Omelia (15-09-2015) |
don Maurizio Prandi |
E' una festa bella ed importante quella che celebra oggi la chiesa... Si inserisce bene la liturgia di oggi, in quello che settimana dopo settimana, domenica dopo domenica, è il cammino di Gesù nel vangelo di Marco, che sta diventando il cammino verso Gerusalemme e quindi verso la Croce. Soltanto ieri abbiamo ascoltato nella messa domenicale Gesù che anticipa ai suoi discepoli il suo destino: non il cammino trionfale del Messia liberatore, ma il tradimento, la cattura, le sofferenze, la morte di chi vuole condividere tutto, ma proprio tutto dell'esperienza umana. Quello del cammino, del viaggio è un tema importante che fa da sfondo alle letture che abbiamo ascoltato. Il cammino, il viaggio nel deserto del popolo di Israele nella prima lettura, il cammino di Gesù verso un' obbedienza sempre più piena al progetto del Padre nella lettera ai Filippesi, il cammino, il viaggio di Dio che in Gesù discende, discende, discende... nel vangelo. Una delle idee che questi testi mi trasmettono (non è una novità, ve lo ripeto sempre), è questa: Dio-Padre cammina con noi... è presente... opera, vive insieme a noi. Bellissimo il testo di Numeri che dobbiamo leggere nel suo contesto e che ci racconta di un popolo che tutto deve restituire al Signore, nulla rimane a lui (sono i versetti immediatamente precedenti a quelli ascoltati oggi che ce lo dicono). La Scrittura ci racconta un Dio ancora una volta differente: Dio non è, come gli altri dèi, quello che ti fa vincere, e quindi, in qualche modo, ti arricchisce, ti fa forte, potente. Dio è quello che opera insieme con te, soccorrendo la tua debolezza, e per il quale tu combatti e vinci. Quello che sta al centro di tutto è sempre la relazione d'amore tra il Signore e il suo popolo, e quindi l'opera divina della salvezza e la gloria resa a Dio da chi tutto da Lui riceve (don Giovanni Nicolini). Un viaggio difficile quello della prima lettura... difficile perché il popolo si avvolge un po' su se stesso... si "incarta" un po'... i tre versetti prima di quelli che abbiamo ascoltato parlano di come Dio, presente nella vita dei suoi, li ha portati alla vittoria, ha consegnato loro i nemici e... tutto viene messo in crisi... tutto il viaggio! Non va più bene niente... ci si dimentica di quanto il Signore ha fatto (pensavo a quanto è facile dimenticarmi di quanto le persone hanno fatto per me...). Quando va male qualcosa il rischio è quello di mettere tutto in questione, anche quanto di positivo e buono c'è stato rischia di venire cancellato. Il popolo non sopporta il viaggio: non gli basta la vittoria, la presenza di Dio non viene riconosciuta, il dono della manna diviene un cibo leggero, vuoto è la traduzione più appropriata. Mi piace infine che il libro dei numeri ci inviti a guardare il serpente di bronzo anticipando il vangelo di Giovanni che invita invece a credere in Colui che viene innalzato... soltanto ieri la domanda pressante di Gesù: chi sono io per te? Oggi siamo facilitati perché una risposta, per altro magnifica, bellissima, ci viene dalla seconda lettura e dal vangelo: sono colui che si abbassa, che non vuole privilegi, che si svuota, sono colui che discende per farti capire quanto Dio Padre ti ama... sono colui che ti dice che non sei giudicato o condannato... sei semplicemente amato. Ho consegnato ai miei parrocchiani questo articolo dell'Osservatore Romano che riporta parte dell'omelia che il papa ha tenuto nella solennità dell' Esaltazione della Croce nel 2013... mi pare di valore poterlo meditare: Storia dell'uomo e storia di Dio si intrecciano nella croce. Una storia essenzialmente di amore. È un mistero immenso, che da soli non possiamo comprendere. Come «assaggiare quel miele di aloe, quella dolcezza amara del sacrificio di Gesù?». Papa Francesco ne ha indicato il modo, questa mattina, sabato 14 settembre, festa dell'esaltazione della santa croce, durante la messa celebrata nella cappella di Santa Marta. Commentando le letture del giorno, tratte dalla lettera ai Filippesi (2, 6-11) e dal Vangelo di Giovanni (3, 13-17), il Pontefice ha detto che è possibile comprendere «un pochino» il mistero della croce «in ginocchio, nella preghiera», ma anche con «le lacrime». Anzi sono proprio le lacrime quelle che «ci avvicinano a questo mistero». Infatti, «senza piangere», soprattutto senza «piangere nel cuore, mai capiremo questo mistero». È il «pianto del pentito, il pianto del fratello e della sorella che guarda tante miserie umane e le guarda anche in Gesù, in ginocchio e piangendo». E, soprattutto, ha evidenziato il Papa, «mai soli!». Per entrare in questo mistero che «non è un labirinto, ma gli assomiglia un po'» abbiamo sempre «bisogno della Madre, della mano della mamma». Maria, ha aggiunto, «ci faccia sentire quanto grande e quanto umile è questo mistero, quanto dolce come il miele e quanto amaro come l'aloe». I padri della Chiesa, ha ricordato il Papa, «comparavano sempre l'albero del Paradiso a quello del peccato. L'albero che dà il frutto della scienza, del bene, del male, della conoscenza, con l'albero della croce». Il primo albero «aveva fatto tanto male», mentre l'albero della croce «ci porta alla salvezza, alla salute, perdona quel male». Questo è «il percorso della storia dell'uomo». Un cammino che permette di «trovare Gesù Cristo Redentore, che dà la sua vita per amore». Un amore che si manifesta nell'economia della salvezza, come ha ricordato il Santo Padre, secondo le parole dell'evangelista Giovanni. Dio infatti, ha detto il Pontefice, «non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di Lui». E come ci ha salvato? «con quest'albero della croce». Dall'altro albero, sono iniziati «l'autosufficienza, l'orgoglio e la superbia di volere conoscere tutto secondo la nostra mentalità, secondo i nostri criteri, anche secondo quella presunzione di essere e diventare gli unici giudici del mondo». Questa, ha detto, «è la storia dell'uomo». Sull'albero della croce, invece, c'è la storia di Dio, che «ha voluto assumere la nostra storia e camminare con noi». È proprio nella prima lettura che l'apostolo Paolo «riassume in poche parole tutta la storia di Dio: Gesù Cristo, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio di essere come Dio». Ma, ha spiegato, «svuotò se stesso, assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini». Cristo, infatti, «umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte e una morte di croce». È questo «il percorso della storia di Dio». E perché lo fa? Si è chiesto il vescovo di Roma. La risposta si trova nelle parole di Gesù a Nicodemo: «Dio, infatti, ha amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna». Dio, ha concluso «fa questo percorso per amore, non c'è altra spiegazione». |