Omelia (24-12-2004) |
don Bruno Maggioni |
La Parola si è fatta carne e storia Nella Messa dell'aurora la liturgia di Natale propone la narrazione della nascita di Gesù secondo Luca (2,1-20). Il racconto inizia con un inquadramento storico (2,1-3). La nascita di Gesù è un evento storico, accaduto in un tempo e in un luogo preciso. L'intera narrazione è poi racchiusa in tre movimenti ordinati secondo la tipica figura dell'evento cristiano: il fatto, l'annuncio dell'avvenimento, la sua accoglienza. Ma nell'intelligente narrazione di Luca c'è una frase ripetuta tre volte: «Un bambino avvolto in fasce e deposto nella mangiatoia». È la meraviglia del Natale: ad essere proclamato Signore, Messia e Salvatore (così le parole dell'angelo) è un bambino avvolto in fasce e deposto nella mangiatoia. È chiaro che Luca, ripetendo tre volte la medesima frase, invita il lettore a mantenere fermo lo sguardo su questo tratto. Che unisce insieme la semplicità e la gloria, la debolezza e la potenza. Questo sorprendente intreccio di gloria e di semplicità costituisce un severo giudizio nei confronti di un mondo, anche cristiano, sempre tentato di nascondere la nuda semplicità del bambino per legarla alle forme più seducenti della potenza e del prestigio o ai tratti più romantici dei buoni sentimenti. Ma in questo caso non celebriamo più la gloria di Dio e del Natale, bensì la gloria inutile dell'uomo. Nella Messa del giorno le affermazioni del prologo del vangelo di Giovanni sull'origine divina del Verbo, non sono fine a se stesse, ma necessarie per capire l'incarnazione, per capire Gesù nel suo ruolo di rivelatore. Il centro del prologo è l'affermazione: «La Parola è divenuta carne» (1,14). La Parola può parlare e farsi narrazione di Dio perché Parola che riflette il Padre, Parola sempre in ascolto (come è sottolineato nei primi versetti del testo), ma anche perché Parola divenuta carne dell'uomo, storia e divenire: Gesù può parlare di Dio all'uomo e dell'uomo a Dio. Facendosi carne la Parola di Dio si è fatta visibile: Parola che non solo si sente, ma si vive. "Carne" significa soprattutto che il Verbo non si è sottratto all'opacità della storia, ma al contrario vi è entrato, condividendola. La Parola di Dio si comunica all'uomo mediante una profonda condivisione di esperienze, inserendosi nelle contraddizioni dell'uomo: nella sua morte e nel suo dolore, nelle sue domande e nelle sue sconfitte. Gesù è così veramente un Dio fra di noi, compagno della nostra esistenza. Anche questo è la bellezza del Natale. |