Omelia (25-10-2015) |
padre Gian Franco Scarpitta |
La fede che ricupera la vista A S. Francesco di Paola, Fondatore dei Padri Minimi, si attribuiscono decine e decine di miracoli e parecchi sono gli episodi descritti nei quali viene avvicinato dalle masse di popolo che chiedono grazie e guarigioni. Taumaturgo, guaritore, esorcista, il Santo di Paola, divenuto Patrono di Marittimi italiani per aver attraversato lo stretto di Messina a bordo del suo mantello, era molto ambito e richiesto a causa dei prodigi che Dio realizzava per suo intervento e tuttavia in determinate circostanze non concedeva miracoli di sorta. "Chi non ha fede, non può aver grazia", soleva ripetere a quanti pretendevano guarigioni senza i dovuti meriti di apertura di cuore verso Dio e ai quali per l'appunto non concedeva il miracolo richiesto. Al re Luigi XI, che lo aveva appositamente chiamato per essere da lui guarito dal male incurabile di apoplessia, Francesco negò espressamente il suo intervento prodigioso, convincendo il monarca che la volontà del Signore (e soltanto quella andava seguita) era ben differente: avrebbe dovuto accettare serenamente il trapasso. Sebbene realizzasse numerosi interventi soprannaturali a favore soprattutto di ammalati e indigenti, non mancava mai di sottolineare che la condizione indispensabile per ottenere un prodigio miracolistico era la fede unicamente nel Signore e prima ancora di questa la conversione. Prescindendo anche dai miracoli, l'amore verso Dio può ottenerci tantissimi obiettivi. La fiducia incondizionata in lui, la sequela fedele e attenta del Signore Gesù Cristo, la buona volontà nel disporsi al bene con cuore libero, aperto e incondizionato sono le uniche condizioni per familiarizzare con Dio e per ciò stesso di ottenere ogni sorta di grazie spirituali e benefici materiali. La fede è in ogni caso una possibilità promettente ed esaltante e nessun miracolo avviene mai quando da essa non sia preceduto. E' vero che Gesù diverse volte interviene egli stesso anche prevenendo le richieste dei suoi interlocutori, come nel caso dei cieco nato (Gv 9, 1 - 8) ma la fede e l'affidarsi sono sempre caratteristiche pertinenti in ogni prodigio da lui operato. "La tua fede ti ha salvato", esclama Gesù dopo aver interloquito con questo pover'uomo che, prima rassegnato a battere la strada per chiedere l'elemosina, aveva espresso una grande disponibilità di fede chiamandolo "Figlio di Davide". Aveva cioè concepito Gesù all'origine delle antiche promesse rivolte a Israele. Aveva creduto in lui. Aprire gli occhi al cieco è espressione di gioia, liberazione e salvezza e chiunque nella Bibbia venga reso destinatario di questo beneficio da parte di Dio, viene dallo stesso Signore reso oggetto di amore e di predilezione nella consolazione e nella novità della vita nuova. E' sempre il Signore che opera il prodigio, soprattutto nel significato profondo della novità di vita che Dio apporta a tutti coloro che, seppure non vedano materialmente, dispongono di un cuore capace di covare amore, fedeltà e disposizione nei confronti della Parola di Dio. La fede stessa ci apre gli occhi e ci recupera la vista. Ciechi e zoppi sono per Geremia (Prima Lettura) particolare oggetto di predilezione e di amore da parte di Dio e diventano i privilegiati del Signore nell'ottica della salvezza, perché accanto ai poveri e agli emarginati si trovano nel numero di coloro che confidano esclusivamente in Dio e nel suo intervento. E Dio non può mancare di intervenire come "disobbligandosi" nei loro confronti. Nel rapporto fra Dio e noi a prendere l'iniziativa per primo è sempre Dio, il quale è motivato dalla gratuità assoluta dell'amore, questo dimostra l'intervento di Gesù che, sorprendendo l'atteggiamento di quanti rimproverano Baritmeo perché stia zitto e non si renda importuno, prende egli stesso l'iniziativa di convocare il povero cieco: "Chiamatelo" dice infatti, noncurante della consuetudine sociale di estromettere gli straccioni e i mendicanti. Quando Baritmeo si alza per recarsi al cospetto di Gesù, getta via il suo mantello. Nella Bibbia esso rappresenta la persona e non è la prima volta che lo si vede "gettare da parte". Baritmeo va incontro a Gesù, quindi, con l'intento di mettere da parte il suo passato e rimettere in discussione la sua vita e il suo normale rapporto con il Signore. Realizza così l'incontro con Gesù, assume connotati di profondità diretta e di reciproca fiducia profonda. Dio in Cristo aveva raggiunto Baritmeo e questi si lascia raggiungere e trasformare, ecco la fede. Realizza insomma con Cristo un rapporto personale che sa benissimo essere quello di apertura verso Dio. Il che gli guadagna il premio della guarigione fisica e spirituale., poiché accanto all'infermità ottica in senso materiale ve n'è un'altra più deprimente che riguarda la povertà spirituale che ci fa vedere ma non scrutare a fondo. L'incontro con Dio cambia pertanto radicalmente la nostra vita quando ci lasciamo raggiungere dalla luce inconfondibile che rischiata e illumina. E che soltanto la fede può garantirci. |