Omelia (02-11-2015)
Casa di Preghiera San Biagio FMA
Commento su Gb 19, 25-27

"Io so che il mio Redentore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere! Dopo che questa mia pelle sarà distrutta, senza la mia carne, vedrò Dio. Io lo vedrò, io stesso, e i miei occhi lo contempleranno non da straniero."

Gb 19, 25-27


Come vivere questa Parola?

Il pensiero della morte è sempre destabilizzante. Ci pone di fronte al fatto che tutto finisce. Ci toglie il futuro. Non esiste una bella morte. Si tratta sempre e comunque di una prova conseguenza del peccato. Gesù stesso ha provato angoscia di fronte a tale porta dolorosa che s'apre al mistero.

Eppure la morte di un credente ci insegna molte cose sulla vita. Soprattutto ci insegna l'abbandono umile e fiducioso verso il Padre. Questo pensiero ha illuminato anche il cardinale Martini, che ha potuto scrivere così: "E mi sono riappacificato con l'idea di morire quando ho compreso che senza la morte non arriveremo mai a fare un atto di piena fiducia. Di fatto in ogni scelta impegnativa noi abbiamo sempre un'uscita di sicurezza. Invece la morte ci obbliga a fidarci totalmente. Di Dio".

In più, fuori dal tunnel dell'agonia, siamo certi, come Giobbe, di contemplare il volto luminoso del nostro Creatore e Padre.


La voce di un biblista

"Gesù, ascoltami, io non sono nativo del cielo e so bene che in paradiso l'unico autoctono sei tu: vorrei tanto raggiungere il tuo paese e prendervi la cittadinanza per sempre."

j.-Y Quellec


Sr Graziella Curti, FMA - curtigrazia@gmail.com