Omelia (01-11-2015)
don Luciano Cantini
Perché di essi

Il regno dei cieli

Affascinante, ma anche destabilizzante è il Regno di Dio. Non lasciamoci ingannare dalla parola "cieli", non si parla di nuvolette e arcobaleni, neppure dell'aldilà, ma della realtà concreta del Regno di Dio che irrompe nel mondo perché il Signore Gesù lo ha seminato in questa nostra storia ed è destinato a crescere come una pianta di senape (cfr. Mt 13,31) che diventerà grande e accogliente.

Il Regno di Dio è affascinante come tutti i misteri, non per ciò che è nascosto ai nostri occhi, ma per ciò che ci è rivelato. È la potenzialità del Regno, il suo divenire, ciò che riusciamo ad intuire oggi e che strariperà oltre ogni misura e limite come tutto ciò che a Dio appartiene.

Destabilizzante come ogni proposta del Signore che entra nell'animo di ciascuno e nel tessuto della società che l'accoglie e ne rivoluziona le logiche annunciando un modo diverso di concepire le relazioni umane. Cosi i primi diventano ultimi, i nemici diventano amici, gli emarginati diventano fratelli, i peccatori sono salvati.

Il Regno dei cieli appartiene ai Santi, non quelli acqua e sapone, dal collo torto e gli occhi stravolti al cielo come quelli dei vecchi santini infilati nei portafogli, al contrario i santi sono coloro che Cristo ha santificato, sono quelli che Papa Francesco chiama gli "scarti" della società, i poveri, i miti, i misericordiosi, i perseguitati...


Beati

Beato è chi è felice, pienamente appagato e soddisfatto (Dizionario Sabatini Coletti).

Per gli ebrei l'idea di beatitudine è collegata con lo Shalom, essere in pace, essere benedetto da Dio; troppo spesso però la benedizione si identificava col benessere, la tranquillità materiale, la posizione sociale.

Per Gesù le beatitudini sono l'annuncio del Regno di Dio: makàrios, beato, è chi gli appartiene, chi ha saputo accogliere il dono di Dio. Anche i profeti intendevano la stessa cosa ipotizzando il tempo messianico come il tempo dei poveri, dei perseguitati, degli inutili, è il tempo in cui sono riscattati gli anawim Yawé, i poveri di Dio che erediteranno la terra (Sal 37,11). La differenza è che i profeti parlano al futuro, il Signore guarda al presente; ciò che per i profeti apparteneva alla Promessa per Gesù appartiene alla realtà, la beatitudine è per l'oggi.


I poveri in spirito

I poveri, come quelli che sono nel pianto, i miti... i perseguitati sono il Regno dei cieli presente sulla terra. Per gli ebrei discriminante era essere figli di Abramo mentre il Regno annunciato da Gesù è per tutti, non ci sono emarginati, esclusi, inadatti, indegni. Per i giudei era essenziale una buona pratica religiosa, il rispetto delle regole, la necessità di fare qualcosa di buono per avere la vita eterna(Mt 19,16). Gesù invece dichiara Beati tutti coloro che si fidano e si affidano a Dio: così possiamo intendere il senso dei poveri in spirito, come i miti, i puri di cuore, gli operatori di pace che saranno... consolati, saziati, chiamati figli di Dio; sono proprio i verbi al futuro che ci raccontano l'abbandono nelle mani di Dio. Non c'è nessuna prescrizione religiosa, nessuna attenzione al culto, nessuna frequentazione delle sinagoghe o del tempio perché non chiunque mi dice: «Signore, Signore», entrerà nel regno dei cieli (Mt 2,21). Sono piuttosto le relazioni nuove che costituiscono il Regno di Dio, l'atteggiamento interiore che rivela la verità delle cose e delle persone, la capacità di relativizzare gli assoluti, di rimettere l'uomo al centro, nel farsi dono, imparando dal Figlio dell'Uomo che da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà (2Cor 8,9).