Omelia (06-09-2015) |
Omelie.org (bambini) |
Buona domenica ragazzi! Eccoci qui nella nostra comunità parrocchiale a riflettere insieme sul Vangelo di oggi. Certamente molti di voi avranno continuato, con i loro genitori, a vivere la Messa domenicale anche durante il tempo delle vacanze. Sicuramente qualcuno avrà visto chiese più grandi della propria parrocchia e qualcun altro chiese più piccole. Avrete incontrato anche tante persone nuove, ascoltato canti diversi, oppure cantati in modo diverso, ma, vi sarete accorti però, che la cosa importante, cioè la Messa, è uguale in tutte le Chiese cristiane cattoliche. Questo è bello perché ci fa sentire a casa nostra in ogni luogo. La Chiesa vera, infatti non sono le mura, ma la comunità dei credenti in Gesù, le persone che hanno fede in lui, che pregano nello stesso modo. E' per questo motivo che durante il tempo di vacanza, celebrando la Messa, abbiamo ascoltato la stessa Parola proprio come se tutti stessimo nello stesso luogo. Una Parola che ci ha nutrito in questo periodo estivo insieme al corpo di Gesù. Che ne dite? E' bello, no? Pur essendo lontani, siamo vicini. Insieme. Chi ci unisce è il Signore che ci invita a tavola proprio come amici per nutrirci della sua Parola e del suo Pane. Dopo questa considerazione, vogliamo riflettere sul brano del vangelo che oggi, come avete sentito, è breve ma intenso. La Parola ci parla di un segno di guarigione che Gesù ha fatto nei confronti di una persona sordomuta. Un sordomuto guarito. A volte penso che Gesù abbia guarito davvero poca gente. Al suo tempo, infatti, c'erano tanti lebbrosi, tanti zoppi, tanti sordi, tanti ciechi... La medicina non era così evoluta! Come mai, se aveva questi grandi poteri, non ha guarito tutti quanti? Ve lo siete mai domandato? Pensate che, secondo gli evangelisti, ha resuscitato solo tre persone: il suo amico Lazzaro, una ragazzetta di 12 anni e un ragazzo figlio unico di madre vedova. E' un po' poco con tutte le persone morte che ci saranno state, che ne dite? Ed allora bisogna pensare che questi segni che gli evangelisti raccontano non sono la cronaca di quello che Gesù ha fatto ed ha detto, ma sono segni narrati per farci aiutarci a capire qualcosa di più importante su Dio: il suo grande amore per noi. Se capiamo questo allora forse le cose sono più chiare. Il vangelo si apre con delle indicazioni geografiche. L'evangelista Marco le mette apposta: Gesù è nella Decapoli. "Deca-polis" significa dieci città. Una zona composta da un insieme di 10 città elleniche realizzate da Alessandro il Grande e dai suoi successori. Queste città erano abitate maggiormente da popolazioni straniere. Ecco che Gesù non si limita ad annunciare l'amore del Padre ai soli ebrei, al suo popolo, ma va oltre, porta il suo annuncio anche alle popolazioni straniere e vuole sempre con sé i suoi discepoli perché imparino, perché capiscano che il suo messaggio di amore non può essere limitato a un solo popolo, ma deve essere aperto e conosciuto da tutti. Gli apostoli, in verità, fanno fatica a vivere e ad accogliere questo atteggiamento del Maestro e in qualche modo lo ostacolano. In questo luogo pagano gli portano un uomo sordo muto, pregandolo di imporgli le mani. E' un modo per dire: "guariscilo!" Gesù lo "prende in disparte". Questa sembra una informazione senza importanza, ma gli evangelisti sono dei veri artisti ed ogni parola non è mai messa lì per caso. Se voi aprite il vangelo di Marco, per 7 volte trovate questa espressione e tutte le volte, eccetto questo caso, è una espressione riferita ai discepoli. Gesù li prende in disparte perché vuole aiutarli ad entrare meglio nel suo messaggio, vuole aprirli alla novità del Regno. Ma non è così facile, e penso che anche tutti noi ne facciamo esperienza. A volte, quando ero piccola, la mia mamma mi diceva questa frase: "Non c'è più sordo di chi non vuol sentire". E forse Marco mette questo sordo proprio per mostrarci l'incapacità di sentire, di accogliere il messaggio di Gesù da parte dei discepoli. Gesù, compie dei gesti precisi: mette le dita nelle orecchie dell'uomo sordo, tocca con la saliva la lingua di questo muto. Cosa vogliono dire questi gesti? Il primo è un gesto di apertura. È come aprire nelle orecchie, un passaggio al suono. Fare in modo che il suono arrivi dentro al cuore. L'altro gesto è un po' più complesso e ve lo spiego in questo modo: vi è mai capitato, d'inverno, di alitare sul vetro di una finestra? Vi sarete accorti che l'alito si condensa diventando goccioline. Presso gli antichi la saliva era considerata l'alito, il soffio condensato, per cui Gesù sta dando un nuovo respiro vitale all'uomo, lo sta rianimando, gli sta dando vita, forza nuova. Poi il Signore dice a questa persona la parola "Effatà", che vuol dire "Apriti". Apriti alla novità, all'amore di Dio e all'amore ai fratelli. Questi gesti e questa parola è pronunciata su ciascuno di noi il giorno del Battesimo. Il Sacerdote compie sul bimbo battezzato gli stessi gesti che compie su questo sordomuto. Il sacerdote poi, dopo aver detto "effatà", aggiunge: "Il Signore Gesù, che fece udire i sordi e parlare i muti, ti conceda di ascoltare presto la sua Parola, e di professare la tua fede, a lode e gloria di Dio Padre". Allora non ci sono dubbi. Il sordomuto siamo ciascuno di noi che a volte ascoltiamo male e poco questa Parola. Ascoltare davvero significa far arrivare al cuore ciò che abbiamo udito. Oggi Gesù ci dice: "Apriti al bello, alla novità, all'amore del Padre!". Usciamo da questa celebrazione impegnandoci ad avere le orecchie aperte per ascoltare Dio e i fratelli. Se l'ascolto è fatto bene, arriva al cuore e apre le mani rendendoci capaci di donare. Il dono è il segno che noi abbiamo veramente ascoltato. Buona domenica a tutti! Commento a cura di Sr. Piera Cori |