Omelia (13-09-2015) |
padre Antonio Rungi |
La fede nel Redentore ci impegna ad operare nell'amore ed accettare la croce Questo titolo è, in sintesi, il contenuto più significativo di tutta la parola di Dio di questa XXIV domenica del tempo ordinario. La fede e la carità, i sapere soffrire con Cristo, sono i punti cardini dei tre testi biblici che ascoltiamo nella celebrazione eucaristica alla vigilia di due grandi ricorrenze annuali: la Festa dell'Esaltazione della Croce e la Memoria della Madonna Addolorata. Il richiamo al Messia Crocifisso, a Gesù Cristo Salvatore viene riportato nel testo del Profeta Isaia, che costituisce il noto brano del Servo sofferente di Javhe, e nel brano del Vangelo di oggi, tratto da San Marco. Due forti richiamo alla centralità del mistero della Passione e morte in croce del Signore su quale ogni cristiano dovrebbe riflettere spesso e soprattutto agire di conseguenza. Andiamo per ordine, partendo proprio dal testo di Isaia. Guardando al Messia sofferente, a Gesù Cristo, Isaia prefigura nei dettagli la passione di Cristo: "Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi". E' l'Ecce Homo del racconto della Passione che noi leggiamo nella Domenica delle Palme, nel Venerdì Santo. E sul tema della passione di Cristo, ritorna il Vangelo di oggi. Gesù vuole sapere la gente che cosa pensa di lui e chi vede in lui. Questa indagine conoscitiva o sondaggio di opinione, non serve a Lui, per inorgoglirsi, ma vuole sapere direttamente dalle persone, mediante gli intervistatori del momento che sono gli apostoli, quale percezione hanno della persona di Cristo e del suo messaggio. Vuole conoscere la risposta d'amore e di fede in loro. A che livello e grado è questa loro conoscenza e consapevolezza. Le risposte e le percezioni della persona di Cristo sono molteplici. Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa e altri uno dei profeti». Come è facile intuire dal tutto il testo e contesto del vangelo di Marco, Gesù non è soddisfatto di tali risposte, anche perché Egli sa chi è davvero e non vuole creare confusione nelle persone. Perciò si rivolge direttamente agli apostoli e chiede espressamente a loro, a coloro che gli stanno più vicino, lo ascoltano, vivono con Lui, la domanda non di prassi, ma una domanda vera, che nasce dal desiderio di Cristo di conoscere con esattezza chi ha intorno, che persone sono i suoi apostoli e in che ruolo e missione lo vedono, e chiede con una domanda diretta: «Ma voi, chi dite che io sia?». Penso che in quel momento non ci siano stati tentennamenti, la risposta è immediata, perché è la risposta del cuore, dell'amore, della compartecipazione, della reale sensibilizzazione degli apostoli sulla missione di Gesù. Ed allora cosa succede? L'evangelista Marco, fa la cronaca di quel momento e scrive: Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E' la professione di fede di Pietro che a nome di tutto il gruppo e come capo di quel collegio, riconosce in Gesù l'Unto, il consacrato di Dio. Gesù allora, di fronte a questa esatta percezione che gli apostoli hanno della sua persona e della sua missione cosa fece? "Ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno. E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell'uomo doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere". Entra in gioco il mistero del dolore, della Croce, si ripresenta la figura del Servo Sofferente di Jahvè. Gesù non ha paura di dire la verità e di preparare almeno i discepoli allo scandalo della Croce, quella croce che fu ed è la salvezza del mondo, perché su quella croce fu appeso il redentore del mondo. Il testo del vangelo ci racconta del dramma e dell'angoscia di Pietro di fronte a questo sconvolgente annuncio del Signore, della sua imminente morte in croce. E cosa fece? Pietro prese in disparte Gesù e si mise a rimproverarlo. Un discepolo che rimprovera il Maestro di fronte all'annuncio della Passione, di fonte al dramma della Croce? La risposta di Gesù non si fa attendere ed "Egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va' dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini». E' proprio così. La mentalità dell'uomo è quella del rifiuto di ogni prova e dolore, della stessa sofferenza e morte. E' nella natura umana pensare così e rifiutare ogni prova della vita. Gesù invece di offre una grande lezione di vita, affermando che è nella croce la vera gioia, quando questa è accettata per amore e diventa segno e strumento di redenzione, come è stata la sua croce. Ecco, perché il dialogo tra Gesù, gli apostoli e le altre persone che lo seguivano va oltre, ed Egli coglie l'occasione per fare una catechesi sulla sequela e sull'essere cristiani. Il vangelo ci ricorda che "convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà». Sta tutto qui l'essenza del cristiano. Dare la vita per gli altri, non pensare a salvare solo la propria pelle, magari distruggendo, in qualsiasi modo quella degli altri. Gesù e il modello di donazione a cui si devono ispirare e conformare tutti i cristiani. Di fronte a questo grande mistero della fede nel Redentore, è quanto mai ovvio che l'Apostolo Giacomo, nel brano della seconda lettura della parola di Dio di questa domenica si domandi e ci domanda: "A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere fede, ma non ha opere? Quella fede può forse salvarlo?". La risposta è negativa, una fede fatta solo di parole e di proclami non salva. La fede necessita di azioni, di opere, di concretezza nell'agire. Ecco perché, l'Apostolo fa l'esempio: "Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: «Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi», ma non date loro il necessario per il corpo, a che cosa serve? Così anche la fede: se non è seguita dalle opere, in se stessa è morta. Una verità assoluta quella affermata da San Giacomo. Muore dentro di noi la fede, quando non la viviamo, la pratichiamo, non l'annunciamo e soprattutto non la testimoniamo vivendo il vangelo della carità, dell'accoglienza, dell'amore misericordioso, del perdono, sella solidarietà. Il questi giorni il Santo Padre, Papa Francesco, sta continuamente chiedendo un impegno concreto a favore di quanti sperimentano il dramma della guerra e sono profughi e rifugiati in tante parti dell'Europa e del mondo. Non chiudiamo il cuore, come cristiani, a questa pressante richiesta di aiuto umanitario, ma apriamo tutte le porte di ogni istituzione religiosa ed ecclesiastica per vivere concretamente il vangelo della carità, per fare della fede, una vita vissuta nell'amore e nel servizio, fino a dare la vita per coloro che non sono i nostri amici, ma sono solo i nostri fratelli in umanità. |