Omelia (02-01-2005)
don Roberto Rossi
Ci ha dato il potere di diventare figli di Dio

Buon Anno nel Signore! (per il 1° gennaio io riprenderei il senso della vita e l'invocazione della benedizione del Signore su di essa e il messaggio per la giornata mondiale della pace)

La liturgia di oggi ci fa riascoltare lo stesso solenne Vangelo della Messa del giorno di Natale. Questo rientra nella pedagogia della Chiesa che ama dedicare le domeniche che seguono le grandi solennità all'approfondimento del mistero celebrato che non può essere compreso in una volta sola.

Abbiamo letto, quasi proclamato, l'inizio del Vangelo di Giovanni: un testo grandioso per la profondità filosofica e teologica, un testo che vuole rivelare il tutto del Figlio di Dio incarnato e la dignità e responsabilità dell'uomo. "In principio era il Verbo" si tenta di affrontare il mistero del tempo e dell'eternità, la vita fugace di ogni uomo e quella di Colui che è Vita in sè stesso e luce degli uomini, l'assoluto di Dio per l'eternità e il suo farsi "carne" nel tempo della storia umana, quando pone la sua dimora in mezzo a noi.

Giovanni, in questo testo, risale all'origine ultima della persona di Cristo. «In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio».

La liturgia di oggi non si preoccupa, però, tanto di esplorare l'origine del Verbo, quanto di celebrare il mistero della sua «presenza» in mezzo agli uomini. La prima lettura ci fa vedere come questa presenza era già «adombrata» e preannunciata nell'Antico Testamento, con i tratti della Sapienza. Con Gesù, direttamente e personalmente Dio è venuto in mezzo a noi: «Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio».

La liturgia non si limita a mettere in luce questo aspetto «cosmico» dell'Incarnazione; essa insiste anche e soprattutto sul risvolto umano e personale dell'Incarnazione per il quale essa interessa «ogni uomo che viene in questo mondo».

C'è il grande dramma del mondo che non sa accogliere il Figlio di Dio, non lo riconosce, lo perseguita, lo condanna: "La luce splende tra le tenebre, ma le tenebre non l'hanno accolta, è venuto fra la sua gente ma i suoi non lo hanno accolto". Ma poi la grande opera della salvezza, quasi uno slancio per chi si apre a Dio: a quanti hanno accolto il Verbo, il Signore «ha dato il potere di diventare figli di Dio».

La scelta della seconda lettura è in funzione proprio di questo lieto annuncio: in Cristo - scrive san Paolo -, Dio «ci ha scelto prima della creazione del mondo... predestinandoci a essere suoi figli adottivi». Altrove lo stesso Apostolo specifica che se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio e coeredi di Cristo.

"Figli nel Figlio": ecco l'aspetto del mistero natalizio che oggi la liturgia ci aiuta ad «approfondire». A ragione san Leone Magno, in una sua omelia natalizia, esclamava: «Riconosci, o cristiano, la tua dignità!». «Figli nel Figlio» è un «annuncio», ma anche un'esortazione; parla di qualcosa che è «già avvenuto», storicamente, nell'Incarnazione e, sacramentalmente, nel Battesimo, ma che «deve ancora avvenire» in continuazione nella vita. A coloro che credono - dice Giovanni - Dio ha dato «il potere di diventare figli di Dio». Noi, in altre parole, siamo già figli di Dio per lo Spirito Santo che ci è stato donato e che ci fa esclamare: «Abbà, Padre!», ma, nello stesso tempo, dobbiamo «diventarlo» mediante l'imitazione di Cristo e la nostra crescita nella fede. Nessun figlio nasce già tutto fatto e completo; deve divenirlo. Figli di Dio - possiamo dire con altrettanta verità - «si diventa»! Gesù diceva: «Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste».