Omelia (18-10-2015) |
don Michele Cerutti |
I fratelli, figli di Zebedeo, nella loro semplicità assumono anche una certa simpatia. Quando entrano in Samaria davanti a quel modo di procedere dei samaritani che non accolgono il Maestro invitano Gesù stesso a far scendere il fuoco. Oggi escono allo scoperto e chiedono, quello che altri covavano come richiesta, ma si vergognavano di esporre, un posto di prestigio quello di sedere a destra e sinistra nel regno di Dio. Non hanno fatto la figura dei primi della classe, ma per Gesù è stato utile per insegnare a tutti quelli che si indignavano a non cadere anche loro nello stesso errore. La sequela di Gesù non va letto nella logica di potere, ma nella logica del servizio. Fuori dalla logica umana di acquistare il potere a tutti i costi. Un potere che deve diventare già su questa terra in questa logica. Esempi meravigliosi li abbiamo. Penso a Re Baldovino di Belgio. A rendere l'ultimo omaggio al "re buono", il giorno del suo funerale, è venuta anche una giovane prostituta filippina, Luz, una delle vittime della tratta delle "schiave del sesso", salvata dalla strada e dalla prigione grazie all'intervento di Baldovino. Poche frasi in inglese, lette dal pulpito: "Vengo da Manila. racconta Luz. Mi era stato promesso un buon lavoro in Europa. Ma qui alcuni uomini belgi ci hanno chiuso in un club e costrette a prostituirci. Abbiamo pianto, ma nessuno ci ha aiutato. Ci trattavano come schiave. Sono fuggita, ma la polizia mi ha arrestata". "L'anno scorso. aggiunge Luz. il re è venuto a trovarci ad Anversa. Eravamo in cinque. Il re mi ha preso la mano e mi ha ascoltato. Ed è stato il solo". I belgi hanno osservato stupiti la ragazza che piangeva mentre Chris de Stoop, autore di un'inchiesta sullo sfruttamento, leggeva la testimonianza: "Ci sono troppe vittime in questo Paese. Il re si batteva contro questo commercio del sesso. Ora, noi abbiamo perso un amico". In un articolo tratto da Tempi riporto un articolo che mi colpisce sempre: Il 4 aprile del 1990. In Italia c'era fermento per i Mondiali quando le Camere del Belgio approvarono un disegno di legge che depenalizzava l'aborto entro le prime dodici settimane di gravidanza. Il popolo belga aveva detto sì attraverso i suoi rappresentanti, ma c'era un problema: il re. La legge, per concludere il suo iter, aveva bisogno della sua firma di ratifica, ma la sua mano proprio non ce la faceva a firmare. Qualcosa, in lui, diceva di no a quella prassi che aveva tutti i crismi della correttezza istituzionale: democratica, moderna, evoluta. Si rischiò la crisi istituzionale. Alla fine dovette cedere, ma con uno di quegli stratagemmi che ti fanno amare gli stratagemmi. Cedette l'uomo di stato, non l'uomo. Re Baldovino abdicò per due giorni, smise di essere re per permettere l'iter legislativo in sua "assenza". Non fermò la legge sull'aborto, ma neppure la firmò. Ci insegnò una cosa grande, di fronte ai nuovi miti della modernità, del "ce lo chiede l'Europa", del "non si può fermare la storia". Ci insegnò che esiste una coscienza, nell'ultimo suddito come nel suo re. «So che agendo così - scrisse al Capo del Governo Wilfried Martens - non scelgo una strada facile e che rischio di non essere capito da un buon numero di concittadini. Ma è la sola via che in coscienza posso percorrere». C'era una volta un re di nome Baldovino. Lui e sua moglie, la spagnola Fabiola, avevano una grande fede cattolica. Avevano anche un dispiacere: non avevano potuto avere figli. Ecco i re da cui trarre esempi anche nella nostra vita semplice. |