Omelia (13-09-2015) |
fr. Massimo Rossi |
Commento su Marco 8,27-35 Il Vangelo di oggi ci offre l'opportunità di riflettere sul rapporto tra Gesù e il contesto religioso al quale apparteneva per nascita e per vocazione. Gesù era un israelita che conosceva bene, meglio di ogni altro israelita, la Legge di Mosè, l'Alleanza, le Sacre Scritture... Conosceva altrettanto bene le tentazioni dell'ipocrisia, di chi professa formalmente la fede nel Dio dei Padri, ma nella pratica vive secondo altri principi, o senza alcun principio. Gesù conosceva bene le tentazioni dell'ipercriticismo di chi giudica le usanze e le tradizioni antiche, in nome di una libertà dai condizionamenti obsoleti e castranti; in verità quella libertà altro non è che disimpegno becero e superficiale. Gesù conosceva bene le lusinghe della ricchezza e del potere... ricchezza e potere che conducono fatalmente al compromesso tra fede e mondo: ne ho parlato recentemente, commentando il capitolo 6 del Vangelo di Marco. Fin da quando, ricevuto il battesimo nel Giordano, trascorse quaranta giorni di digiuno nel deserto, tentato da Satana, Gesù dovette lottare per impedire alla sua parte carnale di avere il sopravvento su quella spirituale. Ebbene sì, anche il Figlio di Dio fu tentato, con ogni specie di tentazione, come ci riferisce san Luca (4,13). Del resto, non poteva che essere così: chi mostra di avere capacità superiori, o, come le chiama la Bibbia, carismi, talenti, prima o poi, verrà notato da quelli che contano e riceverà...proposte allettanti di collaborazione, tanto per usare un eufemismo elegante: "Perché non metti le tue doti al nostro servizio? Ne avresti un vantaggio immediato...e anche noi!"; una proposta indecente, mascherata di buonismo, il diavolo in persona la fece a Gesù: "Se sei Figlio di Dio, perché non comandi che queste pietre diventino pane?". Chiediamoci: perché Gesù non avrebbe dovuto assecondare la tentazione del diavolo? non mangiava da quaranta giorni; quel pane lo avrebbe rifocillato... E poi: moltiplicò, o non moltiplicò il pane per sé, per i Dodici e per migliaia di uomini, senza contare donne e bambini?... Noi, facilmente inclini al peccato, sappiamo quanti buoni motivi si riesce a trovare, per cedere alle tentazioni. All'origine del peccato c'è sempre un errore di valutazione: non si pecca tanto per peccare; si pecca perché si è convinti di ottenerne un certo beneficio; ecco l'equivoco: ‘bené ciò che bene non è; credere che il fine giustifichi (sempre) i mezzi: a fin di bene si ruba, a fin di bene si tradisce, a fin di bene si uccide... Oltre che imbroglione, il Tentatore è subdolo: le tentazioni di Gesù non appaiono immediatamente un male: in fondo, il Signore era capace di operare miracoli, era servito dagli angeli (cfr. Mc 1,13)... Perché avrebbe dovuto rinunciare ai suoi poteri divini e fare, per una volta, del bene a se stesso? Bella domanda: è la stessa domanda che i farisei e i capi religiosi del popolo fecero a Gesù, mentre pendeva dalla croce: "Se sei il Cristo, perché non scendi dalla croce? hai salvato gli altri, non sei capace di salvare te stesso?"... La missione di Gesù non sarebbe stata facile, una strada tutta in salita. Gesù sapeva anche questo. Gesù informa, dunque, nel dettaglio, i suoi discepoli, su che cosa lo aspetta, alla fine del viaggio, come diventerà il Cristo. Soltanto allora, dopo la Sua passione e la Sua risurrezione, tutti lo avrebbero riconosciuto come il Cristo; soltanto allora il segreto messianico sarebbe stato svelato. Ma prima no! Prima bisogna tacere! Gli Apostoli non sono pronti ad accogliere il Cristo. È facile parlare di Cristo, facile dichiarare a parole la fede in Lui... Per niente facile parlare con Cristo! anzi, è molto difficile! Parlare con Cristo, significa accettare di avere una relazione con Lui così com'è, e non come vorremmo che fosse! L'unità di misura del Cristo è il desiderio, il bisogno dell'uomo. Che ne dite? C'è del vero in questa definizione. Ma i bisogni degli uomini sono tanti e non tutti rientrano nell'identikit del Messia dei Vangeli. C'è bisogno di riscatto sociale, c'è bisogno di pace, c'è bisogno di salute, c'è bisogno di soldi, di lavoro, c'è bisogno di moralità, c'è bisogno di uguaglianza tra i popoli ... Invece l'annuncio di Gesù non va d'accordo con quel Cristo che avrebbe dovuto realizzare i desideri umani di uguaglianza, di riscatto sociale, di pace internazionale, di salute fisica e morale... Un Messia che sale in croce, non solo smentisce i desideri degli uomini, ma suscita addirittura il sospetto - e più che un sospetto - che Gesù non sia il Messia atteso! Il Messia, quello vero, non si lascia mettere in scacco dai preti, pardon, dai sommi sacerdoti! Il Messia, quello vero, non soccombe alla violenza dell'Impero romano! Il Messia, quello vero, non si presenta disarmato ad un processo-farsa intentato contro di lui! Il Messia, quello vero, non muore in croce, come il peggiore dei criminali! Per questo e per altri cento motivi, Giuda tradirà il Signore, e Pietro giurerà ripetutamente di non conoscerlo. La parabola discendente di Gesù inizia con il rifiuto degli apostoli; e il rifiuto degli apostoli inizia con la solenne dichiarazione di SimonPietro: "Tu sei il Cristo!". Un paradosso a dir poco grottesco; almeno quanto il bacio di Giuda... |