Omelia (18-10-2015)
don Luciano Cantini
Battezzati nel servizio

Vogliamo che tu faccia

È estremamente giusto avere delle aspettative, sognare un futuro, avere delle ambizioni. Ognuno impegna le proprie energie per raggiungere obiettivi e traguardi. I figli di Zebedeo, invece, sembrano pretendere qualcosa dal Signore - vogliamo che tu faccia - hanno una richiesta forte da fare, forse un diritto da accampare.

È bene non indignarsi, come hanno fatto gli altri dieci, che probabilmente avrebbero voluto la stessa cosa, perché siamo fatti della medesima pasta: si aspira al successo nelle grandi e nelle piccole cose e siamo sempre pronti a cercare vie brevi e strade traverse, raccomandazioni. La nostra società è vittima di questo modo di operare tra tangenti e corruzione. Siamo arrivati addirittura a barattare desideri, aspirazioni, tendenze, ambizioni come diritti da pretendere.


Sedere, nella tua gloria,...

Non è facile, o forse lo è troppo, capire il perché della richiesta di partecipare della gloria del Signore. La gloria ipotizzata non è quella dei cieli, più concretamente è il regno messianico che sarebbe dovuto sorgere una volta cacciati i romani dalla Palestina. Una gloria tutta umana fatta di potere e prestigio. Non siamo autorizzati a giudicare, tutte le carriere politiche iniziano con la generosità, ideali elevati, voglia di impegno che poi si sacrificano per il raggiungimento di obiettivi dando spazio a compromessi e strategie.

Anche nella Chiesa succede la stessa cosa se più di quaranta anni fa Joseph Ratzinger scriveva: La chiesa sta diventando per molti l'ostacolo principale alla fede: Non riescono più a vedere in essa altro che l'ambizione umana del potere (Introduzione al Cristianesimo, 1968).


Uno alla tua destra e uno alla tua sinistra

Giacomo e Giovanni chiedono un posto di responsabilità o soltanto il prestigio di un posto d'onore? Pensano forse di essere superiori ai loro compagni o immaginano di essere più disponibili?

San Paolo dice chiaramente Desiderate invece intensamente i carismi più grandi (1Cor 12,31) ma anche non valutatevi più di quanto conviene, ma valutatevi in modo saggio e giusto (Rm 12,3). Non possiamo dare una risposta per loro ma ognuno di noi è chiamato ciascuno secondo la misura di fede che Dio gli ha dato (ibid) a misurarsi con se stesso, a verificare le proprie aspirazioni e desideri, a cercare il luogo dove sentirsi a casa, in pace con se stesso, sulla strada che Dio ha indicato, in armonia con le persone che vivono accanto.


O essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato

Il calice e il battesimo sono immagini chiare di quel mistero pasquale che il Signore Gesù sta vivendo e che chiede a ciascuno di vivere con lui: Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua (Mc 8,34). Gesù li rassicura in questa loro sequela: anche voi sarete battezzati. Questa possibilità ci deve rendere contenti perché vi troviamo il senso della vita nella fede nel Signore e la possibilità di seguirlo, il resto lasciamolo nelle mani del Padre. Seguire il Signore dovrebbe essere così appagante dal non lasciarsi contaminare da scelte mondane: tra voi però non è così. Non è una prospettiva ma una costatazione di fatto, insita nella dimensione del discepolo, o meglio nella comunità dei discepoli.


Sarà schiavo di tutti

È proprio del discepolo di Cristo essere servo (diakonos) e schiavo (dulos): non è un problema morale, una scelta comportamentale, un piegarsi necessario per un bene maggiore, un ruolo da ricoprire, un potere mascherato da servizio, un atteggiamento utile o necessario. All'espressione servo è aggiunta la dimensione dello schiavo, per liberare qualsiasi equivoco e accentuare la dipendenza verso tutti nel servizio: ciascuno di voi con tutta umiltà consideri gli altri superiori a se stesso (Fil 2,3-4).