Il nulla ostentato e il tutto donato
Guardatevi dagli scribi
Gesù prende le distanze dagli scribi, o meglio dal loro modo di intendere la religione. Critica il comportamento, lo sfoggio del nulla - non troppo distante da tanti oggi nel mondo ecclesiale e non.
Il problema non è la condotta piuttosto la scala di valori che determina un tale atteggiamento. Dio è confuso col potere e più che al servizio di Dio gli scribi appaiono essere a servizio del potere che Dio sembra rappresentare e ne utilizzano i simboli: gli abiti suntuosi, i primi seggi, il mettersi in mostra. Poco male se fosse solo teatrino ma questo serve a nascondere il facile sfruttamento dei deboli: divorano le case delle vedove.
Siamo troppo condizionati dalla rappresentazione della potenza che ne subiamo il fascino e la tentazione proiettandone l'immagine anche su Dio ma Dio non si confonde con i poteri del mondo. Gesù è venuto a dirci altro di Dio, ci racconta della sua paternità (Mc 11,25), ci adombra con la sua misericordia (Mc 5,19), ci meraviglia con la sua compassione (Mc 6,34), ci avvolge con la sua tenerezza (Mc 10,14), si spoglia di se stesso per mostrarci la profondità del suo amore (Fil 2,7).
Osservava come
Il tesoro, il luogo di raccolta delle offerte, era adiacente al cortile più riservato del tempio di Gerusalemme. Gli storici raccontano che era vigilato dai sacerdoti che ne curavano l'accesso controllando la qualità delle offerte e la loro congruità rispetto alla motivazione dell'offerta. Chi entrava doveva dichiarare la motivazione e l'ammontare, il sacerdote di turno stabiliva la giustezza dell'offerta ed indicava dove andava deposta, c'erano dodici casse di raccolta ognuna con destinazione diversa. Era un bel traffico e un gran vociare specie nei momenti di affollamento e una occasione di ostentazione.
Gesù era seduto e osservava "come" la folla vi gettava monete: capita spesso di osservare come si fanno le cose, prima ancora di fare attenzione al contenuto se ne cura la forma, ci preoccupiamo dell'aspetto, di quello che dirà la gente. Siamo capaci di stupire ma anche di mimetizzarci, abbiamo un galateo da rispettare o trasgredire, l'apparenza a volte conta più della sostanza.
Tanti ricchi ne gettavano molte
L'ostentazione della ricchezza è un fatto necessario perché ad essa è legata la "benedizione" di Dio, in altre parole c'era la convinzione - mai tramontata - che l'abbondanza dei beni fosse un segno esplicito della benevolenza divina. Da qui l'ostentazione che non è soltanto dei singoli ma d'intere comunità. Dall'austerità del romanico si è passati lentamente agli arzigogoli barocchi nel costruire le chiese. Non è soltanto questione di gusti, di mode, dietro c'è la subdola convinzione che la ricchezza sia segno di predilezione divina. Il Concilio Vaticano II raccomandava la ricerca di una nobile bellezza che una mera sontuosità (SC 124) eppure stiamo assistendo ad un barocchismo di ritorno.
In verità io vi dico - Amén légo ymín
È una formula solenne quella con cui Gesù apre l'insegnamento dopo aver chiamato a sé i discepoli distratti dai rumori e dalla folla. Gesù va oltre l'apparenza, guarda l'animo, scende in profondità. Il contrasto è enorme tra chi gettava molte monete e la vedova che ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere. Il vangelo parla di due monetine che la donna non ha spartito.
Le tante monete nella loro abbondanza erano solo parte del superfluo (neppure tutto), le due monetine invece provengono dalla miseria e sono il tutto.
Se il denaro dei ricchi serve a costruire gli edifici, a mettere insieme le pietre dei templi, chi edifica davvero la Chiesa è il dono sincero e gioioso (2 Cor 9,7) dei poveri, e spesso lo dimentichiamo. Con la nostra ricchezza pensiamo di andare in loro aiuto ma ci dimentichiamo di imparare da loro.
Il gesto di questa donna dovrebbe ispirare tutti nella Chiesa, di chi dona e di chi raccoglie, perché il necessario uso del denaro sia segno di verità e libertà.
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