Omelia (01-11-2015) |
padre Gian Franco Scarpitta |
Con gli occhi della fede Abramo intercede per Sodoma, che non sarà distrutta dall'ira di Dio per i meriti di soli dieci giusti. (Gen 18, 16 - 37). Dio avrebbe voluto sterminare quella città, divenuta l'emblema del peccato e della perversione, ma per rispetto a pochissime persone probe, oneste e di vita dignitosa che vi abitano, ascolta la preghiera di intercessione del patriarca e risparmia un intero popolo dallo sterminio. Parimenti Mosè intercede per il popolo infedele, che, da lui guidato e condotto verso la Terra Promessa, alle falde del Sinai si è pervertito affidando se stesso all'immagine metallica di un vitello che si è creata fondendo anelli, collane e vari oggetti d'oro presenti nell'accampamento. Dio intende punire severamente tanta idolatria perfida e arrogante con la distruzione massiccia degli Israeliti, ma Mosè interviene con la sua preghiera che placa l'ira divina e ottiene il perdono e la misericordia(Es 32, 7 - 14). Sempre Mosè si rende mediatore presso Dio in tanti altri episodi, ad esempio quando chiede l'intervento divino per liberare gli Israeliti dai morsi letali dei serpenti velenosi: ottiene che Dio manifesti la sua potenza per mezzo di un apposito serpente di rame, guardando il quale il popolo è liberato dal pericolo dei serpenti reali (Nm 21, 4 - 9). Oppure quando chiede e ottiene la guarigione della sorella Maria dal morbo improvviso della lebbra (Nm 12, 9 e ss). Egli è quindi intercessore, perché, come lui stesso afferma, "sto fra il popolo e il Signore per recare al popolo la Parola del Signore"(Dt 5, 5). Per mezzo suo Dio dispensa grazie e benefici e lui si fa latore delle esigenze e delle richieste del popolo, anche quelle materiali. Anche Maria alle nozze di Cana intercede presso Gesù Cristo (Gv 2) per colmare la lacuna della mancanza di vino e per indurre tutti a confidare unicamente nel suo Figlio divino ("Fate quello che vi dirà"), considerando che il Figlio alla pari del Padre può tutto, che solo nel Signore vi è ogni possibilità di grazia mentre a noi tutto è possibile soltanto in lui che ci dà la forza (Fil 4, 11 - 12). L'intercessione non è un abuso di onnipotenza umana, ma un prezioso servizio svolto da uomini giusti che fanno da intermediari presso Dio per i loro fratelli. E' un intervento che nulla toglie alla divina onnipotenza e che non inficia la libertà decisionale del Signore nei nostri confronti: Dio non è condizionato e potrebbe anche prescindere dalla presenza di uomini giusti che intercedono. Dio vede certamente da se stesso, senza l'aiuto di alcun uomo, lo stato di necessità in cui versa il suo popolo (che saremmo anche noi) ed essendo egli stesso Amore e Misericordia può certamente provvedere di sua iniziativa. Non gli occorrono suggerimenti di uomini per intervenire. Ciò nonostante egli ascolta le preghiere dei suoi fedeli quando questi pregano per se stessi e ancor di più quando la loro preghiera mostra interesse per i loro fratelli, poiché in questo caso l'intercessione è anche un lodevole atto di carità. In effetti, quando noi preghiamo per gli altri, ci rendiamo tutti in qualche modo intercessori. Ogni volta che si prega per le necessità materiali e spirituali dei nostri fratelli Dio non può non compiacersi della nostra orazione, perché in essa vi è peraltro un esercizio di fede e di carità: ci si rivolge ad un Dio che sappiamo essere Padre di misericordia disposto ad ascoltare e ad accogliere le nostre richieste e ci si prodiga al contempo nell'attenzione premurosa verso i bisogni dei fratelli. Ma come Dio non potrebbe accogliere ed esaudire le preghiere di intercessione di uomini e donne di virtù provata, di rettitudine, di comprovata fede e speranza che in tutto e per tutto si sono mostrati fedeli a Lui nella sequela attenta e dedicata del suo Figlio Gesù Cristo? Tali sono coloro che noi definiamo i Santi. Essi hanno ottenuto l'onore dei nostri altari a motivo della loro perseveranza nell'imitazione perfetta del Signore Gesù Cristo e per l'eroismo particolare nell'esercizio delle virtù. Hanno ottenuto la "corona di giustizia dopo il buon combattimento per la fede" (2Tm 4, 7 - 8), la fama degli altari che molto spesso consegue alla trascuratezza nella vita di questo mondo, la gloria immensa che fa seguito alle umiliazioni e alle altrui prevaricazioni. In una parola hanno raggiunto il Paradiso e la visione beatifica di Dio, dopo aver tanto lottato per incontrare lo stesso Dio con gli occhi della fede e della speranza, nel turbinio dei mali e delle avversità di questo secolo. I Santi sono stati uomini come tanti altri, ciascuno con la propria storia, ognuno immedesimandosi nel suo quotidiano e nella sua particolare dimensione epocale. Anche essi come tutti gli altri hanno patito, lottato, sofferto. Come pure hanno gioito e si sono rallegrati per obiettivi raggiunti, parimenti ai sospiri per le ansie subite. A ciascuno è stato chiesto un particolare ambito di lotta e di esercizio della virtù che lo ha caratterizzato singolarmente rispetto a tutti gli altri. Ciascuno ha vissuto la propria esperienza di martirio, cioè di testimonianza, alcuni fino all'effusione del sangue, altri nella quotidianità sociale, altri ancora nella solitudine e nel nascondimento. Nessuno di essi è stato un superuomo o ha avuto particolari doti di invulnerabilità fisica o morale, perché la natura di questi uomini era pari alla nostra. Tutti in ugual misura sono stati però perfetti come Perfetto è il Padre nostro che è nei cieli (Mt 5, 48), correndo con perseveranza e fiducia in fede, speranza e carità. Tutti si sono mostrati irreprensibili, non solamente in ragione delle loro qualità personali ma anche e soprattutto per aver usufruito i favori della grazia divina che illumina, incoraggia e santifica. Di conseguenza adesso meritano di godere della giusta ricompensa di gloria eterna nella visione beatifica conseguita, e della ricchezza di onori che (in tantissimi casi) venivano loro negati durante la vita terrena, Come dice la Scrittura stessa anche a proposito di questi nostri uomini: "Facciamo l'elogio degli uomini illustri, dei nostri antenati per generazione. Questi furono uomini virtuosi, i cui meriti non vanno dimenticati."( Sir 44, 10). In ragione di tutto ciò, possiamo legittimante affermare che i Santi intercedono per noi presso Cristo; ci spronano alla richiesta delle grazie divine accogliendo le orazioni che per mezzo loro noi rivolgiamo a Dio. Sempre che la nostra devozione non si trasformi in vana superstizione o in vacua formalità esteriore, la nostra orazione rivolta ai Santi potrà anche ottenerci da Dio favori e interventi del tutto speciali. La preghiera del giusto è sempre gradita a Dio sia che questi preghi per se stesso sia che orienti la sua orazione per gli altri. L'onnipotenza dei miracoli e delle grazie appartiene certamente a Dio; la potenza di intercessione appartiene a chi gli è stato fedele. L'intercessione dei Santi è tuttavia apportatrice di frutti ancora più copiosi quando da essa noi traiamo sollecitudine verso il Signore, amore per la sua Parola e predisposizione a fare la sua volontà. Avendo essi raggiunto il traguardo della pace e della visione infinita del Dio in cui essi hanno sempre sperato, ci sono di sprone affinché anche noi procediamo più spediti verso la stessa meta, incontrando il Signore giorno per giorno nei percorsi della vita presente e del tempo di cui siamo chiamati a disporre. Tale è del resto l'obiettivo della nostra vita cristiana: essere come loro che a loro volta sono stati come Cristo e Questi come il Padre. Il Concilio Vaticano II ci ragguaglia del fatto che tutti possiamo essere Santi, cioè perfetti e irreprensibili e poiché tutti siamo destinati alla salvezza, tutti allo stesso modo possiamo raggiungere la medesima corona di gloria dei Santi. Anzi, a dire il vero, tutti siamo chiamati ad essere Santi perché appunto nessuno è dispensato dall'eroismo della virtù e della perfezione. In Gesù Cristo nostro Signore vi è già l'esempio sufficiente di "uomo perfetto" che è alla radice della trasformazione storica del soggetto umano e nostra vocazione è la perfetta imitazione di Lui, completo nella sua umanità e nella sua divinità, uomo perfetto che ha restituito ai figli di Adamo la somiglianza con Dio (Gaudium et spes). La presenza di tanti uomini e donne che adesso arricchiscono intere biblioteche di agiografia coronando di figure e di colori gli altari delle nostre chiese, ci sprona ulteriormente a che questa perfezione venga concepita come ben lungi dall'essere mera utopia. Essa ci viene presentata piuttosto come prospettiva concreta di umana realizzazione e come possibilità di felicità nonostante le prevaricazioni di questo mondo, poiché nell'atteggiamento dei Santi qualsiasi situazione vediamo affrontata con spirito di fede e di coraggio e con fiducia e perseveranza. Chiediamo allora ai Santi che intercedano per noi presso Dio affinché anche noi come loro cin affasciniamo della vita secondo il suo Figlio. |