Commento su Marco 10,35-45
Oggi affrontiamo con le letture, uno degli insegnamenti fondamentali di Gesù, lui stesso l'ha vissuto e ne è diventato testimone.
Ognuno vuole il meglio per sé e per i figli, ma in questo modo eliminiamo gli altri. Gesù è venuto a liberare l'uomo da questa spirale generatrice di violenza. La sua vita è guidata dalla passione per il disegno di salvezza che il Padre vuole realizzare attraverso il suo amore.
ISAIA 53, 10-11
Nella prima lettura di Isaia e nel Vangelo secondo Marco ci sono dei termini come "riscatto", "espiazione", che lungo la storia e ancora oggi, hanno suscitato interpretazioni completamente sbagliate dell'esperienza di Gesù e della sua fedeltà.
La prima lettura, tratta dal quarto Carme del Servo, parla di un giusto, che "offre la propria vita in espiazione" e per questo vedrà la luce.
Ma il termine "espiazione", oggi in italiano ha un significato completamente diverso da quello, che aveva allora il termine ebraico "kippur", perché oggi quando diciamo "espiazione" vogliamo indicare qualcuno che paga il prezzo di una colpa, mentre in ebraico "kippur" vuol dire "Dio purifica le colpe degli uomini".
Quindi il dinamismo è proprio l'opposto a quello che oggi indichiamo con il termine italiano.
Allora quando noi diciamo che Gesù ha offerto la sua vita in espiazione, facilmente interpretiamo, come si è interpretato per secoli, come se Gesù abbia offerto qualcosa a Dio per placare la sua ira o per soddisfare le sue esigenze di giustizia e così via.
In questo modo deformiamo completamente l'insegnamento di Gesù, perché Gesù ha rivelato Dio che offre perdono gratuitamente, senza chiedere nulla agli uomini: l'azione di Dio purifica gli uomini dal loro peccato rivelando il suo amore misericordioso. Questa rivelazione avviene per mezzo di Gesù: Gesù ha esercitato così il perdono e la misericordia.
Sovente si sentono ancora oggi interpretazioni false che abbiamo interiorizzato sin dall'infanzia, ma in questo modo falsiamo completamente l'esperienza cristiana e anche la celebrazione eucaristica, perché la interpretiamo come un qualcosa che dobbiamo offrire a Dio per riparare i nostri peccati, mentre è l'offerta che Dio fa a noi, attraverso Cristo, del suo amore e della sua misericordia.
Per cui ci è chiesto di metterci in un atteggiamento di completa dipendenza da Dio, accogliendo la sua azione che in noi fiorisce poi come dono per i fratelli, cioè ci mettiamo al loro servizio, seguendo l'esempio di Gesù.
Anche in Isaia pur leggendo: "Al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori...", non è il compiacersi di Dio perché il suo servo soffre: sarebbe uno stravolgimento mostruoso dell'immagine di Dio!
L'idea è piuttosto che c'è un disegno di salvezza, di giustificazione, in cui Dio si è risolutamente impegnato e a cui il servo si conforma.
Non è quindi la sofferenza che Dio vuole, ma la salvezza che comporta il dono di sé e la consegna fiduciosa al suo piano.
Il servo offre se stesso in espiazione per salvare, per rivelare il suo amore misericordioso.
Non è facile estirpare le antiche idee che ci hanno messo durante l'infanzia e ancora successivamente, ma è possibile con un lavoro di nuova informazione modificare queste idee che vanno proprio contro l'immagine di Dio che ci dà Isaia e poi Gesù.
MARCO 10, 35-45
Cerchiamo di osservare l'episodio, che ci riporta il Vangelo di Marco.
Gesù e i suoi erano avviati a Gerusalemme e più volte Gesù aveva ricordato che c'era il rischio grave che venisse ucciso, che cioè i sommi sacerdoti e i capi del popolo attuassero quel progetto che stavano maturando. Gesù lo sapeva, erano emersi diversi indizi di questa volontà di eliminarlo.
Il clima che stavano vivendo era un clima di timore di un fallimento della loro impresa.
Ebbene proprio in questa situazione Giacomo e Giovanni fanno una domanda che può sembrare un po' stupida, ma che in realtà era una domanda importante, che rivela la loro tensione profonda al Regno, ma rivela l'ambiguità con cui vivevano la sequela di Gesù.
Seguivano Gesù, avevano abbandonato tutto, ma gli orizzonti del desiderio che alimentavano non erano certamente quelli di Gesù.
"Non sapete quello che domandate": erano proprio fuori dall'orientamento di Gesù.
Cosa chiedevano? Chiedevano di sedere alla destra e alla sinistra, cioè chiedevano il potere.
Ci sono due illusioni, il possesso del denaro, di cui abbiamo parlato domenica scorsa e il potere, che sin dall'infanzia abbiamo tutti vissuto.
La fase dell'onnipotenza, del potere tutto, dell'essere in grado di realizzare ciò che desideriamo, che corrisponde alle nostre esigenze.
Per esempio i giudizi che formuliamo sugli altri, molte volte esprimono questa volontà di dominio, di superiorità, di poter giudicare, orientare gli altri secondo i nostri desideri.
Rivela in fondo la nostra debolezza, la nostra inconsistenza in ordine alla vita, a ciò che vale.
Allora noi ricorriamo a questi inganni, a queste illusioni.
Anche con le fantasie, molte volte noi ci costruiamo un mondo a nostra misura, in cui noi siamo i re, i padroni che dominano sugli altri, che hanno i trionfi.
La realtà è completamente diversa, molte volte occorrono più esperienze per scoprire che stavamo vivendo nell'inganno e nell'illusione.
Ciò che vale si ottiene attraverso il rapporto con la Fonte, l'accoglienza dell'energia creatrice e diventare luogo dell'offerta di vita.
Se cresciamo nella capacità di dono, scompaiono le gelosie, le invidie.
Invece in quest'episodio è chiarissimo l'atteggiamento di invidia e di gelosia che anima gli altri dieci apostoli, in reazione alla richiesta di Giacomo e Giovanni.
Quest'atteggiamento l'hanno avuto sino alla fine, Gesù non è riuscito a cambiarli.
Infatti Luca presenta un episodio analogo all'ultima cena, per scegliere i posti in base a chi fosse il più importante!
Anche in quell'occasione Gesù riprende l'insegnamento: "Io sono in mezzo a voi come uno che serve!" Le forme di gelosia e invidia, sia in ordine al piacere, sia in ordine al possesso, sia in ordine al potere, esprimono chiaramente questa nostra debolezza profonda, questo nostro vuoto interiore. Occorre prenderne coscienza e aprirsi all'azione di Dio che ci rende capaci di gioire del dono altrui, di far fiorire la vita intorno a noi.
Il regno di Dio, la vita di Dio in noi, non è un bene che si compra, è dato a chi serve, è dato ai bambini, a chi pensa al presente, che non è mai autosufficiente.
Non è importante cosa si fa, ma se quello che faccio rende migliore il mondo.
E' importante rimanere su ciò che sto facendo, senza occuparsi di tutto ciò che ci sta intorno, di ciò che verrà poi, di come io sarò giudicato, senza preoccuparsi di che potere ricavo, facendo quella cosa.
"Chi vuole essere il primo si faccia servo di tutti", servo dell'amore, servo del bene del fratello.L'uomo ha bisogno d'amore per vivere, mentre le leggi violente della concorrenza sono generatrici di odio: disinneschiamo questi meccanismi con l'amore che suscita amore, diventando servi del bene altrui.