Omelia (22-11-2015)
don Alberto Brignoli
Un regno di verità e di amore

Si chiude un Anno Liturgico, e per la Chiesa è un momento molto significativo, soprattutto perché non ci si preoccupa di stare dietro a festeggiamenti o celebrazioni commemorative, ma ci si proietta già nella prospettiva del nuovo anno, che inizieremo la prossima domenica, con il Tempo di Avvento. L'Anno Liturgico trova proprio nella sua circolarità un aspetto peculiare. Non ha, di fatto, un inizio e una fine predefiniti come per l'anno solare: qui, inizio e fine cambiano di anno in anno, e soprattutto, le tematiche della fine dell'anno precedente si ritrovano ad essere le medesime dell'anno che sta per iniziare, per cui a volte sembra non esserci soluzione di continuità. Quantomeno, la Solennità che oggi celebriamo ci aiuta a staccare un attimo la spina, e prima di far ripartire la ruota della contemplazione del mistero di Cristo lungo i giorni, i tempi e le stagioni, ci invita a volgere il nostro sguardo verso il nostro Re e soprattutto verso il suo Regno.
Cos'è questo benedetto "Regno" che tante incomprensioni ed errate valutazioni ha immesso nel pensiero dei credenti dal momento in cui Gesù ce lo ha annunziato? Che tipo di Re è, il nostro, quello che oggi contempliamo e veneriamo? Il Vangelo di Giovanni ce lo presenta a processo di fronte a un re nel senso "classico" del termine: si tratta di Pilato, che in realtà è governatore, ovvero rappresentante della regalità, dell'impero di Roma che regnava allora in Palestina, e sin dal principio l'ironia è evidente. Colui che veramente è Re dell'Universo si presenta in maniera tutt'altra che regale, svuotato della sua regalità, addirittura crocifisso, e viene giudicato sul suo proclamarsi re da uno che non è nemmeno "re", ma solo un rappresentante...
La storia è piena di queste contraddizioni: di uomini che si proclamano e si credono dominanti e dominatori, che si ergono a giudici dell'umanità, eppure non hanno alcun diritto a farlo, non ricevono alcuna investitura, ma la usurpano quasi sempre a scapito dei più deboli. Il nostro re, invece, è un debole: uno di quelli cui i potenti usurpano i diritti, uno di quelli che i diritti non li conosce, sa solo che ha doveri da compiere, e per questo è svuotato di ogni dignità. Ma per un incomprensibile ed esaltante disegno della storia, oggi lo veneriamo come re. Nella logica dei potenti, secondo la logica della storia scritta dai potenti, Pilato non ha fatto altro che applicare la legge: ha acciuffato un presunto re e lo ha crocifisso in quanto fuorilegge. La logica del Dio di Gesù Cristo, che è la logica dei deboli, ha fatto l'esatto contrario: ha preso un crocifisso, un condannato a morte, un fuorilegge, e lo ha fatto re.
L'interrogatorio tra Pilato e Gesù, come ce lo descrive Giovanni, gioca continuamente su contrasti e contraddizioni, come un quadro in chiaroscuro, come i molti "chiaroscuro" della storia. L'esordio stesso di Pilato, nei confronti di Gesù, non è certo dignitoso. In quel "Sei tu il re dei Giudei?" non è difficile scorgere una sorta di affermazione dispregiativa e offensiva, detta con un certo senso di superiorità misto a un sentimento di compassione. Ma la risposta di Gesù non è di quelle che si lasciano sopraffare, e la contraddizione si fa concreta nel suo modo di rispondere, ovvero con una domanda...da che mondo è mondo, un imputato interroga un magistrato? Gesù vuole riportare i potenti alle loro responsabilità: non è fermandosi alle apparenze o ai "sentito dire" che si giunge alla verità, ma mettendosi continuamente alla ricerca di essa.
Verità e amore sono i due elementi su cui si fonda il contradditorio tra questi due potenti della terra; verità e amore sono i due pilastri su cui si fonda il Regno di Gesù Cristo. E questo, Pilato non lo può comprendere perché il Regno di Dio non appartiene alle logiche di questo mondo. Per la verità, nemmeno i Giudei, fedeli seguaci del Dio dell'Alleanza, riescono a comprendere la logica del Regno di Dio, nessuno di loro escluso: non solo i capi dei sacerdoti, notoriamente contrari a Gesù, ma anche "la sua gente" - stando a ciò che Pilato dice - non comprende in cosa consista il Regno di Dio, perché arriva al punto di consegnare Gesù alla magistratura romana. Proprio essi, che contro il potere di Roma sognavano l'avvento del Regno di Dio guidato dal Messia, fanno arrestare quel Messia che aveva loro annunciato la presenza del Regno qui e ora, sulla terra: ancora una volta, una contraddizione.
Questo gioco degli equivoci va avanti, e non si risolve se non con la condanna di Gesù come Re crocifisso, perché ciò che non viene accettata è la logica del Regno che Gesù è venuto ad annunciare: la logica dell'amore e della verità. La logica dell'amore è la logica contraria a quella dei regni di questo mondo: nei regni di questo mondo, quando il re viene catturato o quando si subisce qualsiasi tipo di aggressione violenta, si risponde con la stessa moneta, ovvero arrivano i servitori del re e combattono perché egli non venga consegnato ai nemici. Ma quando il re è il primo dei servitori del Regno, la logica della vendetta, della violenza, della difesa armata lascia il posto alla logica del perdono, del dialogo e dell'amore. Perché il Regno di Dio vive quaggiù, sulla terra, ma non è di quaggiù.
Anche la logica della verità è una logica contraria alla logica dei regni di questo mondo; perché mentre nei regni di questo mondo i potenti di turno si impongono sugli altri brandendo nelle mani la verità posseduta e sbandierata come un trofeo, nel Regno di Dio la verità non è posseduta, ma cercata, non è appannaggio dei potenti, ma a disposizione di tutti, non è esclusiva di una casta di eletti, ma è impegno di ricerca comune e condivisa. Ascolta la voce del re chiunque "è dalla verità", ossia dalla parte della verità, e non chi "possiede la verità": nel Regno di Dio non è importante avere la verità in mano, ma fare la verità, ossia essere veri, nella profondità del cuore.
Gesù, quindi, è Re? Senza dubbio, ma lasciamo che siano i potenti di questo mondo a dirlo, come ricordava Gesù a Pilato: "Tu dici che io sono re". A noi basta fare ciò che il Regno ci chiede: fare la verità e vivere nell'amore.