Omelia (04-10-2015) |
Agenzia SIR |
Commento su Marco 10,2-16 Due incanti come due guglie della stessa montagna: il matrimonio come unione fedele e indissolubile dell'uomo e della donna; l'accoglienza dei bambini e il rispetto della loro dignità di persone e figli di Dio. È l'adorabile Vangelo di questa domenica. Due cime da scalare, passo dopo passo. Per questo Mosè aveva ordinato che, se il marito avesse deciso di ripudiare la moglie, doveva darle un documento scritto perché potesse dimostrare di essere libera. Si trattava di una concessione a motivo della durezza di cuore, ma in contrasto con l'intenzione originaria di Dio. La durezza di cuore (sclerocardia) è una sclerosi spirituale e culturale che rende insensibili come la pietra. Non solo non si riesce a vivere i valori di autentica umanità, ma non si riesce neppure a capirli. Non si capisce più l'amore come dono di sé a un'altra persona, come dono reciproco e comunione. Si entra nella logica del potere e del possesso che riduce l'altro a strumento per il proprio piacere e per la propria utilità. Allora l'incontro e la convivenza diventano convergenza di interessi e di egoismi; convergenza precaria, esposta alla conflittualità e alla separazione. La eventuale venuta dei figli può essere rifiutata perfino con l'aborto oppure può essere pretesa a qualsiasi costo come un possesso per la propria gratificazione, calpestando in ambedue i casi la loro dignità di persone. Nel progetto creativo Dio ha voluto e vuole un'unità duale tra l'uomo e la donna. Li ha creati e li crea due perché diventino uno nell'amore a somiglianza delle Tre Persone divine che sono un solo Dio. L'uomo e la donna sono diversi fisicamente e spiritualmente in vista del dono reciproco, dell'interazione, della crescita e felicità propria di ognuno. Sono chiamati a diventare una sola carne (quasi un solo essere umano) nella vita comune, nel rapporto sessuale, nei figli che derivano da ambedue. La sessualità è altruismo scritto nell'anima e nel corpo, differenza nell'eguaglianza in vista del dono reciproco e della comunione. L'uomo e la donna sono ambedue esseri umani, di pari dignità; ma hanno anche importanti diversità. Soprattutto ognuno dà all'altro il potere di procreare e di diventare genitore. L'amore valorizza e armonizza le differenze e ne fa un dono reciproco. "Lasciate che i bambini vengano a me". Nella famiglia l'amore fa condividere il vissuto quotidiano, il presente e il futuro, la totalità della vita. Porta i genitori a elargire ai figli i beni materiali e spirituali, dedicandosi alla loro cura ed educazione in modo proprio e insostituibile, basato sul clima di amore e fiducia reciproca, sulla testimonianza e l'esempio, nell'esperienza vissuta e l'esercizio quotidiano. Tutti i membri della famiglia si educano reciprocamente. I coniugi si educano l'un l'altro; i genitori educano i figli e anche i figli educano i genitori. Oggi inizia il Sinodo sulla famiglia. Si attribuisce a Giovanni Paolo II questo detto: "Non si deve abbassare la montagna; ma bisogna aiutare le persone a salirla, ognuna con il proprio passo". È compito della Chiesa additare la montagna in tutta la sua altezza, cioè insegnare integralmente (senza sconti) la verità. Nello stesso tempo è compito della Chiesa accompagnare maternamente nella salita i passi delle persone, cioè aiutarle a vivere la verità secondo la loro capacità di comprendere e mettere in pratica. Le norme morali sono uguali per tutti, ma la responsabilità davanti a Dio è propria di ciascuno. Commento a cura di don Angelo Sceppacerca |