Omelia (11-10-2015) |
don Giacomo Falco Brini |
Guardandoli in faccia "La Parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio" (Eb 4,12). Penso che chiunque abbia un contatto frequente con le Sacre Scritture convenga con l'autore della Lettera agli Ebrei che la Parola di Dio agisce proprio così nelle nostre vite, se glielo permettiamo. Ci sono tante immagini che la possono raffigurare nella sua azione, ma quella della spada a doppio taglio che penetra nei segreti del cuore umano, venendo a discernere tra i suoi sentimenti e i suoi pensieri, è una di quelle più indovinate. Sempre che il cuore umano si apra alla sua luce; diversamente, questa spada un po' strana nemmeno si sguaina, non offende, non si impone, lascia sempre al cuore dell'uomo la libertà di restare chiuso nel guscio del suo mondo interiore: allora non si sperimenta l'efficacia della Parola, si preferisce non lasciar affondare la sua lama pur di non soffrire, pur di non mettersi in discussione, pur di non cambiare, si preferisce andare per le proprie strade sicure, quelle che anche religiosamente ci lasciano nelle nostre comodità... Dovette succedere qualcosa del genere a quel tale che si affrettò incontro al Signore. Il vangelo dice che si buttò in ginocchio davanti a Gesù, segno che riconosceva in Lui una reale autorità. Mi pare ci sia un che di autentico nel suo movimento verso Gesù. Ha capito che Gesù è un maestro buono, vuole capire meglio il mistero della sua bontà, ha capito che può rivolgergli una delle domande più impellenti: "cosa devo fare per avere la vita eterna?" (Mc 10,17). Il Signore che conosce i cuori di tutti lo incontra nella sua realtà di uomo religioso e gli ricorda la strada dei comandamenti che, a parte l'ultimo, sono quelli che gli indicano i doveri negativi (v.19). Allora lui gli risponde: "Maestro, tutte queste cose le ho custodite fin dalla mia giovinezza" (v.20). Mi immagino sempre quest'uomo davanti a Gesù che dice queste parole con una certa inquietudine sul volto. In fondo, il suo esprimersi così è la conferma che il cuore dell'uomo non può trovare la risposta che cerca nell'osservanza scrupolosa della Legge. Custodire i comandamenti non ti da la vita: Paolo ci dice in tutte le salse che la salvezza non viene dalla Legge. "Signore siamo stati fatti per te, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te" , diceva Agostino. E allora come la ereditiamo la vita eterna? Gesù, "guardando dentro di lui, lo amò" (v.21). Ecco come sono gli occhi di Dio quando gli si lascia vedere nelle profondità del cuore. E' una espressione centrale del racconto. Lasciarsi raggiungere o non raggiungere da questo sguardo è la porta d'accesso o meno alla vita eterna. Conoscere Chi mi guarda così e lasciarsi conquistare da Lui è vita eterna. Ma c'è un problema. Quell'uomo sembrava avere tutti i requisiti per entrare, invece gli mancava quello fondamentale, che è quello di amare Dio e i fratelli sopra ogni cosa (il comandamento più importante di tutti). Perciò, quello sguardo d'amore incontrato che si rivolge ad ogni essere umano divenne per lui fonte di tristezza. Quello che Gesù dice a quell'uomo (v.21) non è un consiglio, come a volte (purtroppo) ancora si sostiene: è proprio quello che gli manca per ereditare la vita eterna! Sapete che il giornalista francese Raoul Follereau è chiamato "l'Apostolo dei lebbrosi" per l'instancabile servizio reso a loro, lungo l'arco della sua vita, per far conoscere la situazione indegna in cui vivono e per muovere il mondo intero a lavorare per guarire o migliorare le loro condizioni di vita. Quando ero più giovane ascoltai l'aneddoto che Raoul stesso narrava nelle sue conferenze per tutto il mondo volte a sensibilizzare l'opinione mondiale verso i lebbrosi. Raccontava che un giorno si vide giungere una lettera da una donna molto benestante della sua amata Francia con un cospicuo assegno in denaro. Dentro vi era una singolare richiesta che più o meno si esprimeva così: "Egr. sig. Follereau, eccole la somma di nn. in franchi francesi a sostegno dei lebbrosari da lei conosciuti. Però, per favore, la pregherei di far interrompere l'invio del bollettino informativo mensile all'indirizzo della mia abitazione; vedere ogni volta in foto quei corpi orribilmente mutilati e le condizioni di vita in cui versano comincia a togliermi delle ore importanti di sonno". Raoul Follereau rispose alla missiva con un'altra lettera, rinviando quello stesso assegno al mittente. Ivi c'era scritto: "Gentile sig.ra N., ecco di nuovo a lei l'assegno che mi aveva spedito. Non se ne abbia a male, ma preferisco venire in casa sua a toglierle qualche ora di sonno piuttosto che ricevere del denaro che non ha il suo cuore per questi nostri fratelli sofferenti ed emarginati". Avrei voluto vedere il volto di quella donna quando si vide riconsegnato l'assegno con la risposta di Follereau. Penso che dovesse essere molto simile al volto rabbuiato dell'uomo del vangelo che se ne andò intristito per le parole di Gesù. Conosciamo poi il crescendo dello sconcerto dei discepoli che sentono il Maestro incalzare sulle enormi difficoltà ad entrare nel Regno di Dio, in primo luogo per chi possiede molte ricchezze (vv.23-26). E' lo sconcerto di tutti quelli che anche oggi hanno il coraggio di riconoscere quanto siamo attaccati più ai beni che a Colui che ci benefica. E' lo sconcerto di chi avverte che entrare nella vita eterna è qualcosa di molto difficile perché molto concreto: qualcosa che si misura sulla libera decisione di servire Dio e non Mammona (cfr. Lc 16,13), nel dare ai poveri per amor loro e di Dio perché è l'unico modo per avere un tesoro in Cielo, ovvero per entrare nella vita eterna. Lo sconcerto è tale che fa sussultare i discepoli nel dirsi l'un l'altro: "e chi può salvarsi?". il Signore Gesù rincara la dose: non è molto difficile, è proprio "impossibile presso gli uomini, ma non presso Dio" (v.27). Il vangelo dice che queste parole il Signore le esprime "guardandoli in faccia", che si può anche tradurre "guardandoli dentro". Meravigliosa espressione di Marco evangelista: lo stesso sguardo che si era posato su quell'uomo ricco. Lo sguardo franco del Signore è sempre sguardo di amore, ci dice in faccia come stanno le cose, non ci nasconde mai la verità: non si può amare Lui e le ricchezze, o si ama Lui o si ama il denaro, c'è poco da ragionare. Ma le sue parole spalancano il cuore alla speranza. Infatti, se facciamo conto su di noi, siamo spacciati, siamo tutti come ridicoli cammelli che cercano di entrare per la cruna di un ago, troppo gonfi per entrare in un Regno fatto per i piccoli. Se invece ci lasciamo conquistare dall'amore del Signore per noi tutto è possibile, perché il suo mestiere è fare quello che è impossibile all'uomo. Ma bisogna fidarsi di quello che ci dice. Bisogna davvero credere che Lui è il tesoro per il quale vale la pena donare tutto ai poveri! Da Zaccheo a Francesco d'Assisi a Raoul Follereau...una schiera innumerevole di fratelli che ci ha preceduto ci assicura che è il miglior affare che ci possa capitare nella nostra vita! Vi auguro di concludere questo affare al più presto: non ve ne pentirete! |