Omelia (15-11-2015) |
padre Antonio Rungi |
Dal'angoscia alla vita per sempre Nelle ultime domeniche dell'anno liturgico, la parola di Dio ci fa riflettere sui novissimi, sulle ultime cose che si verificheranno, quando il Signore verrà a giudicare i vivi ed i morti, secondo quanto noi professiamo nel Credo. Si tratta di un aspetto importante della nostra fede che non possiamo sottacere, anche se ci possono far preoccupare le cose che ascoltiamo nei testi biblici, del cosiddetto genere apocalittico, ovvero di una modalità comunicativa nella quale è evidente la dimensione escatologica del nostro credere nel mondo che verrà. Credere nella terra e nei cieli nuovi che Cristo, nel suo secondo e definitivo avvento realizzerà come ricapitolazione di tutto ciò che fino allora sarà svolto. Già nella prima lettura della parola di Dio di questa XXXIII domenica del tempo ordinario, tratta dal libro di Daniele, si fa riferimento a questo mondo che verrà. Sarà l'Arcangelo Michele a fare pulizia sulla terra Quel momento, ""sarà un tempo di angoscia, come non c'era stata mai dal sorgere delle nazioni fino a quel tempo; in quel tempo sarà salvato il tuo popolo, chiunque si troverà scritto nel libro. Molti di quelli che dormono nella regione della polvere si risveglieranno: gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e per l'infamia eterna. I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento; coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre". Un evidente richiamo alla morte, al giudizio di Dio e alla risurrezione per la vita (il paradiso) o per la morte (l'inferno). Un futuro eterno positivo per quanti fecero; un futuro eterno triste per quanti fecero il male. Nella preghiera iniziale della santa messa di oggi, la Colletta, ci rivolgiamo al Signore con queste parole: O Dio, che vegli sulle sorti del tuo popolo, accresci in noi la fede che quanti dormono nella polvere si risveglieranno; donaci il tuo Spirito, perché operosi nella carità attendiamo ogni giorno la manifestazione gloriosa del tuo Figlio, che verrà per riunire tutti gli eletti nel suo regno". Strettamente ancorato al testo della prima lettura è il Vangelo di oggi, tratto da San Marco, ove è descritto il giudizio universale, con forti accenti apocalittici. Il brano della Vangelo che sarà oggetto di meditazione e di approfondimento catechetico ed omiletico, richiede una personale riflessione su di esso ed una risposta coerente con quanto vi è scritto in esso. E' Gesù stesso che svolge per noi una catechesi sulle ultime cose che accadranno su questo mondo: «In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte". La fine della storia di questo mondo è descritta in questo modo terribile. E ciò non solo per metterci angoscia e preoccupazione, ma per responsabilizzarci di fronte alla vita, alla storia, all'eternità che si avvicina sempre di più per tutti. Il dopo della distruzione è descritto con l'avvento di Cristo, il suo secondo ritorno, quello definitivo: "Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall'estremità della terra fino all'estremità del cielo". Cosa fare di fronte a questo monito, ad questo invito a prepararci ad incontrare Dio? Dobbiamo imparare la lezione della natura, del cosmo. Gesù, infatti, sottolinea, nel brando del Vangelo di oggi: " Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l'estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte". Da questa lezione di Cristo, ne consegue la presa coscienza della precarietà e della provvisorietà della vita umana sulla terra. Gesù dice: "In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno". La parola di Dio è fedele ed eterna. Non bisogna entrare nel panico se le cose non vanno secondo le nostre umane aspettative. E' importante aprirsi a Dio, in quanto la nostra fine è segnata nel registro della vita, ma a noi non è dato sapere il giorno e l'ora in cui accadrà. Perciò, dobbiamo essere vigilanti, in pace con tutti e soprattutto nella grazia. Ecco perché il brano del vangelo di questa domenica si incentra sul questo beve passo della Scrittura, con chiari intenti apocalittici: "Quanto però a quel giorno o a quell'ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre". Vigilanti nell'attesa della seconda e definitiva venuta di Cristo. In questa vigilante attesa, dobbiamo comportarci in modo degno della nostra vocazione. Nel brano della Lettera agli Ebrei di questa domenica, leggiamo, infatti, che "ogni sacerdote si presenta giorno per giorno a celebrare il culto e a offrire molte volte gli stessi sacrifici, che non possono mai eliminare i peccati". Come dire che dobbiamo vivere la nostra dimensione sacerdotale, quella comune e quella ministeriale con la coscienza di chi sa che è in cammino e non di chi già è arrivato. Il modello di ogni cristiano e soprattutto di ogni sacerdote è Gesù Cristo che "avendo offerto un solo sacrificio per i peccati, si è assiso per sempre alla destra di Dio, aspettando ormai che i suoi nemici vengano posti a sgabello dei suoi piedi. Infatti, con un'unica offerta egli ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati. Ora, dove c'è il perdono di queste cose, non c'è più offerta per il peccato". Quante volte sentiamo parlare di fine del mondo in questi ultimi anni. Non è una novità. Sempre si è pensato alla fine del mondo come immediato, imminente, soprattutto quando ci sono stati fatti eclatanti. Certamente, in base alla fede nella quale siamo stati educati e formati, sappiamo benissimo che questo accadrà. Quando? Nessuno lo sa, neppure Gesù, diceva Lui, quando ha vissuto sulla terra. Quindi vivere con l'angoscia della fine del mondo, significa non vivere; ma vivere con il pensiero rivolto all'eternità, alle cose nuove che verranno, in senso positivo, ci aiuta a vivere meglio ciò che di temporale e spaziale ha assegnato il Signore a ciascuno di noi. Quindi dall'angoscia e dalla paura dobbiamo uscire per vivere nella speranza e nella gioia, sapendo che il giorno del Signore, sarà il giorno della gioia e della gloria, perché Cristo che verrà a giudicare i vivi e morti porterà solo speranza a questa umanità. |