Omelia (01-11-2015) |
mons. Antonio Riboldi |
SOLENNITÀ DI TUTTI I SANTI: essere ‘beati' La solennità dei Santi e la Commemorazione dei Defunti, che la Chiesa più che opportunamente celebra quasi al termine dell'anno liturgico, ci propone ogni anno due essenziali riflessioni: una sulla nostra vocazione alla santità, l'altra sulla nostra chiamata ad essere partecipi dell'amore e gloria di Dio nella resurrezione. Possono sembrare due riflessioni che sfuggono ai tanti problemi che si affollano quotidianamente nella nostra vita. Ma Gesù più volte ci ha avvertito che la vita è una ‘vigilia', che non ammette distrazioni. È davvero una cosa seria. La nostra esistenza, per chi crede, è solo un passaggio, un pellegrinaggio, una preparazione, meglio, un dono del Padre, che, come tutti i suoi doni, appartiene all'eternità. Qui abbiamo un compito da svolgere: adempiere la Sua volontà, che è il nostro vero bene, per godere della Sua Presenza, partecipare alla Sua stessa Vita, in quanto figli, da oggi e, dopo, per sempre. Sono pensieri da capogiro, ma ringraziamo lo Spirito Santo quando ci illumina interiormente e ci fa guardare la vita da questa meravigliosa prospettiva. Infatti sono troppi quelli che vivono come se dovessero restare eternamente ‘qui', spendendo ogni energia per raccattare le illusioni che il mondo dona. E c'è anche chi non vuole neppure pensare alla morte, cercando ogni tipo di distrazione... Ma serve questo bendarsi gli occhi e la coscienza? O non è forse ‘un suicidio dell'anima'? Ma che senso avrebbe una vita che finisce in un tumulo di terra, dopo un breve incontrarsi, uno stare un poco insieme amandosi, per poi sparire senza alcuna speranza di rincontrarsi? I nostri fratelli nella fede, al tempo degli Apostoli e dopo, vivevano ‘annunciando la morte del Signore, proclamando la sua resurrezione, nell'attesa della sua venuta'. Vivevano la vita intensamente, con gioia, ma anche guardando tutto quello che era di questo mondo, compresi i beni, con un sano distacco. Ce la mettevano tutta negli impegni del quotidiano, ma permeato della stessa carità di Cristo, accogliendo fatiche e sofferenze, per conformarsi al Cristo crocifisso e diventare degni di risorgere con Lui. La loro ‘carta d'identità', che ci permette di ‘riconoscere' i Santi di ogni tempo, segreto della loro gioia nell'oggi e definitivo passaporto per ‘domani', in Cielo, era quella proclamata da Gesù, che il Vangelo ci fa meditare in questa solenne celebrazione dei Santi: "In quel tempo Gesù, vedendo le folle sulla montagna, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. Prendendo allora la parola li ammaestrava dicendo: ‘Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati gli afflitti, perché saranno consolati. Beati i miti, perché erediteranno la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e mentendo diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli". (Mt. 5, 1-12) Le beatitudini sono il segreto della vera felicità, che tutti vorremmo possedere e vivere, perché ci accorgiamo che quello che ci circonda è ‘tutto vanità', e neppure a volte vale la pena ricordarlo e, peggio ancora, affidargli il nostro cuore. A volte, pensando al Paradiso, pare di sognare una meta irraggiungibile, soprattutto verificando la grande fatica che facciamo per trapiantare il ‘divino in noi'. Ma ci conforta il ricordo di tantissime persone con cui abbiamo avuto la fortuna di camminare, anche se con sacrificio, con gli occhi rivolti al Cielo, come se l'OGGI fosse solo l'attesa di quel grande giorno. Ripenso a mamma, che portava sempre lo stesso grembiule e il cui desiderio era quello di indicarci la via del Paradiso. ‘A me, qui in terra, basta questo grembiule' - mi diceva - ‘in attesa della veste bianca del Paradiso, se Dio mi vorrà'. Tanti nostri cari ed amici, che hanno attraversato la nostra vita. Li abbiamo ammirati come santi - penso ai carissimi San Giovanni Paolo II e beato Paolo VI. Quanto debbo ad entrambi! - E' confortante sapere che tutti li ritroveremo Lassù e in ogni istante di questo nostro esilio pregano per noi, ‘fanno il tifo' per noi! Davvero ora, più ancora di prima, ci sono ‘cari'. Nel giorno della Commemorazione dei Defunti, il libro della Sapienza ci ricorda: "Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio e nessun tormento le toccherà. Agli occhi degli stolti parve che morissero; la loro fine fu ritenuta una sciagura; la loro partenza da noi una rovina, ma essi sono nella pace. Anche se agli occhi degli uomini subiscono castighi, la loro speranza è piena di immortalità. Per una breve pena riceveranno grandi benefici, perché Dio li ha provati e li ha trovati degni di Sé. Li ha saggiati come oro nel crogiolo e li ha graditi come un olocausto". (Sap. 3, 1-9) Ha senso dunque un'esistenza vissuta tutta al presente, senza la visione del futuro? Pensiamoci seriamente: la nostra sorte ce la giochiamo ogni giorno con il nostro modo di vivere. E' giusto e ‘santamente intelligente' chiederci oggi, se la nostra mèta è di essere tra i ‘giusti' in Cielo. Il Paradiso è la nostra Casa. Il Padre ci attende e tutto ha predisposto perché lo raggiungiamo. Non con le nostre miserevoli buone intenzioni o povere forze, ma ‘lavando le nostre vesti e rendendole candide col sangue dell'Agnello', che ci ha salvati, ‘quando ancora eravamo peccatori'. |