Commento su Ap 7,2-4.9-14; Sal 23; 1Gv 3,1-3; Mt 5,1-12
La solennità odierna di tutti i santi è, senza dubbio, la festa della speranza ma anche della santità anonima. Per il pellegrino, e tutti i cristiani lo sono finché vivono in questo mondo, che soffre la fatica e i pericoli del viaggio, è di grande conforto sapere che arrivato alla casa del Padre sarà accolto e festeggiato con una festa senza fine. Questa certezza della festa ci viene dalle "Beatitudini", il brano del Vangelo secondo Matteo che, i liturgisti hanno scelto hanno scelto per celebrare la festa del santo in potenza che in ciascuno di noi già oggi abita. Il mondo odierno reputa che i Santi siano personaggi fuori luogo, anacronistici perché il mondo attuale è un mondo adulto che non necessita di modelli, con l'aureola sopra la testa, da imitare. Oggi è di grande attualità venerare gli idoli dello sport, della canzone, del cinema, dell'economia e della politica, sono da portare in processione, incensare e venerare, perché santi di portafoglio. Ma chi sono i chiama ti alla santità? lo siamo tutti perché tutti creati per esserlo " siate santi perché io sono santo". Nonostante la bontà percorra tutta la terra, da un capo all'altro, non è notata perché silenziosa e non si fa annunciare da nessun propagandista. Oggi si celebra l'imprevedibilità dello Spirito Santo, il toccarsi del cielo con la terra.
Oggi, con l'apostolo Giovanni e con una immensa folla di eletti, siamo radunati, in spirito, anche noi, per celebrare, senza fine, attorno al trono dell'Agnello, l'eucaristia senza fine. Questa moltitudine immensa è costituita da centoquarantaquattromila di ogni tribù di Israele e a questi va aggiunta " una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua". Questa folla che non si riesce ha contare ha, per modo di dire, una divisa: è avvolta in vesti candide, hanno tutti la veste nuziale, rese candide perché lavate dal sangue dell'Agnello. Inoltre va detto che Santi non si nasce ma lo si diventa stando nel mondo con un cuore nuovo.
Il Salmista ci comunica che per salire il monte del Signore è richiesto: avere mani innocenti, un cuore puro, essere sinceri e non essere spergiuri. Solo a queste condizioni si apriranno le porte dei nostri cuori e il Cristo potrà regnarvi da sovrano.
Giovanni, nella sua prima lettera, ci dice che la vita del cristiano non è, per tutti, una realtà evidente, ma è oggetto della fede in Cristo. Chi rifiuta di credere in lui rifiuta anche di credere alla santità sia nei santi che in tutti i veri credenti.
C'è una sola porta per accedere al Regno di Dio. Essa può essere valicata solamente da poveri, piccoli, umili, vinti ed oppressi. Il così così detto " discorso della montagna", che inaugura il ministero pubblico di Gesù, secondo il vangelo di Matteo, inizia con le " Beatitudini" e sono, da sempre, considerate, da quasi tutti gli esegeti, alla base di tutto il suo messaggio. La pericope è costituita da nove brevi distici. di essi la prima part descrive l'ambiente dei discepoli di Gesù sulla terra, mentre, la seconda, presenta quale sarà la situazione nel regno dei cieli.
La maniera con cui le " Beatitudini" aprono il discorso è per lo meno paradossale, in quanto ci comunicano che la felicità sgorga da situazioni di carenza e di umiltà. Questa dichiarazione capovolge ogni concezione di questo mondo che ritiene felici arroganti e orgogliosi.
La prima e la decima menzionano " il regno dei cieli" che appartiene " ai poveri in spirito" e " ai perseguitati a causa della giustizia". Tra queste due, altre sei, esprimono, come condizione di beatitudine: il pianto ( v 4), la mitezza ( v 5), la fame e la sete della giustizia ( v 6), la misericordia ( v 7), la purezza di cuore ( v 8), la pace ( v 9). La non beatitudine è da considerare un ripetizione con sviluppo dell'ottava, perché stabilisce un'equivalenza tra " causa della giustizia" e " per causa mia". Con tale equivalenza gli ascoltatori del discorso di Gesù vengono innalzati al rango di discepoli.
Il vangelo che la liturgia odierna ci offre ci dice che il santo non è, come spesso si dice, un individuo triste, severo, che non sorride mai. Ci dice, invece, che è un candidato alla gioia, che si esercita quotidianamente alla gioia, in attesa del gaudio eterno. Ci dice anche che la festa della santità odierna è la festa della santità comune, umana e alla portata di quanti sono stati battezzati in Cristo che hanno suppuro prendere sul serio il Vangelo. Concludendo si può dire che i santi sono persone che avuto un'esistenza ordinaria come la nostra, con le nostre stesse difficoltà, gli stessi problemi, gli stessi fastidi, ma che non si sono dimostrati sordi all'appello della santità, perché tutti siamo chiamati alla santità e per essa siamo creati.
Revisione di vita
- Ascoltiamo il nostro coniuge, anche se stanchi, con l'attenzione che merita? Se no dove sta la carità tra noi?
- Con i fidanzati facciamo risaltare, in ogni circostanza, che è la grazia che santifica il nostro matrimonio?
- La preghiera in comune tra noi è abituale, abitudinaria, saltuaria?
Marinella ed Efisio di Cagliari .
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