Omelia (18-10-2015)
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COMMENTO ALLE LETTURE
Commento a cura di Rocco Pezzimenti

1. C'è chi ha sostenuto che, dopo duemila anni, il Cristianesimo è stato compreso in modo ancora superficiale, pochi hanno recepito completamente la sua sostanza. Questo brano del Vangelo sembra avvalorare questa ipotesi. Giacomo e Giovanni fanno una richiesta non degna di loro, una richiesta che, però, a ben vedere, chiunque di noi, ancora oggi, sembra portato a fare. Signore, "fa' che, nella tua gloria, noi sediamo uno alla tua destra e uno alla tua sinistra". Fa', insomma, in modo che noi possiamo essere bene in vista rispetto a tutti gli altri, anche se gli altri, pure loro apostoli, sono eguali a noi. Non importa. La richiesta è preceduta da un desiderio: "vogliamo che tu ci conceda ciò che ti chiederemo".
2. Conoscono la forza del loro Maestro. Hanno già visto ogni sorta di miracoli e dovranno essere rimasti stupiti nel sentirsi rispondere: "Voi non sapete ciò che chiedete". Il Signore parla di sacrificio, di battesimo di sangue, ma sembra quasi che nessuno lo ascolti tanto che, mentre parla, gli altri dieci "cominciarono ad adirarsi contro Giacomo e Giovanni". Gesù dovette provare una profonda mestizia nel vedere quanto fossero fuori strada quelli che dovevano essere i suoi più stretti collaboratori. Allora li catechizza in modo esplicito, senza parabole, senza giri di parole ricordando loro che, quelli che si dicono suoi intimi seguaci, debbono cambiare modo di ragionare, allontanarsi da una visione mondana.
3. Nel mondo, infatti, quanti sono considerati capi spadroneggiano verso i loro simili; "tra voi, invece, non è così, ma chi vuol diventare grande fra voi dovrà essere vostro servo". E tutto ciò non basta: "e chi tra voi vuole essere il primo dovrà essere il servo di tutti". Uno sgomento, è certo, si sarà dovuto impossessare degli astanti. Il Cristo, però, non gli diede certo peso e prendendo sé come punto di riferimento disse chiaramente di non essere "venuto per farsi servire ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti", quanto poi alla richiesta dei due aveva già anticipato che spettava al Padre concederlo. C'è da immaginare il silenzio tombale che ne seguì e la conseguente vergogna degli astanti.
4. Ancora non avevano capito niente del Re e del regno. Il loro imbarazzo evidenziò maggiormente la grandezza del Signore e della sua misericordia. Ci ricorda san Paolo che solo questo sommo sacerdote è capace di compatire le nostre infermità. Per questo si è fatto uomo, per divenire "uno che, alla stessa guisa di noi, è stato provato in tutto, tranne il peccato". Questo ci deve dare soprattutto la sicurezza di avvicinarci a Lui nella convinzione di "ottenere misericordia e trovare grazia".
5. Isaia, intravedendo tutto ciò, aveva profetizzato che il Cristo sarà prostrato dai dolori "poiché offrirà se stesso in espiazione", in modo libero e volontario come solo l'amore sa fare. Per questo avrà una discendenza più longeva del padre Abramo. Iddio dice di lui che "il mio giusto servitore giustificherà molti", non rinfacciando loro più i loro peccati, ma, al contrario, "Egli si addosserà la loro iniquità". Il suo tormento non sarà fine a se stesso, perché, tramite esso, "vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza". Ecco quello che ci attende in modo pieno e inesauribile.