Omelia (13-09-2015)
Carla Sprinzeles
Commento su Is 50,5-9a; Mc 8,27-35

Amici, dalle letture di questa domenica, penso che un messaggio preciso sia l'indicazione di Gesù di aver chiaro di voler rinunciare alla falsità di desideri che assecondano la mentalità comune. E' rinunciare a lasciarci trascinare da quello che non ci appartiene, ma che lasciamo crescere nel nostro cuore, perché tutti fanno così, perché è questo che ci ha insegnato l'educazione, senza confrontare queste scelte con la verità di ciò che noi siamo: questo è il significato di "rinnegare se stessi" di cui parla Gesù.



ISAIA 50, 5-9

La prima lettura è tratta dal libro di Isaia.

E' la descrizione di un'esperienza di un profeta forse del V secolo, di cui non sappiamo neppure il nome.

Quando gli ebrei leggevano le Scritture consideravano gli eventi del passato come indicazioni di rivelazione per il cammino e quindi offrivano i criteri per indicare, valutare gli eventi della storia.

Gesù certamente ha riflettuto sui carmi del Servo e sulla tradizione sapienzale del popolo, secondo la quale il giusto, in un modo ingiusto viene disprezzato, eliminato anche; ma se resta fedele, Dio continuerà la sua azione.

Quello che leggiamo è il terzo carme del Servo.

I carmi non si riferivano al Messia, ma attraverso la riflessione e la preghiera su questi carmi Gesù alimentò la sua spiritualità messianica e quindi le sue decisioni.

Appare con chiarezza che egli li utilizza per esprimere le proprie decisioni: parla della sofferenza da affrontare, della riprovazione da parte degli anziani, dei sacerdoti, degli scribi.

Certamente nelle parole di Gesù c'era la volontà di continuare il proprio cammino anche davanti alla riprovazione e anche al rischio della morte.

Il compito del servo, del discepolo di Dio è nell'ascoltare e nel parlare, ogni giorno resterà sveglio e si farà aprire la bocca da Dio.

Il Servo non si lamenta, tace. La sofferenza, a causa della parola e della scelta di vita è accettata profondamente e positivamente.

Il servo ha intuito cosa vuole il Signore e con questa scoperta, accetta tutto, resiste, ha una speranza e un amore più forte del male che lo circonda.

Il servo ha maturato la certezza di non restare deluso, la certezza che Dio è vicino e lo difenderà, che non ha bisogno di difendersi, vedrà la sconfitta "dei nemici". Sa che il Signore interverrà e quindi non si lascerà tentare dalla violenza.

Siamo di fronte a una fiducia incrollabile nella presenza del Signore. C'è un annuncio molto scarno ma esplicito: niente è più forte di Dio.

Il servo ne ha un'esperienza personale e vuol far sapere che Dio trionfa sul male, ha maturato un vero abbandono in Dio.



MARCO 8, 27-35

Nel brano del Vangelo secondo Marco che leggiamo, sono descritti tre momenti culminanti della vita di Gesù.

E' la fine dell'entusiasmo della gente nei confronti dell'iniziativa di Gesù e della sua attività.

Le richieste di Gesù erano molto impegnative: mettere al centro della vita l'azione di Dio, amare senza riserve anche i nemici, non reagire alla violenza, ma esprimere mansuetudine e mitezza, distaccarsi dalle cose, dal potere...

E' un momento di crisi sia per Gesù che per i discepoli.

Cosa fa Gesù? Ha intensificato la preghiera, ha consultato le Scritture, anche i carmi del servo.

Gesù avrebbe potuto ritirarsi, attendere tempi migliori, oppure adattarsi alle attese della gente.

Gesù fa una scelta controcorrente, sia in rapporto alle attese della gente, sia in rapporto alle opinioni degli stessi apostoli.

Perché anche se Pietro aveva risposto: "Tu sei il Cristo di Dio", i pensieri che essi alimentavano, le prospettive che avevano, erano molto diverse da quelle di Gesù.

La scelta di Gesù era ispirata al carme del servo, continuare il suo cammino di amore misericordioso anche davanti alla riprovazione e al rischio di morte.

La scelta di Gesù era seguire il Padre che ci è venuto a rivelare, a qualunque costo, non ha scelto la morte, ma l'ha accettata per essere coerente al messaggio che portava.

I discepoli, Pietro compreso, erano in contrasto con queste scelte.

Dicendo "tu sei il Cristo" Pietro pensava a un messianismo trionfante e di potere.

Gesù reagisce in modo netto, rimprovera Pietro e lo chiama "satana" perché era di "ostacolo" per il cammino di Gesù, con il tentativo di distoglierlo dalla sua prospettiva e dalla sua decisione.

"Tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!"

Come pensano gli uomini?

Ricercano continuamente il piacere, vogliono possedere, ricercano la superiorità sugli altri, impongono il proprio punto di vista ad ogni costo: ad ognuno di noi sono state fissate nel nostro cervello questi principi e corriamo il rischio di essere schiavi del nostro passato.

Gesù trae un insegnamento da questa esperienza: è un insegnamento relativo al distacco.

"Rinnegare se stessi" non significa rinunciare alla propria identità definitiva, è invece scegliere questa identità definitiva reale, che consiste nell'essere figli di Dio!

E' distaccarsi dalla nostra condizione attuale, dal modo di pensare del momento, dalla nostra sensibilità, dal nostro punto di vista: questa non è la nostra realtà, questo è il bagaglio che abbiamo ricevuto e che ci viene alimentato.

Rinunciare a se stessi vuol dire diventare realmente noi stessi.

Quando veniamo al mondo non siamo ancora noi stessi, siamo un insieme di pulsioni, di elementi che ci vengono offerti dagli altri e che costituiscono la base per il nostro cammino.

E' solo lungo il cammino che noi acquistiamo la nostra identità, ma per raggiungerla, dobbiamo distaccarci da quanto abbiamo ricevuto, perché la vita è oltre, perché la nostra realtà è oltre, è più grande di quella che finora abbiamo potuto accogliere.

Per questo Gesù dice: chi vuole conservarsi così com'è non giunge ad essere se stesso, non acquisisce la vita definitiva.

Chi invece "rinuncia a se stesso", cioè chi è disposto a perdere la vita che ha, si pone nella condizione di poter accogliere l'identità che ancora non ha, quella vita che resterà poi per sempre, che gli è offerta in forma definitiva.

Non bisogna pensare a un qualcosa della vita dopo la morte, ma è la vita di figli di un Padre amorevole, che inizia già qui e sarà definitiva: una vita che diventa fraternità e progetto di giustizia, non la nostra ma quella amorevole di Dio.



Occorre prendere una decisione. Sembra molto difficile essere coerenti con la parte più profonda di noi, ma quando proviamo a realizzare questa operazione, sperimentiamo una tale libertà interiore, che la gioia supera di granlunga la solitudine nella quale necessariamente che fa delle scelte autentiche si trova.

"Perdere la propria vita" è veramente ritrovarla, guadagnarla, salvarla dalla menzogna.

Occorre fare come Gesù, trovare degli spazi di preghiera!