Omelia (04-10-2015) |
padre Gian Franco Scarpitta |
Il punto di partenza: la fede Stando alla mia personale esperienza pastorale, i giovani nubendi sembrano essere disposti a sorbirsi le "chiacchiere" di sacerdoti e operatori pastorali durante i corsi di preparazione al Matrimonio, pur di conseguire l'obiettivo di sposarsi in chiesa. Ad eccezione di alcune coppie di fidanzati veramente devoti e attenti, anche fra coloro che prendono sul serio gli incontri di formazione prematrimoniale vi è una malcelata indifferenza o refrattarietà agli argomenti proposti dalla nostra dottrina o almeno questi non vengono accolti con la dovuta convinzione e partecipazione. Nella nostra maggior parte dei casi, i giovani avviati alle nozze accettano passivamente i nostri discorsi pur di ottenere un documento che completi il loro iter burocratico per sposarsi in chiesa. Solo quando si riesce a spronarli a comunicare le loro idee scongiurando in loro il timore di essere redarguiti e ostacolati, i giovani nubendi esternano liberamente le loro reali convinzioni sui contenuti dal matrimonio cristiano. Che si rivelano recalcitranti e di obiezione. E da quello che io abbia notato, fra coloro che frequentano i nostri corsi prematrimoniali solo una sparuta minoranza frequenta regolarmente la Messa domenicale. Di conseguenza, che un matrimonio in determinati casi possa essere nullo, ben pochi fra i nubendi lo considerano, anche se di fatto seguono le catechesi sull'argomento. Che un matrimonio valido sia indissolubile lo considerano solo secondo i loro comodi o secondo la situazione del momento. C'è anche chi svilisce categoricamente la cosa: "Tanto, se le cose vanno male, possiamo sempre divorziare...." Cosa ne pensano poi tanti giovani del Tribunale Ecclesiastico (Sacra Rota) che riconosce eventuali evidenze di nullità di un Matrimonio? Beh, stando a quello che mi è capitato di sentire da alcuni giovani, la convinzione più diffusa è che "basta pagare per avere l'annullamento". A mio parere insomma i nostri corsi prematrimoniali sono anche seguiti con attenzione, ma senza alcun coinvolgimento né partecipazione diretta. Nessuna meraviglia allora se di fatto si verificano fenomeni quali la separazione, il divorzio, le unioni di fatto e altre alternative alla convivenza matrimoniale, che ormai non sono più una notizia ai nostri giorni. Tanto sono diffusi ed evidenti. Secondo statistiche relativamente recenti, vi sono attualmente tantissime unioni sponsali che potrebbero essere dichiarate nulle dall'autorità ecclesiastica. Soprattutto nelle grandi città, non suscita più allarmismi che una donna regolarmente sposata con prole, pur condividendo lo stesso tetto con il proprio coniuge, si dia al piacere venereo sregolato con altri uomini. Si preferisce sottostare alla schiavitù delle passioni e dei disordini sessuali, al gioco insensato della morale del "così fan tutti", senza guardare ad essa con un minimo di considerazione critica e trovando anzi qualsiasi pretesto, a volte anche blando e leggero, per giustificarla. Quando il matrimonio canonico viene deliberato per sole attrattive esteriori, quando esso si svolge solamente per una vacua consuetudine atavica consolidata, quando a motivarlo sono solamente interessi di dignità e di perbenismo sociale esso inevitabilmente rischia di subire i suoi capitomboli con disastrose conseguenze per gli stessi sposi e per le loro famiglie. Manca al giorno d'oggi, in tantissimi casi, la condizione fondamentale per concepire il matrimonio cristiano, sulla quale dovremmo insistere ancor prima di trattare i singoli temi relativi al Sacramento stesso: la fede in Gesù Cristo Figlio di Dio. Senza questa prerogativa infatti difficilmente si potrà intendere adeguatamente la concezione di matrimonio cattolico, perché questa verrà sempre intesa dalla prospettiva dell'esteriorità o delle melensaggini. La fede incondizionata in un Dio Amore che si è donato a noi nel suo Figlio e che ha istituito egli stesso la sacralità del vincolo sponsale elevandola poi a Sacramento, è l'unica possibilità per interpretare rettamente l'unione sponsale fra un uomo e una donna. L'esercizio continuo di questa virtù teologale (la fede appunto) nei percorsi della vita coniugale in seno alla famiglia consentirà di conseguenza che il matrimonio sia vissuto con grande intensità nonostante le immancabili sfide a cui esso va soggetto. Concepire il matrimonio come una realtà voluta da un Dio che abbiamo accolto quale ci è stato rivelato, cioè il Dio Amore, ci condurrà a interpretare il matrimonio unicamente nell'ottica dell'amore. L'amore con cui Dio ci ha amati sin dall'inizio e ancora adesso rinsalda la nostra unione che non conosce lesioni né sconfitte. La fede in Gesù Cristo Figlio di Dio ci avvicina alla sua Parola di verità. Essa su questo punto è categorica e inesorabile: "Non osi separare l'uomo ciò che Dio unisce." Per il bene stesso di due coniugi e in vista della realizzazione della società e del bene comune, Gesù ha stabilito che il matrimonio è un vincolo di amore sancito da Egli medesimo quale Figlio di Dio morto e risorto per noi e poiché l'amore è sconfinato e immotivato nonché eterno, esso non potrà mai avere fine nella vita di due coniugi. Nulla potrà opporvisi, tanto meno un'autorità umana. Nel determinare l'indissolubilità del matrimonio fra un uomo e una donna, Gesù recupera il vero senso, fino ad allora storpiato, della Scrittura e della legge di Mosè. Questa aveva stabilito unilateralmente la possibilità di adulterio: solo da parte della donna nei confronti del coniuge questo sarebbe stato possibile, non il contrario. Quando cioè la moglie si fosse concessa ad altri uomini sarebbe stata colpevole di adulterio, ma quando il coniuge avesse avuto relazioni con altre donne. Lui non peccava mai in tal senso. Gesù invece, provocato da questa insidiosa domanda dei suoi raffinati e dotti interlocutori, coglie l'occasione per ristabilire il giusto equilibrio di parità fra uomo e donna, la giusta misura della giustizia e soprattutto la reale dimensione della possibilità di peccato: non soltanto è adultera la moglie infedele, ma anche l'uomo che abbandona la propria consorte per un'altra, perché il Creatore li rese pari e uniformi nella dignità e nella nobiltà loro propria: "maschio e femmina Dio li creò". Tutto questo per la sola ragione dell'amore che è all'origine dell'iniziativa di Dio su un uomo e una donna. Come poter allora concepire il matrimonio cristiano al di fuori della fede? Senza questa primaria condizione esso decade, perché non si identifica neppure come sposalizio. Solamente l'apertura verso il Dio unico della vita esso trae forza e consistenza e realizza la pienezza della vita degli sposi. I quali firmano la propria sentenza di condanna qualora si ostinino a concepirlo sotto tutti gli altri aspetti di frivolezza e di banalità. Aprire il cuore alla rivelazione e omettere di attribuire un senso meramente soggettivo alla realtà della nostra vita è fondamentale per una adeguata interpretazione della medesima. In questo caso è di vitale importanza per una retta coscienza del matrimonio, che altrimenti sarebbe impossibile. |