniche provengono tutte dal discorso di Gesù sul "pane di vita", un lungo insegnamento nato dal segno prodigioso della moltiplicazione dei pani e dei pesci, nel quale Gesù interviene in modo deciso e concreto in una situazione di necessità storica, cioè quella di una folla affamata nel deserto. Tutto quello che Gesù dice in seguito è la rivelazione che Dio dall'alto dei cieli è sceso come un pane concreto dentro la storia umana e si è fatto segno visibile e "toccabile". Gesù è la porta definitivamente aperta tra il Cielo e la Terra, tra la realtà soprannaturale di Dio e la realtà storica e limitata dell'uomo. Più volte i capi religiosi si scandalizzano di questo "interventismo" di Gesù nelle loro questioni concrete di ingiustizie sociali e religiose. Vorrebbero relegare i discorsi su Dio ad un livello spirituale, fuori dal tempo, riducendo tutto a leggi da seguire, mantenendo intatto il sistema oppressivo, arrivando persino a ignorare la stessa Parola di Dio. Ma Gesù insegna ai suoi discepoli a fare diversamente e a vedere la realtà di Dio non solo come una questione di preghiere e di consuetudini religiose tradizionali, ma a vedere Dio che opera stravolgimenti nella storia. Nell'insegnamento di Gesù il primato dell'azione del discepolo credente non è fare contento Dio (e tenerlo buono) ma è occuparsi del benessere dell'uomo, a cominciare da quello più povero e dimenticato. Mi fa riflettere la frase all'inizio di questa parte del Vangelo, quando i discepoli dicono: "Questa parola è dura..." Hanno ragione! E' difficile comprendere e soprattutto mettere in pratica la parola di Gesù e seguirne l'esempio. Sarebbe più semplice che la vita di fede fosse solo una questione di pratiche religiose e di offerte a Dio in un luogo ben determinato e in tempi prefissati. Ma non è così, Gesù dilata la vita di fede e il rapporto con Dio ad ogni aspetto della vita umana, perché la vita eterna entra nella storia, e la presenza di Dio è in ogni istante, luogo, situazione di vita umana, economia e politica comprese. Gesù non costringe nessuno a seguirlo nel suo modo di vivere il rapporto di Dio e la storia umana, e la domanda che rivolge ai pochi rimasti "Volete andarvene anche voi?" è un appello a prendere posizione anche per noi oggi, come discepoli in questo nostro pezzetto di storia umana. Andarsene non significa necessariamente diventare atei, ma ridurre la religione a una cosa da sacrestia e "spirituale", dove per spirituale in questo caso intendo come qualcosa che è fuori dalla storia e esclusivamente intima. Ma la vera spiritualità cristiana è incarnata, dentro la storia, modifica la storia umana. Ha ragione quel politico quando dice "C'è qualcosa che non funziona, sia in termini di cristianità sia in termini politici". Non funziona proprio un cristianesimo fuori dalla storia e dalla "carne", cioè disincarnato. E c'è qualcosa che non funziona anche quando pensiamo che la parola "politica" sia solo una questione di partiti da arricchire e voti da prendere. La vera politica è interessarsi concretamente della storia umana, facendo scelte che portano i cittadini (non solo nostri ma anche del mondo) a vivere bene, in armonia e progresso. Forse possiamo dissentire su alcune parole usate dal segretario dei vescovi, e magari imparare ad usare tutti (politici compresi) meno frasi ad effetto e meno giudizi taglienti. Ma sicuramente non possiamo pensare che la fede cristiana sia solo una questione di "anime e propaganda" senza che tutto questo non tocchi pesantemente quello che succede oggi a tutti i livelli. E' un discorso duro quello di Gesù, ma è la durezza del fatto di essere un messaggio concreto e storico e inevitabilmente anche politico. Clicca qui per lasciare un commento |