Omelia (27-09-2015) |
fr. Massimo Rossi |
Commento su Marco 9,38-43.45.47-48 Il Vangelo che abbiamo ascoltato è un vero e proprio "rosario" di detti del Signore, cuciti insieme senza un apparente criterio; tuttavia, come i grani di una corona, questi apoftegmi di Gesù sono accomunati da un'intima coerenza: potremmo identificarla, questa coerenza segreta, con quel disagio - san Marco parla addirittura di scandalo- che il mondo può provare a causa del comportamento della Chiesa, del nostro comportamento. La Chiesa non è un ente di ragione; la Chiesa sono io, la Chiesa sei tu, è lui, è lei... la Chiesa siamo noi! E questo disagio non è un semplice, passeggero imbarazzo; questo disagio, questo scandalo offende nell'intimo colui, coloro che lo provano. Ma procediamo con ordine. "Abbiamo visto uno che scacciava i demoni nel tuo nome e glielo abbiamo impedito perché non è dei nostri": questo viziaccio di ogni chiesa forte, di voler riconoscere solo coloro che hanno i documenti in regola. Quasi che il documento (in regola) garantisse che la persona è buona, fa sempre il bene e mai il male. Chi invece non è dei nostri, chi non ha i documenti in regola, non è in grado di fare il bene, e neppure di concepirlo. Prevengo l'obbiezione, peraltro ragionevole: "Ma, allora, che giova avere i documenti in regola, se, tanto, anche gli stranieri, i lontani, i sans papier, come li chiamano i francesi, possono avere libero accesso alla salvezza presente e futura, godere degli stessi diritti, degli stessi benefici?". Bella domanda! I maestri di retorica insegnano che non si risponde mai ad una domanda con un'altra domanda... Ma io lo faccio lo stesso: vi sembra giusto sottoporre la fede e la carità allo stesso rigore, alle stesse condizioni politiche, amministrative, alle quali lo Stato sottopone le relative situazioni personali, sociali e politiche? Che cosa ne pensano i cattolici degli stranieri, dei musulmani, degli omosessuali, dei divorziati-risposati,...? Non vi sembri una forzatura. Il Vangelo di oggi ci mette con le spalle al muro e ci chiede risposte chiare; badate bene, non risposte teoriche, ma risposte reali, riposte che vengono dalla nostra testa e dal nostro cuore. Ricordo spesso quell'avventura, un po' banale, forse, capitatami anni fa: una notte di novembre, stavo viaggiando in auto alla periferia di Torino, dalle parti del vecchio stadio Delle Alpi, alla ricerca dell'imbocco per l'autostrada di Milano; ero disperato, perché una supernebbia impediva del tutto la visibilità e non sapevo più dove mi trovavo. Improvvisamente scorsi l'insegna luminosa di un bar; raggiunsi il locale, entrai; vidi che era frequentato da nordafricani, mediorientali,... "E ora che faccio? chiedo, o non chiedo indicazioni per l'autostrada? Mi fregheranno, o non mi fregheranno, perché non sono dei loro? devo fidarmi, anche se non sono dei miei?". Mi fidai. Andò tutto bene. Sto mescolando questioni religiose, a questioni politiche, ideologiche... Per chi come noi è mosso dalla fede, che si tratti di questioni politiche, o di razza, di sesso, o di situazioni regolari-irregolari, per noi cristiani non fa alcuna differenza: noi facciamo il bene e accogliamo il bene fatto in nome di Cristo, da chiunque provenga, a prescindere dalla sua appartenenza; che siano cattolici oppure no, praticanti oppure no, regolari oppure no... Lo scandalo. Lo scandalo non lo patiscono soltanto coloro che in qualche modo si sentono discriminati, emarginati da noi uomini e donne di chiesa e di fede - le due situazioni non sempre coincidono! -. Lo scandalo lo patiscono anche coloro che si aspettano da noi un comportamento morale conforme al Vangelo di Cristo, e invece non lo è. Perdonate la sintassi non proprio elegante, ma credo che abbiate capito: "Ma guarda sti preti, ma guarda sti cristiani! Parlano tanto di carità... e poi? quanti ‘distinguo' quanti muri di separazione, quante condizioni oppongono al bene e a coloro che fanno il bene!". Esiste un bene in quanto tale? oppure il bene cristiano ha un peso specifico maggiore? Il bene cristiano è più bene del bene tout court? In altre parole, che cosa significa l'espressione evangelica: "(fare del bene) in nome di Cristo"? qual è il bene assolutamente cristiano? È il bene del perdono! Dovremmo stamparlo a caratteri cubitali sulle porte della chiesa, sugli stipiti delle nostre case... Dovremmo stamparcelo sulla fronte, imprimercelo nel cuore. Questa è la vera carta di identità del cristiano: il perdono, così come il Cristo lo ha vissuto e lo esige da ciascuno di noi. Il perdono ovunque, comunque e verso chiunque, è il vero segno di appartenenza. Chi perdona come Cristo ha perdonato, costui è certamente dei nostri. Ma questo, nei documenti non c'è scritto. Beh, ora che ci penso, neanche il valore supremo dell'amore è scritto negli articoli del codice di Diritto Canonico, riguardanti il matrimonio. Eppure sappiamo che l'amore è un valore sostanziale, indispensabile, per il bene del matrimonio, anche se non c'è scritto nel Diritto Canonico. Contro gli scandali non è sufficiente alzare la voce, lanciare anatemi, pubblicare articoli di fuoco sulle prime pagine dei quotidiani... Contro gli scandali bisogna prendere provvedimenti drastici e definitivi. Il responsabile dello scandalo va eliminato senza pietà: che sia una mano, o un piede, o un occhio... Se poi si tratta di un uomo (o di una donna), Gesù prescrive la famigerata macina da mulino legata al collo; la pena di morte, tanto per intenderci. Chiaramente è una frase ad effetto! Tuttavia è uno dei casi, nei quali il Maestro di Nazareth si mostra severissimo. Perdono sì. Indulgenza no!! Nel Vangelo di oggi il Signore parla anche della Geènna, che, in sostanza, è l'inferno degli Israeliti; mi spiego, non è che gli Ebrei abbiano un inferno (e un paradiso) tutto per loro... Le dinamiche di questo mondo - "dei nostri, non dei nostri..." - per fortuna e per misericordia di Dio, non si ripetono nella vita eterna. ALLELUJA. |