Omelia (27-09-2015)
Carla Sprinzeles
Commento su Nm 11,25-29; Mc 9,38-43.45.47-48

Oggi cerchiamo di chiederci: cosa c'è di importante, di definitivo, nella nostra vita?

Gesù diceva: "una sola cosa è necessaria!"

Tutto il resto è secondario, funzionale.

Gesù parlava di un tesoro, di una perla preziosa che dobbiamo scoprire, una perla preziosa per cui essere disposti a vendere tutto.

Per te, che mi ascolti, che cos'è nella tua vita concreta questo tesoro, questa perla?

Ecco per me è Dio in me. E' il rapporto che vivo con lui. E' la forza della vita, che è per sempre!

Non è un paradiso domani, ma un qualcosa che è nostro oggi, che non conosciamo a fondo, ma a cui prestiamo la nostra attenzione!

Occorre attraversare, vivere intensamente l'oggi, perché qui ci è offerta la dimensione eterna, importante è non aggrapparci al provvisorio, ma all'unica vera "roccia": Dio in noi, la sua azione presente in tutte le esperienze che possiamo compiere!



NUMERI 11, 25-29

La prima lettura è tratta dal libro dei Numeri.

Il brano ci riporta al tempo dell'esodo, con il popolo in cammino verso la Terra promessa, sotto la sapiente guida di Mosè. Tutti abitano sotto le tende, anche il Signore abita la sua tenda, tabernacolo.

Due uomini, convocati per andare nella tenda del convegno e ricevere lo spirito di profezia per mezzo di Mosè, di fatto non vi si recano. Ciononostante lo Spirito scende anche su di loro e cominciano a profetizzare.

La cosa allarma Giosuè che si premura di informare Mosè. Non solo, gli chiede di impedire questa profezia, che gli sembra illegale!

Mosè, abituato ad altre prospettive non ragiona così.

Sono da costruire ponti, non muri!

Bisogna saper passare dalla cultura dell'ostilità, alla convivialità delle differenze!

Mosè dice: "Perché sei geloso? Fossero tutti profeti nel popolo di Dio! Potessero tutti esprimere il bene!"

Ecco, questo è il criterio: gioire del bene che incontriamo, della verità che viene espressa da altri, della ricchezza della vita che si manifesta.

Perché è l'espressione dell'azione di Dio.

Quando giungiamo a questo livello non c'è più timore. Altrimenti siamo ancora portati a fare discriminazioni: "questo è mussulmano" "questo è europeo".

Il bene non è diverso, il bene del mussulmano, anche se è nato in un altro luogo, ha una cultura, una religione diversa, è l'azione dello stesso Dio che si esprime come bene, come verità, come giustizia.

Occorre vivere costantemente con questa attenzione, con questa sensibilità: dimorare nell'amore di Dio, questo è il criterio da vivere.



MARCO 9, 38-48

Gli episodi del brano del Vangelo secondo Marco, che leggiamo oggi non sono conseguenti, sono capitati in situazioni diverse.

Il vangelo che possediamo oggi è il resoconto di tradizioni orali, di predicazioni.

Partiamo dal tema che ci siamo dati: "Cosa è importante, definitivo nella vita?"

E' importante "appartenere" a un gruppo, a un ambiente familiare, che ha alla radice l'amore che ci alimenta?

Per noi spesso è ragione di vita. L'unica sicurezza sembra che ci venga dall'appartenere ad un piccolo gruppo, ad un ambiente familiare.

Qualunque gruppo, di qualsiasi estrazione, di amici, di un partito o comunità religiosa, sono funzionali per una nostra crescita, ma non è l'assoluto.

Dobbiamo vivere queste esperienze, disposti ad andare oltre.

Nel passo del vangelo che leggiamo, Giovanni dice a Gesù di aver rimproverato un tale che operava "nel suo nome", mentre non era "dei nostri", per cui glielo abbiamo impedito! Gesù rimprovera Giovanni per questo, perché il criterio di Gesù non è di appartenenza. Il criterio di Gesù è quello dell'azione di Dio, dello Spirito, considerava il rapporto con Dio come il fondamento della propria esistenza: era centrato sull'azione di Dio in noi.

Il nostro traguardo non è fissato nella nostra appartenenza a una famiglia o a una religione, ma è da raggiungere, diventiamo noi stessi quando diventeremo figli di Dio, lo siamo già, ma non completamente, perché dobbiamo sempre più lasciare agire l'azione di Dio nella nostra vita.

Ogni giorno dovremmo iniziare il nostro cammino interrogandoci: -che cosa di nuovo mi offre oggi il Signore, che io rischio di non avvertire, di non accogliere?-

Pensiamo facilmente di saper fare meglio degli altri! "Quelli non sono dei nostri" "attenti alle imitazioni". E' difficile passare dalla diffidenza alla collaborazione, dalla concorrenza alla condivisione e ricordarci che l'unica cosa importante è che il bene si compia.

Così l'apostolo Giovanni teme che l'attività di un altro adombri la fama di Gesù. Eppure "uno solo è buono" afferma Gesù rivolgendosi al Padre e quindi qualunque faccia il bene, è sempre l'espressione di quest'unico Bene!

Il problema non è individuare chi lo compie, ma vedere se è un vero bene o un'illusione!

La chiave la dà Gesù stesso: "non c'è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito dopo possa parlare male di me!"

Agire nel suo nome è permettere alla forza creatrice di manifestarsi attraverso i nostri atti come si esprimeva lui.

Chi invece pretende di fare il bene nel proprio nome è fautore di scandalo, come gli imperatori romani che si facevano chiamare "benefattori del popolo" e sfruttavano la povera gente.

Giovanni si scandalizza perché vuole riservare al suo Maestro il monopolio del miracolo.

Il vero scandalo invece, spiega Gesù, è l'atto ingannatore che, sotto l'apparenza di un gesto positivo, ostacola il vero bene.

E' agire per la propria gloria. Siamo così deboli da credere di doverci fare un nome attraverso le nostre imprese, mentre l'unico valore è la nostra capacità di permettere all'Essere, che è Amore e che ci mantiene nell'esistenza, d'incarnarsi nei nostri gesti.

L'altro insegnamento da cogliere è il criterio dei valori, delle cose essenziali nella vita.

Gesù dice: "Se un occhio, un piede, una mano ti scandalizza...", scandalo significa ostacolo, ma a che cosa? tutto è buono ma non sono prioritari.

L'essenziale è la vita vissuta in pienezza con Dio. So che i miei criteri, le mie scelte non sono sufficienti, so che esiste un altro criterio a cui devo aprirmi, vivendo in sintonia, riflettendo su ciò che compio, individuando quali sono gli ostacoli dei rapporti, delle offerte di vita che mi sono chieste, delle amicizie che vivo, dei lavori che faccio. C'è qualcosa di più, una parola ulteriore da ascoltare. Allora il piede, l'occhio non è più un ostacolo, non sono cose così essenziali da impedirci di crescere come persone, di entrare in comunione profonda con gli altri.



Amici, apriamoci all'azione di Dio e non chiudiamoci di fronte al fratello, anche se non è "dei nostri". Cerchiamo l'essenziale: essere pieni di Dio ogni giorno!