Omelia (01-11-2015) |
mons. Roberto Brunelli |
La globalizzazione alla prova dei santi La serie delle domeniche del tempo ordinario oggi si interrompe, ricorrendo la solennità di Ognissanti (o meglio, nel suo titolo corretto, "Tutti i santi") che in molte Diocesi avrà un'appendice nei prossimi giorni, quando si ricorderanno insieme quanti di loro, per nascita o altri motivi, a ciascuna di esse sono particolarmente legati. Il vangelo della festa (Matteo 5,1-12) è costituito dalle beatitudini, vale a dire gli inviti di Gesù, seguendo i quali si è sicuri di conseguire la santità, intesa come la vita eternamente felice insieme con lui. Quella vita di cui offre una fugace descrizione la prima lettura (Apocalisse 7): "una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua", che in vesti candide, rami di palma in mano, grida a gran voce le lodi di Dio. Una moltitudine: i santi dei quali oggi si celebra la festa sono quelli noti, i circa 170 dei quali si fa memoria nel corso dell'anno, e gli altri, oltre tredicimila, riconosciuti tali dalla Chiesa, che spaziano dai contemporanei di Gesù ai genitori di Santa Teresa di Lisieux, proclamati santi due domeniche fa in Piazza San Pietro a Roma. Ma non solo questi; i santi oggi celebrati sono anche gli innumerevoli nascosti tra le pieghe della storia, sconosciuti a noi ma non a Dio, i quali hanno trascorso una vita esemplare o, pur avendo peccato, se ne sono pentiti e hanno così beneficiato della larghezza del suo perdono. Per questo motivo possiamo sperare che ora vivano con lui, cioè godano della santità, anche i nostri cari, familiari e amici e quanti altri abbiamo amato, rispettato, ammirato. Poiché però non possiamo essere sicuri della loro presente condizione (potrebbero essere in purgatorio, dove rafforzarsi nello spirito prima dell'incontro con Dio), li possiamo aiutare. Allo scopo è particolarmente dedicata la celebrazione di domani, senza dimenticare che per questi nostri fratelli possiamo estendere l'aiuto ad ogni altro giorno dell'anno, con la preghiera: la nostra personale e quella della Chiesa (ad esempio, chiedendo ai sacerdoti di celebrare messe per loro). Ma tornando ai santi noti, ci si può domandare perché la Chiesa ne abbia proclamati tanti e altri continui a proclamarne. La ragione sta nel non trascurare l'opportunità di offrire al popolo di Dio sicuri intercessori presso di lui e soprattutto modelli di vita, per mostrare come sia possibile seguire il vangelo nelle più diverse situazioni e condizioni di vita. I santi sono poi altrettanti luminosi segni di Dio. Sono segni della sua bontà, che chiama gli uomini, pur così limitati, peccatori, inadeguati, a condividere la sua santità, cioè a partecipare alla sua stessa vita. Sono segni della sua giustizia, che non fa differenze di persone: tra i santi troviamo uomini e donne, bianchi neri e gialli, giovani e anziani, ricchi e poveri, potenti e schiavi, colti e illetterati, preti e suore ma anche laici, coniugati e non. Questi accenni bastano a dire come i santi siano anche segno del progetto di Dio sull'umanità, da realizzare per mezzo della Chiesa da lui voluta e sorretta. Della Chiesa i santi sono l'eccellenza, ma nella loro varietà attestano che la santità è possibile a tutti. Essi manifestano quanto la Chiesa sia diversa dalle istituzioni di questo mondo, nelle quali l'eccellenza si raggiunge per sangue, per censo, per intelligenza, nelle quali dunque la discriminazione dei meno dotati o meno fortunati è la regola. Di più: da qualche tempo si parla tanto di globalizzazione, da alcuni temuta e da altri auspicata: per quanto le compete, la Chiesa non ha aspettato economisti e sociologi per programmarla e progressivamente realizzarla, nella sua forma più alta; da sempre i cristiani proclamano l'unità della famiglia umana, l'uguaglianza di tutti i popoli davanti a Dio. Il fatto che tra i santi troviamo europei ma anche africani asiatici e americani, lo sta a dimostrare. |