Omelia (13-09-2015) |
don Maurizio Prandi |
Una vita esposta Siamo ad un punto nodale del cammino in ascolto del vangelo di Marco... non è questione di capire, di conoscere, di sapere... dobbiamo entrare dentro per renderci conto che anche per noi, in quanto cristiani, in quanto discepoli è un momento di svolta: siamo chiamati a dire chi è Gesù per noi e la risposta deve essere personale. Davvero tante cose mi colpiscono ogni volta che ascolto questo brano di vangelo: il fatto che Gesù interrogava... è come se per Gesù sia un'azione che non termina, mai conclusa. Mi dà l'idea che Gesù voglia trasmetterci questo: comunicare significa fare domande. Una volta di più non ci fa male sentirci ripetere questo: Gesù non è uno che da delle risposte ma che apre la mia vita e quella dei miei fratelli a domande sempre nuove. Mi piacciono tantissimo anche il luogo e la direzione che Gesù sceglie per porre queste domande: Il luogo: la strada... quello che io considero un luogo magari pericoloso, minaccioso, insicuro, Gesù lo sceglie per dire le cose fondamentali, quelle più importanti... non si accontenta di fare domande lungo la strada: insegna e apre al futuro, quello che riguarda lui e i componenti la sua comunità il tradimento, la consegna, la crocefissione, la sua morte. La direzione: Cesarea di Filippo, città pagana, di frontiera, situata all'estremo nord di Israele... era chiamata Panion, in onore al Dio della natura Pan. Ancora una volta Gesù mostra di non avere paura del contatto con persone diverse per cultura, razza, religione... La strada che Gesù ci indica è molto semplice se volete: da una conoscenza per sentito dire alla necessaria conoscenza personale, perché è soltanto quella che ti porta, ti conduce alla fede... e' un cammino lungo, complesso, che domanda di mettersi in gioco, perché come non ci si può fermare al "sentito dire", nemmeno ci si può accontentare di una "risposta giusta". Pietro si ferma alla risposta giusta: Tu sei il Cristo, tu sei Dio... e per il momento è incapace di andare più in profondità, non riesce ad accettare il fatto che Dio non sia un vincente e che quindi debba soffrire, essere tradito, morire, risorgere. Quella di Dio deve essere una marcia trionfale, non ci possono essere ostacoli! Martedì scorso, durante la festa di Maria Bambina a Monticelli, ci siamo soffermati a meditare sulla prima lettura, tratta dal profeta Michea. Abbiamo ascoltato la profezia su Betlemme: da te nascerà il dominatore d'Israele... è vero, che Gesù è un dominatore, ma secondo criteri completamente diversi dai nostri... Gesù domina servendo perché quello è l'unico potere che ha Dio: il servizio (ce lo ha ricordato papa Francesco nella sua prima messa il 19 di Marzo del 2013 applicando a se stesso e alla chiesa questa verità). Ecco allora che possiamo lasciarci interpellare da queste parole di E. Ronchi che in un bel commento su questo brano del vangelo di Marco scrive: Voi chi dite che io sia? Io non saprò mai chi sia Dio se non dopo aver incontrato Gesù. Dio è Gesù. E' quella persona viva, camminatore instancabile, impolverato, profumato di nardo e di amicizia a Betania, il coraggioso che osa toccare i lebbrosi e sfidare chi vuole uccidere l'adultera, il tenero che si commuove per le folle senza pastore e per le belle pietre del tempio, il rabbi che amava i banchetti, il povero che mai è entrato nei palazzi dei potenti, volto di luce e volto di pietra, inflessibile nella misericordia, che sapeva amare come nessuno, esperto di dolori, uomo dalla vita buona, bella felice, che passava nel mondo guarendo la vita. Dio è quell'uomo di Nazareth: il nostro Dio Gesù Cristo. Se dovessi dire qualcosa di Dio, potrei dire soltanto: Dio è Gesù, è quel modo di vivere, quel modo di morire, quel modo di risorgere. Chi sono io per te? Domanda Gesù a ciascuno di noi... la fede in lui non è mai scontata, va ri-scelta ogni giorno... ciò che è decisivo per la mia vita non è ciò che si dice di Gesù, ma il vivere di lui! Con un linguaggio che ultimamente vi ho proposto e ri-proposto, (mi perdonerete se sono ripetitivo), è necessario, insieme all'ostia, mangiare un'azione di Gesù, farla propria assimilandola come si assimila il cibo, farla diventare parte di noi così come l'ostia diventa parte di noi. Ripeto... è un momento decisivo nel vangelo di Marco: riconoscere Gesù come un profeta ha voluto dire per alcuni porlo tra i tanti inviati di Dio; riconoscerlo come Messia, come Cristo... ha voluto dire per Pietro credere in colui che avrebbe portato il popolo alla salvezza ma... mancava un pezzetto, quello del come avrebbe Gesù "salva" il popolo. Il vangelo di Marco è stato scritto per rispondere ad una domanda molto semplice: Chi è Gesù? Si può dire che dal titolo (inizio del vangelo di Gesù Cristo...) in avanti, chi si accosta a questo testo ha la possibilità di vivere un progressivo processo di conoscenza della persona di Gesù... ogni incontro che vive emerge un tratto differente. Sappiamo bene che quello di Pietro è un primo passo, e la rivelazione definitiva, ampia, solare, sarà quella che sotto la croce verrà dalle labbra del centurione pagano: veramente quest'uomo era figlio di Dio... anche oggi Gesù chiede il silenzio su di lui... Pietro e i discepoli non sono ancora pronti, noi non siamo ancora pronti; al versetto 31 Gesù comincia ad insegnare dice Marco... ecco, è un nuovo inizio, è un insegnamento nuovo, vuole guidare i suoi (e noi) a capire che, senza la croce e la risurrezione è impossibile capire chi sia Gesù. Mi piace anche sottolineare, quanto Gesù dice al termine del vangelo di oggi, lo trovo importantissimo per quello che riguarda la nostra relazione personale con Lui: colui che perde la sua vita per me e per il vangelo, la salverà... mi colpisce molto questo paragone, o meglio questa uguaglianza: per me o per il vangelo. Perché Gesù dice così? Perché Gesù e il Vangelo sono la stessa cosa! Il Vangelo non è un libro, è una persona: Gesù! Non lo abbiamo qui, fisicamente in mezzo a noi, però abbiamo il vangelo, la sua Parola, e tutte le volte che prendiamo in mano il vangelo scopriamo qualcosa di bello del volto e del nome di Dio. Il volto di Dio che il vangelo ci vuole trasmettere e di conseguenza il volto del discepolo che è chiamato a prendere la sua croce e seguire il Maestro, sono ben preparati dalla prima lettura che abbiamo ascoltato: don Daniele Simonazzi dice che questo testo, nella sua radicalità pone questioni tanto serie da essere messe da parte. Insomma... sempre meglio parlare di massimi sistemi che non di spendere la propria vita. La prima lettura ci parla di qualcuno che ha deciso di pagare un prezzo, di qualcuno che, come dice una canzone ascoltata con il gruppo degli educatori, è stato disposto a perdere qualcosa... C'è, dice don Daniele, la sofferenza del profeta che ne accompagna la missione, c'è la celebrazione della sua incrollabile fiducia nel Signore. La sofferenza del servo è la conseguenza diretta della propria missione profetica; il profeta non è soltanto un annunziatore della parola di Dio, ma ne è testimone con la sua stessa vita. Fin dalla sua vocazione egli è coinvolto in un'esistenza di dolore che gli deriva dal compimento della missione ricevuta, eppure rimane profondamente fiducioso nel Signore. Egli sa che la parola per la quale vive e che ritma i suoi giorni (al mattino fa attento il mio orecchio..) gli è stata donata e che egli non può disporne a piacimento, ma piuttosto deve metterla al di sopra della sua stessa vita. Non è lui a plasmare la parola di Dio, ma è la parola di Dio a plasmare la sua vita. Il Signore Dio mi ha fatto udire le sue parole e io non ho opposto resistenza. Il profeta Isaia oggi ci dice cose molto importanti riguardo al rapporto con la parola di Dio: sei chiamato a farla entrare nella tua vita senza opporre resistenza, perché la tua vita possa cambiare, trasformarsi, divinizzarsi. Lasciarla entrare senza costruire muri, tra se stessi e Dio tra se stessi e i fratelli e le sorelle che incontriamo. Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi: anche qui un messaggio di grande responsabilità. Per questa Parola essere disposti ad esporre la nostra vita. Non ne sono capace, però credo che una vita vissuta di nascosto è una vita senza senso. Vivere esposti, alla luce del sole, trasparenti, chiari, sinceri... ci sono dei rischi, certamente, però la Scrittura ci invita a vivere così. Gesù ha vissuto così, fino al massimo dell'esposizione, che è la Croce. La vita di Gesù fu una vita esposta, tanto da salire sulla Croce. |