Omelia (29-11-2015) |
padre Gian Franco Scarpitta |
L'Avvento? Una realtà continua e in divenire Noi sappiamo benissimo che il tempo di Avvento, che si inaugura oggi con questa prima Domenica, liturgicamente introdotto a partire dalla fine del IV secolo, è il ciclo di attesa e di preparazione spirituale alla celebrazione del Natale, giorno in cui si esalta la venuta del Cristo nella carne. Avvento indica infatti il venire di Dio in un Bambino, prefigurato da profeti minori come Michea e da grandi uomini come Isaia o Geremia, il suo giungere e il nostro predisporci interiore a un Evento che, secondo la nostra convinzione di credenti, cambia la nostra storia e la vita degli uomini. In senso liturgico l'Avvento è insomma la preparazione al Natale, il ciclo di 4 settimane che intercorrono fra l'ultima Domenica di Novembre e il 25 Dicembre. E in effetti da questa settimana iniziamo un tempo di attesa che non dovrà ridursi a passive scadenze di un calendario che ci ricorda di volta in volta il sopraggiungere di date o di impegni a cui prestar fede, ma che ci impegna a porre in noi le premesse di un incontro con il Bambino che sia gioioso e foriero di ricchezze spirituali, che non dovrà escludere l'intensità della preghiera, della meditazione possibilmente ritirata e delle opere di carità verso il prossimo, specialmente quello bisognoso. Si avvicina Natale non senza che noi andiamo incontro al Bambino. Ciò tuttavia non è sufficiente a definire la realtà dell'Avvento. Esso infatti ci invita a guardare a Dio nella globalità della sua presenza e nel suo intervento nella nostra vita e ci ragguaglia del fatto che Dio è sempre presente nella storia degli uomini, come "colui che era, che è e che viene" (Ap 1, 4), per il semplice fatto che egli è qui, è presente nella nostra vita ieri come oggi e oggi come in avvenire. E' il Dio di tutti i giorni, il Venuto, il presente, come pure l'Atteso. Scrive Moltmann: "Il Dio della speranza è il Dio che viene (Is 35, 4; 40, 5). E, quando Dio verrà nella sua gloria, riempirà del suo splendore l'universo intero, tutti lo potranno contemplare e inghiottirà per sempre la morte." Ciò tuttavia non vuole intendere che Dio sia semplicemente una realtà futura e ancora in processo, come se non adesso fosse assente o lontano. In parole povere, la nostra fede in Dio non professa solamente un Signore che ha operato in passato o che adesso opera e agisce al presente, ma anche un Dio che verrà, un Signore Veniente futuro. Considerato in se stesso, Dio è eterno e non ha passato, né presente né futuro; la nostra fede lo riscontra come il Passato, il Presente e il Futuro, anzi per meglio dire come il Dio Veniente, che alla fine dei nostri giorni verrà nella gloria per il giudizio finale, dando compimento alla nostra speranza. Avvento assume quindi il significato del venire di Dio al termine della storia, al suo incedere alla fine dei giorni, quando egli porrà fine al secolo presente per definire la sua vittoria sul male e sulla morte. Il cristiano vive questa attesa finale come "speranza", cioè come aspettativa e fiducia in qualcosa che certamente si realizzerà e per cui vale la pena non demordere e perseverare. In tal senso, tutta la vita cristiana è un Avvento, poiché in ogni momento della nostra vita siamo chiamati a vivere questa dimensione di attesa e di speranza. Essa non si realizza certamente nello sconforto e nel terrore, né tantomeno nella fuga dalla realtà presente in vista di subdoli cambiamenti epocali ravvicinati, ma ci impegna a vivere l'oggi con ottimismo, fiducia e intensità, consci che ciò che adesso ci scoraggia e ci deprime è destinato ad aver fine. Le letture di oggi, sia nel libro del profeta Geremia sia nel Vangelo di Luca, ci ragguagliano di una promessa di pace e di bene futura nell'adempimento delle promesse di giustizia da parte di Dio. La pagina evangelica ci espone elementi catastrofici e terrificanti propri del linguaggio apocalittico, che al di là del testo letterale sottendono alla realtà futura di un Dio che avrà la meglio sulla malvagità e sulla protervia dell'uomo. Parole come "oscuramento del sole", "segni nel sole, nella luna e nelle stelle", "angoscia di popoli", legate al sopraggiungere del "Signore glorioso " vogliono semplicemente indicare che il Dio della gloria finale s'imporrà sulle nostre presunzioni di grandezza, sconvolgerà i nostri piani di superbia e di arroganza, avrà la meglio sulle pretese autoaffermazioni umane e sulle ostinate idee di ateismo e di irreligiosità. Egli si mostrerà come Reale e Superiore ad ogni nostra logica e ad ogni nostra aspettativa per retribuire a ciascuno secondo i suoi meriti. E senz'altro dovrà aver timore chi non avrà avuto timore di prediligere il peccato e la perversione nella vita presente. In realtà, sempre che non decidiamo noi stessi di mancare all'appuntamento, quello che ci attende al termine della storia è un incontro con Dio risolutore e vincitore sul male e sulla morte, che intende riconciliarci con sé e renderci eredi di un mondo rinnovato e di un Regno che non avrà fine. Ma come potremo ottenere in dono il Regno se avremo dimostrato di affidarci al male e di cercare la morte? Come pretenderemo di incontrare il Dio amore e misericordia alla fine dei tempi se non lo avremo incontrato nel nostro tempo nell'amore e nella misericordia per i fratelli dei nostri giorni? L'Avvento di Dio ci è di sprone non alla paura o all'inibizione pusillanime del presente, ma alla riscoperta dello stesso Dio che siamo invitati a incontrare domani. Il Dio Veniente è del resto il Signore che è già venuto nell'evento di Betlemme di cui faremo celebrazione ed è altresì lo stesso Dio che viene a visitarci in ogni momento della nostra vita. Che cos'è infatti la presenza misteriosa e arcana di Dio nelle vicende di tutti i giorni se non un "venire per noi"? continuo che realizza l'incontro ad ogni istante? La nostra esistenza quotidiana è un Avvento di attesa del Veniente di domani e di presenza di Colui che viene adesso e in ogni istante e il presente tempo di Avvento liturgico non può non rammentarcelo e rinnovare in noi questa certezza che dev'essere gioiosa e non di paura. Man mano che prosegue il nostro itinerario verso la data del Natale liturgico occorre lasciare che Dio realizzi il Natale ogni giorno e la Nascita definitiva alla fine dei tempi e ciò non senza l'esercizio della fede e della carità da cui procede la speranza. E di speranza è possibile continuare a vivere. |