Omelia (18-10-2015)
Michele Antonio Corona


Riservato! Questo è il biglietto più frequente che si trova su un determinato banco o scranno durante una importante cerimonia. Quando si organizza un evento a cui dare rilievo si prova sempre ad invitarvi personaggi illustri che possano essere la cartina tornasole della serata. Avere un personaggio noto è la trovata commerciale delle discoteche, delle serate in piazza, degli eventi musicali.

I due Boanerghes lo avevano capito da molto tempo prima dell'avvento della pubblicità televisiva. Si sentivano dei "fenomeni da baraccone" da poter sdoganare nelle migliori piazze della terra palestinese. Avevano bisogno solo di una cosa: l'approvazione del Maestro. Stare a destra e sinistra era uno dei più grandi onori in un banchetto, in un'assemblea, durante una lezione pubblica del Rabbi. La versione di Matteo, molto più prudente di Marco, attribuisce alla madre dei fratelli quella domanda così scomoda e imbarazzante.

Su questo punto dobbiamo soffermarci: la Chiesa primitiva non ha avuto timore di riferire anche le più malagevoli esternazioni dei Dodici. Essi non sono presentati dai vangeli come degli arrivati, ma come coloro che per primi hanno avuto bisogno dell'accompagnamento del Maestro. I figli di Zebedeo mostrano di essere gli ultimi della serie tra coloro che non comprendono le parole del Cristo (Pietro in 8,32ss. e i Dodici in 9,33). Ogni volta che Gesù annuncia la sua passione ed il cammino che lo attende, qualcuno dei vicini lo rimbrotta e cerca di "riportarlo coi piedi per terra". Il Maestro li imbarazza, sembra puntare troppo in alto, sembra esagerare nelle tensioni.

La domanda dei due fratelli potrebbe al lettor odierno suscitare tenerezza: "Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra". Siamo sinceri: chi di noi non avrebbe avuto la tentazione di chiederlo? Quanti di noi non desiderano correre affianco al più potente? Alla persona di successo? Quanti non fanno di tutto per esse "visibili" al proprio docente universitario, al direttore d'azienda, al capoufficio, al responsabile, etc...? Non biasimiamo i due fratelli con sufficienza credente o con mentalità spiritualista! Ma il loro intento era proprio quello di essere i primi? Essi sono pronti, al rimbrotto del Maestro, a sostenere la sua sorte definita come "battesimo". Essi sono stati rinominati Boanerghes, cioè passionali, istintivi, esplosivi, tonanti. Gesù sapeva mettere bene i soprannomi! Questi due fratelli si lanciano in una richiesta superiore alle loro forze ed esagerano. Come spesso capita a noi nella foga della vigoria spirituale: capaci di tutto.

Gesù, con la sensibilità che gli è propria, non ridicolizza il desiderio dei due, ma lo incanala e lo orienta. La brama di avere dei posti riservati non è totalmente fuori luogo, ma deve essere ricompresa nell'ottica della buona notizia. Solo chi entra in questa dinamica, che prevede la morte ed il battesimo di fuoco, può sedersi vicino al Maestro. La richiesta dei due fratelli non può che evocare direttamente il contesto della passione sia per il calice e sia per la posizione del Maestro crocifisso tra due. Quando si scrivono queste pagine Giacomo, uno dei due fratelli, è già verosimilmente morto. Pertanto il calice è già stato bevuto fino in fondo, ma il messaggio di Gesù è che non basta morire per stargli a destra o sinistra. Il martirio non è una condizione del "fine vita", ma l'atteggiamento quotidiano del dono. Non ci si improvvisa martiri/testimoni davanti alla morte, se non si è vissuta gradualmente la tensione alla testimonianza.

I due fratelli procrastinano il "sedere affianco" al momento della gloria. Gesù sostiene che non è quello il momento esatto per ottenere questo privilegio, ma è nell'oggi che si può "bere il calice ed essere battezzati con lo stesso battesimo del Maestro". Occorre vivere per amore, occorre donare per amore, occorre chinarsi a servire gli ultimi per essere grandi. Solo chi ha il coraggio di chinarsi può essere grande; solamente chi riesce a vivere da servo (non travestirsi da servo) può entrare nella dinamica del regno di Dio.

Il salmo responsoriale (32) favorisce la meditazione orante del mistero di Dio. Per tre volte si ripete il termine "amore" riferito a Dio e si afferma che Dio "ama il diritto e la giustizia". E l'amore non è il sentimento dei deboli o degli illusi, bensì lo stato di vita degli impavidi, dei forti, dei coraggiosi, dei testimoni e dei martiri. Per questo prima e seconda lettura presentano il servo di YHWH e il sommo sacerdote Cristo secondo l'ottica della condivisione della debolezza umana per offrirci l'aiuto nel momento opportuno.