Omelia (04-10-2015) |
don Maurizio Prandi |
Non basta il Paradiso Come capita ultimamente condivido con voi pensieri vecchie nuovi sulla liturgia di questa XXVII domenica del tempo ordinario e la prima cosa che mi viene in mente è che siamo all'inizio... all'inizio di un nuovo anno pastorale, che per le nostre comunità per tradizione comincia con il pellegrinaggio al Santuario di Montallegro che abbiamo vissuto domenica scorsa, ma anche all'inizio del "sogno" di Dio, al quale ci riporta Gesù: gli pongono una domanda disonesta e lui rimanda i suoi interlocutori all'inizio... all'inizio non fu così, afferma. Vale a dire che Dio all'inizio pensava qualcosa di diverso, qualcosa di più grande, qualcosa di immensamente più bello che non il chiudersi in una regoletta, che non il ridurre l'amore, la relazione tra l'uomo e la donna ad un precetto... pensate che se l'uomo (sempre l'uomo... solo l'uomo...) avesse trovato nella sua compagna qualcosa di sconveniente diceva il precetto, avrebbe potuto allontanarla. Per alcuni rabbini qualcosa di sconveniente era la cosa considerata più grave: il tradimento; per altri rabbini qualcosa di sconveniente poteva essere, molto più semplicemente, una minestra bruciata o due parole fatte per strada con altri uomini. Al di là della questione "legale", il vangelo usa un verbo importante, il verbo avvicinarsi... Un verbo che Dio ha fatto suo e ha coniugato alla perfezione. Prendete la seconda lettura ad esempio, dove parlando di Gesù l'autore della lettera agli ebrei scrive: colui che santifica e coloro che sono santificati provengono tutti da una stessa origine; per questo non si vergogna di chiamarli fratelli. Qui mi viene in mente quanto papa Francesco ha detto ai carcerati a Philadelphia avvicinandosi a loro, facendosi "uno" con loro: Io sono venuto come pastore ma soprattutto come fratello a condividere la vostra situazione e a farla anche mia... e tutti abbiamo bisogno di essere purificati, di essere lavati. Tutti, io per primo. Tutti siamo cercati da questo Maestro che ci vuole aiutare a riprendere il cammino. Il Signore ci cerca tutti per darci la sua mano. Tutti abbiamo qualcosa da cui essere puliti, purificati. Tutti. Che tale consapevolezza ci risvegli alla solidarietà tra tutti, a sostenerci e a cercare il meglio per gli altri. Rifaccio mio allora quanto già accennato in passato: oggi possiamo dire che siamo invitati a comprendere cosa significa "avvicinarci" a Gesù, come relazionarci con Lui. Il vangelo di oggi vuole dirci tra le tante cose anche questo: ci sono diversi modi per avvicinarci al Signore: - c'è quello dei farisei, che vogliono metterlo alla prova e tendergli una sorta di tranello. Non è certamente il modo più corretto, a volte capita: se esisti veramente Dio, fammi questa grazia e verrò sempre in chiesa... e poi diventa facile trasportare questa modalità anche nel rapporto con le persone: se sei un vero amico fammi questo piacere, concedimi questo prestito, non puoi dirmi di no; - c'è quello di chi porta a Gesù i bambini, che secondo il testo greco del vangelo non è semplicemente un portare, ma un offrire, gli offrirono i bambini. Che bello, a volte stai a contatto con chi ha il coraggio di offrire a Gesù quanto ha di più prezioso: per i genitori un figlio. E' proprio vero, non puoi offrire a Dio i ritagli, gli avanzi, il superfluo: offri a Dio le primizie. E' quello che avviene per noi ogni domenica: non c'è altro da fare che lasciare le nostre occupazioni per poter stare un poco con Dio e con i fratelli che lui ti chiama ad incontrare. - c'è quello dei bambini, che con infinita fiducia, confidenza, si lasciano andare nelle mani e nelle braccia di Gesù, perché sanno che i loro genitori mai e poi mai li metterebbero nelle mani di chi potrebbe far loro del male. E' proprio vera la parola di Gesù che dice che a loro appartiene il Regno di Dio. Il Regno non è una cosa, ma è la persona di Gesù, lo stesso Gesù che abbracciano e al quale magari dicono: Gesù tu sei mio (pare di sentire alcuni bambini che lo dicono ai loro genitori o al catechista o al sacerdote) hanno il coraggio di abbracciare e di farsi abbracciare, di far propri i gesti del Signore. A loro appartiene il Regno perché nella loro semplicità, sanno, come Gesù, essere capaci dei gesti più generosi: ricorderete certamente che l'unico disposto a dare qualcosa è questo bambino che ha cinque pani e due pesci... e per questo fu possibile il miracolo. - c'è quello dei discepoli, che cercano di ostacolare la relazione tra i genitori e i loro bambini e Gesù; forse sono gelosi, forse vogliono il Figlio di Dio solo per loro, fatto sta che pongono una barriera e Gesù si indigna per questo. L'avvicinarsi a Gesù permette anche di scoprire il volto di Dio. Si, perché in tutta la questione sulla relazione uomo-donna, sull'adulterio e sul divorzio, credo proprio che l'obiettivo di Gesù non sia altro che quello di raccontare il volto di Dio, che per l'appunto all'inizio aveva pensato di raccontarsi così: attraverso l'amore tra l'uomo e la donna. Un Dio che per nulla al mondo mette in forse la sua fedeltà. Mentre il punto di partenza dei farisei è una questione di liceità, di legalità, su come fare a rompere, spezzare un legame, quello di Gesù è di risalire all'intenzione originaria di Dio, che, ripeto, è quella di rivelarsi nell'amore che c'è tra l'uomo e la donna. Ecco il volto di Dio, un Dio che fa alleanza, un Dio che non divorzia dalla sua chiesa nonostante l'infedeltà. Mi piace l'insistenza sull'unione, mi piace l'insistenza nel mettere sullo stesso piano l'uomo e la donna, ma non per una semplice forma di rispetto, per essere fedeli alla rivelazione che Dio fa di se stesso. Sullo stesso piano... si perché la traduzione più precisa non è che gli corrisponda... ma che gli stia di fronte... l'uomo non è la donna, c'è differenza, diversità... ma si trova sullo stesso piano, allo stesso livello, occhi dritti negli occhi, quasi a potersi specchiare nella vita dell'altro/a. Straordinaria la prima lettura... emerge tutta l'umiltà di Dio... non è bene che l'uomo sia solo! Ma come? Solo? Ma non c'eri Tu, Dio, con me? Potrebbe dire Adamo... sembra quasi che per Dio il paradiso non basti... nemmeno la presenza di Dio basta a colmare la solitudine dell'uomo. C'è un particolare del quale non conoscevo il significato... anzi lo consideravo sminuente la condizione femminile... sono le parole attribuite a Dio: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda... e' quella parola: aiuto... ma come? La donna è semplicemente un aiuto? Soltanto un aiuto? Leggevo che nell'Antico Testamento il termine aiuto è riservato unicamente a Dio... che bello allora che sia Dio stesso a dire che l'uno per l'altra i due siano la compagnia, la presenza di Dio. L'esultanza dell'uomo quando si rende conto di quella presenza accanto a lui: osso delle mie ossa, carne della mia carne... osso delle mie ossa che per l'ebreo dice la relazione strettissima, la relazione di parentela, l'intima comunione... ma anche carne della mia carne che come ricordate dalle omelie del mese di agosto dice invece tutta la precarietà, tutta la fragilità di una condizione... lei è me, può dire l'uomo, lei è anche la mia precarietà, le mie fragilità... e viceversa chiaramente. Sta forse anche in questo il significato di quella parola: una sola carne (che troppo frettolosamente leghiamo unicamente all'unione sessuale). Capiamo forse meglio allora, un altro particolare, forse un pochino tecnico ma credo bello: i termini che la Bibbia usa per dire l'uomo e la donna sono ish e ishà; se nella traslitterazione teniamo le due lettere che fanno la differenza in questi due termini quasi simili, rimangono nelle nostre mani la J (jod) la H (he), vale a dire l'inizio del tetragramma sacro: bello anche questo! Tra l'uomo e la donna, nella loro differenza, c'è l'inizio della rivelazione del nome di Dio! Forse si può ampliare un pochino questo pensiero: in ogni diversità, in ogni differenza Dio ci dà appuntamento per scoprire un tassello del suo volto. C'è un altro aspetto già accennato in passato ma che si può riprendere alla luce del magistero di papa Francesco: le parole che Gesù dice ai suoi discepoli sul divorzio sono molto chiare, le dice però compiendo un annuncio, non emettendo sentenze o condanne. Qui condivido con voi una piccola parte di quanto don Paolo ha inviato da Cuba circa i giorni che papa Francesco ha vissuto là e l'annuncio che ha fatto del vangelo, un aspetto di importanza capitale credo: Non condannare ma promuovere. Mi ha raccontato il vescovo Arturo (scrive don Paolo), che prima che il Papa cominciasse un suo intervento, un vescovo cubano gli si avvicina per dirgli: "dica qualcosa contro l'aborto per favore". E' vero che a Cuba le cifre della pratica dell'aborto sono impressionanti. Ma il Papa sorprendentemente gli risponde: "non dirò niente contro l'aborto, ma parlerò in difesa della vita; condannare non serve, serve promuovere". E così nel suo intervento il Papa ad un certo punto si rivolge alle donne incinta dicendole: "Vorrei ora rivolgermi a tutte le mamme incinta, presenti o che ci stanno seguendo per televisione. Mettete le vostre mani sul vostro ventre. Provate a sentire la vita che è dentro di voi. Provate ad ascoltarla e a capire cosa vi sta dicendo. Date speranza a questa vita. Proteggete questa vita che è ancora fragile e indifesa. E adesso rimanete con le vostre mani sul vostro ventre così la mia benedizione arriverà a quella vita che è dentro di voi". Altrettanto chiaro è il suo comportamento (rivelativo anch'esso del volto di Dio) le volte che lo mettono di fronte ad una donna adultera o ad altri che hanno commesso sbagli nella loro vita: non condanna, non giudica, perdona e invita alla conversione, al cambiamento. Credo che sia il compito bellissimo affidato alla chiesa dal suo Signore: ripetere il medesimo annuncio, accompagnandolo con la stessa Sua misericordia. |