Omelia (18-10-2015) |
don Roberto Rossi |
Chi è il più grande? Colui che ama di più! Questa domanda è una di quelle domande così tanto presenti nella nostra vita da farci perdere la pace. A scuola bisogna essere dei numeri uno; nello sport o al lavoro occorre primeggiare per non essere sostituiti; in rete conta chi è più cliccato; in famiglia «Chi è il preferito di mamma?» e in Chiesa... la questione non cambia. E così facendo ci ritroviamo a vivere una vita continuamente sotto stress, alla costante caccia di stima, primi posti, riconoscimenti. Giovanni, non un apostolo qualunque ma il preferito, il più vicino, il più intuitivo, chiede per sé e per suo fratello i primi posti. E l'intero gruppo dei dieci immediatamente si ribella, unanime nella gelosia. È come se finora Gesù avesse parlato a vuoto: «Non sapete quello che chiedete!». Non sapete quali argini abbattete con questa fame di primeggiare, non capite la forza oscura che nasce da queste ubriacature di potere, che povero cuore ne esce. Ed ecco le parole con cui Gesù spalanca la differenza cristiana: «tra voi non sia così». I grandi della terra dominano sugli altri... Tra voi non è così! Credono di governare con la forza... non così tra voi! Le parole di Gesù sono parole opposte alla nostra mentalità. Eppure sono il solo futuro possibile. Il futuro di un mondo segnato non da arrivismi sterili, in cui ognuno scavalca il proprio fratello o sorella, ma da intelligentissime gare di stima reciproca, di solidarietà e condivisione. Chi vuole diventare grande tra voi... Una volontà di grandezza è innata nell'uomo. Gesù non condanna questo, non vuole nel suo regno uomini e donne incompiuti e sbiaditi, ma pienamente fioriti, regali, nobili, fieri, liberi. La santità non è una passione spenta, ma una passione convertita: chi vuole essere grande sia servitore. Si converta da "primo" a "servo". Cosa per niente facile, perché temiamo che il servizio sia nemico della felicità, che esiga un capitale di coraggio di cui siamo privi, che sia il nome difficile, troppo difficile, dell'amore. Eppure il termine servo è la più sorprendente di tutti quelli che applica a sé: «Non sono venuto per farmi servire, ma per essere servo». Servo allora è un nome di Dio; Dio è mio servitore! Dio non è il Padrone dell'universo, il Signore dei signori, il Re dei re (è anche questo): è il Servo di tutti! Non tiene il mondo ai suoi piedi, è inginocchiato lui ai piedi delle sue creature; non ha troni, ma cinge un asciugamano. Come sarebbe l'umanità se ognuno avesse verso l'altro la premura umile e fattiva di Dio? Se ognuno si inchinasse non davanti al potente ma all'ultimo? Non vogliamo farsi servire da chi ci sta attorno. Ma servire, amare, fare noi tutto quello che possiamo fare per gli altri: in casa, in parrocchia, nella vita di ogni giorno. |