Omelia (29-11-2015)
don Michele Cerutti


Con questa domenica inizia un nuovo anno liturgico. Il tempo che si presenta davanti a noi è tempo di Avvento. Questo è il periodo di preparazione al Natale.

La solennità del Natale è del IV secolo d.c.. I cristiani si erano resi conto nel corso dei secoli dell'importanza di ricordare l'evento dell'Incarnazione e per questo precedettero a questo tempo un periodo di preparazione.

La prima parte è orientata all'annunciazione della venuta gloriosa di Cristo, la seconda è concentrata sulla nascita del figlio di Dio, sull'incarnazione del Verbo. Tempo di attesa e speranza, ma anche tempo di ascolto e riflessione sul Regno di giustizia e di pace inaugurato dalla venuta del Messia. La solennità della festa dell'Immacolata concezione (8 dicembre) non ostacola il percorso dell'Avvento, ma ricorda l'opera del Salvatore che ha santificato la Madre fin dal suo primo concepimento.

Un tempo in cui come cristiani siamo chiamati a intensificare la nostra adesione al rapporto a quel Gesù che bussa alla porta del cuore e chiede a questo di preparargli un posto.

Sarà piccolo o grande il posto che diamo a Gesù non dobbiamo preoccuparci poi sarà lui a prendere il posto che spetta.

Noi dobbiamo cercare di aprire la porta del cuore.

In questo anno ci facciamo aiutare dall'evangelista della mansuetudine: Luca.

Il Vangelo di Luca è il "Vangelo del discepolo" di Cristo, ovvero di colui che ha intrapreso a seguire Gesù e lo vuol seguire nonostante tutto. Elementi che avvalorano questa intenzione di Luca è riportato nel suo vangelo: "Chi mette mano all'aratro e poi si volge indietro non è adatto per il regno di Dio" (9,62). Attenzione Luca ci dice che non basta intraprendere, non basta fare un bel tratto di strada, è necessario andare fino in fondo senza pentimenti. Aver messo mano all'aratro e poi voltarsi indietro vuol dire fallire il proprio ruolo di discepolo di Cristo.

Altro elemento importante per capire il ruolo del "discepolo" è dato dalla "grande inserzione" lucana, che va dal cap. 9,51 fino al cap. 19,28. E'un blocco letterario tipico di Luca, descrive il viaggio di Gesù a Gerusalemme, intrapreso a muso duro. Luca ci vuol dire che chi crede in Cristo deve percorrere questo "faticoso" itinerario che culmina in Gerusalemme, cioè la città del sacrificio e della morte. Per Luca il discepolo di Cristo è colui che "segue" il Maestro ovunque egli vada, fino al martirio, se è necessario.

L'avvento si apre con Luca 21, noi leggiamo un pezzo di questo lungo discorso che appartiene al genere apocalittico ove vengono descritti gli ultimi tempi come tempi di guerre e di divisioni, di terremoti e di carestie, di catastrofi cosmiche. Attenzione nessuna di queste frasi deve essere presa alla lettera.

Tutto nasce dalla convinzione che la storia cammina, sotto la guida di Dio, verso una salvezza piena e definitiva. Le delusioni e le continue contraddizioni della storia non riusciranno mai a demolire tale speranza, ma serviranno a purificarla e a insegnare che la salvezza è, al di là dell'esistenza presente, opera di Dio e non solo dell'uomo.

Questo lungo discorso invita i credenti - che ora sono i cristiani coinvolti nelle persecuzioni e amareggiati dall'odio del mondo - a rinnovare la loro fiducia nella promessa di Dio e a perseverare nelle scelte di fede e a non cadere in compromessi: "neppure un capello del vostro capo perirà".

Il discorso di Gesù in Luca 21 è caratterizzato da un intreccio di notizie e di avvertimenti.

I falsi profeti pretenderanno parlare in nome di Gesù e assicurare che la fine è vicina: ci saranno guerre e rivoluzioni, popolo contro popolo e regno contro regno. Questi avvenimenti - eresie, guerre e persecuzioni - non esauriscono il panorama della storia e delle sue contraddizioni, ma Gesù li considera come situazioni tipiche e ricorrenti, situazioni che il discepolo deve essere pronto ad affrontare.

Attenzione non lasciatevi ingannare, non vi terrorizzate, non preparate la vostra difesa perché il vero discepolo rimane ancorato alle parole del suo Maestro e non ha bisogno d'altro. Le novità non lo attirano, né cede alle previsioni di chi pretende conoscere il futuro, oroscopi compresi. Per orientarsi al discepolo gli bastano le parole del Signore.

Allora di fronte alle guerre e alle paure che così spesso angosciano gli uomini, il vero discepolo non si fa illusioni e non cade in facili ottimismi, tuttavia rimane fondamentalmente sereno e fiducioso.

La persecuzione, le divisioni, l'odio del mondo non sono i segnali di un'immediata fine del mondo, ma sono un'occasione di testimonianza e di perseveranza. Si attende il Signore testimoniando e perseverando, non fantasticando sulla vicinanza della fine del mondo.

Luca, conforme a tutta la tradizione evangelica, ripete che la liberazione è vicina (21,28) perché il tempo presente è ricco di occasioni salvifiche che Dio stesso ci offre.

Vigilare, quindi, significa non avere il cuore "appesantito". Il ritorno del Figlio dell'uomo non sarà preceduto da segni premonitori prevedibili e rassicuranti: giungerà all'improvviso. Ciò che conta, dunque, è stare attenti a non lasciarsi sorprendere.