Omelia (25-12-2004)
don Fulvio Bertellini
Natale a rischio

Il bambino minacciato

Il cortocircuito tra Natale e Domenica della Santa Famiglia ci priva quest'anno della festa di Santo Stefano, ma nello stesso tempo crea un interessante accostamento, che ci porta a considerare in maniera diversa la festa. Il bambino appena nato è già un bambino minacciato, e, almeno nel Vangelo di Matteo, sta da subito sotto il segno della Passione. Il suo arrivo è percepito come un pericolo da chi sta al potere, costringendo la Santa Famiglia a nascondersi, a fuggire: anche chi sta dalla parte di Gesù è coinvolto nella minaccia. Anche il Prologo del Vangelo di Giovanni contempla amaramente la stessa realtà: "venne tra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto". Ma perché vogliamo impegolarci in questo aspro discorso, del Natale che fa paura alle consolidate certezze umane, del Natale respinto, isolato, emarginato? Perché non parlare di gioia, amore, fratellanza, solidarietà e tolleranza, e dei buoni sentimenti che suscita in noi la festa?

Natale pericoloso

In realtà, il Natale è una festa pericolosa. Il Natale cristiano intendo, non il Natale consumistico, che però quest'anno è già in ribasso di suo, e non c'è bisogno di infierire. Basta la sensazione della crisi, ed ecco che il meccanismo della festa si inceppa. L'incertezza del futuro fa sì che le persone non siano tanto disposte a spendere e consumare. E' un bene questo? E' un male? Il cristiano deve consumare di più o consumare di meno? E' un discorso che ci porterebbe lontano, e non abbiamo il tempo di affrontarlo: concentriamo allora lo sguardo su Gesù. E scopriremo la costante provocazione che viene dal suo Natale...

Tutto è stato fatto per mezzo di lui

"In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio": il Vangelo di Giovanni si apre con un richiamo al libro della Genesi. Riscrive la storia delle origini: la creazione parte dal Verbo, dalla Parola eterna di Dio. Il mondo ha origine in Dio stesso, e porta l'impronta della sua Parola. La nostra cultura ha da tempo rinunciato a indagare sulla realtà del mondo, sulla sua costituzione: la nostra scienza/tecnologia si interessa a misurare, a calcolare, a modificare il mondo. Non interessa che cosa sia la realtà: interessa come poterla usare. Non è un fatto del tutto negativo: proprio dall'atteggiamento pratico-manipolatorio deriva il benessere del nostro mondo occidentale, la lotta alle malattie, la fine di pregiudizi, di caste sociali inamovibili, l'affermazione della libertà della persona... Non ci accontentiamo della realtà: pretendiamo di poterla cambiare, rendere migliore. Il rischio è però di disincarnarci. Di perdere di vista la concretezza, la "pesantezza" del reale, inseguendo i nostri sogni.

Riscoprire il senso del reale

Per poi doverci pesantemente risvegliare, quando i nostri sogni sono divenuti incubi. La natura violentata si ribella; l'imprevisto viene a sconvolgere i nostri calcoli tecnologici; basta una scossa di terremoto, un nubifragio, uno smottamento a mettere in crisi le nostre strutture; scopriamo che il prezzo da pagare a un certo tipo di progresso sono inquinamento, malattie, perdita di alcuni fattori di qualità della vita. Il Natale ci trasmette innanzitutto un atteggiamento "contemplativo" di fronte alla realtà. A riscoprire la concretezza e la bellezza delle cose create. A riscoprire noi stessi come creature, e non padroni assoluti. E quindi a riscoprire la nostra responsabilità in un mondo che sempre più è affidato alle nostre mani e alle nostre scelte.

La luce splende nelle tenebre

Il Natale di Gesù mette dunque in discussione la nostra pretesa tecnologica; ma allo stesso modo ridimensiona la nostra pretesa ideologica. Pretendiamo di darci da noi stessi valori, fini, obiettivi. Pensiamo che ogni individuo debba essere libero di scegliere ciò per cui intende spendere la sua vita, ricercando la propria felicità. Rifiutiamo ogni imposizione di valori, ogni limite imposto alla libertà personale. Ci sentiamo liberi soltanto quando non siamo condizionati da nessun freno, da nessun vincolo, se non quelli che liberamente ci poniamo. Si tratta in effetti di una conquista positiva: che ha portato a riscoprire il valore della persona, dell'individuo, che non può essere forzata dall'esterno. Non è possibile costringere nessuno ad aderire a determinati valori, imposti da altri individui o dalla società.
Tuttavia il Vangelo di Giovanni ci ricorda: esiste una luce, e solo questa luce è collegata con la vita. Al di fuori di questa luce, ci sono le tenebre. Ora, nessuno di noi può pretendere di avere il pieno possesso della luce, e nessuno di noi può arrogarsi il diritto di giudicare che un'altra persona è "tenebra": solo Dio è luce, e solo Dio può eventualmente giudicare chi sta nelle tenebre.

Verso una nuova libertà

E proprio quel bambino, figlio di Dio, nato nella grotta, diviene criterio discriminante: in maniera umile, discreta, senza invadere il nostro spazio di libertà, ci interpella, svela la direzione del nostro cammino, mette a nudo il nostro cuore. Rinunciare a certi valori, compiere certe scelte, significa passare dalla parte della morte e delle tenebre. Come Erode, che alla sola notizia vaga della nascita di un "re dei giudei", compie una strage. Si manifesta così il suo cuore omicida, la sua avidità di potere che lo trascina nelle tenebre. Il Natale è inquietante per tutte le strutture di potere: perché il bambino Gesù esercita un fascino particolare sulle coscienze, esercita un potere speciale sui cuori, li sottrae ai meccanismi soliti dell'orgoglio, dell'avidità, della paura. Il bambino Gesù ci fa scoprire una libertà diversa, la libertà di donare, di amare, di condividere... e per chiunque esercita un potere basato sulla ricchezza, sul compromesso, sulla corruzione, sulla costrizione, sulla seduzione, sulla paura questa è la più grande minaccia. Anche per noi forse: a quale potere noi chiniamo il capo? Da chi ci lasciamo comandare?

Parola fatta carne

Ecco dunque perché il Natale è pericoloso: perché ci riporta con i piedi per terra, ci ridona uno spirito umile, riapre la nostra fantasia ai progetti di libertà di Dio, risospinge i nostri occhi a guardare verso la luce, libera i nostri cuori dalle paure e dalle schiavitù di cui si servono i potenti... e soprattutto toglie dai nostri piedi il piedistallo su cui ci collochiamo volentieri: la pretesa di essere i padroni assoluti della nostra vita, di poterla costruire e gestire a nostro piacimento, a nostro arbitrio, senza doverci confrontare con nessuno. Ecco, confrontarsi è la parola giusta: Gesù fa tutto questo, semplicemente incarnandosi, confrontandosi con noi. Mettendo la sua presenza nella nostra storia, immettendo la sua forza divina nella nostra umanità. Celebrare il Natale significa rendere presente oggi in mezzo a noi il piccolo, grande evento del Dio che si fa uomo, cominciando dall'essere bambino. Che vuole diventare nostro re, cominciando a farsi nostro servo. Che vuole insegnarci ad amare, partendo dal lasciarsi amare e accudire.


Flash sulla I lettura del giorno di Natale

"Tutti i confini della terra vedranno la salvezza del nostro Dio": questa profezia si avvera a Natale: non possiamo fare a meno di constatare che in qualche modo in questo giorno in "tutti i confini della terra" si ricorderà in qualche modo la nascita di Cristo. C'è chi si accontenta di questo ricordo tradizionale-popolare, e pensa che forse va già bene così. C'è chi invece denuncia che non serve a nulla, che gli uomini del nostro tempo non conoscono Cristo, e che il Natale è ridotto a un baraccone pubblicitario-consumistico. C'è infine chi si rimbocca le maniche, e coglie l'occasione costituita dalla festa per dare segnali di testimonianza, di amore di annuncio. E' vero: non è automatico che la tradizione porti la conversione e l'avvicinamento a Cristo. Ma siamo sicuri che sia un'occasione da lasciar perdere?

Flash sulla II lettura del giorno di Natale

"...per mezzo del quale ha fatto anche il mondo... sostiene tutto con la potenza della sua parola": l'autore della lettera agli Ebrei, così come il Vangelo di Giovanni, sottolinea esplicitamente il ruolo del Figlio nella creazione e nel governo del mondo. Il mondo di cui si parla non è un'entità estranea, contrapposta a Dio, ma da lui continuamente sorretta e amata. Il mondo tecnologico, modificato dall'uomo, tende a dimenticarsi da dove proviene, e a violentare, più che custodire, la realtà. Con l'incarnazione, Cristo entra nel mondo quasi in punta di piedi, operando una vera e propria rivoluzione, ma senza sconvolgimenti. E ci indica la via per continuare un'autentica trasformazione, fino a quando egli sarà costituito "erede di tutte le cose".