Omelia (29-11-2015) |
don Giacomo Falco Brini |
La forza di restare in piedi Comincia oggi il tempo liturgico di avvento: un tempo propizio che ricorda a ciascun discepolo di essere una persona che vive ogni giorno nell'attesa di un mondo nuovo e dell'incontro definitivo con il Signore Gesù. Avevo 21 anni quando ripresi a leggere i vangeli. In realtà, era come se li leggessi per la prima volta. In quel tempo, tutto quel poco che dalla loro lettura avevo ricevuto da bambino nel catechismo, era completamente dimenticato. Quando poi mi imbattevo in brani come quello di questa prima domenica di avvento, ne uscivo sempre alquanto spaventato. Segni nel sole, nella luna e nelle stelle, cieli che si sgretolano, ansia e terrore tra i popoli...tutto ciò mi sembrava dar corpo a quelle angosce mortali che si manifestavano in tanti film premonitori che vedevo normalmente al cinema o in tv. E a dire il vero, non ci capivo un granché. Perché Gesù parlava così? Perché dirci che Lui sarebbe tornato ma dentro una cornice così fosca? Per incuterci paura? Mi fa un certo effetto oggi commentare questo testo e avere nel cuore ben altri sentimenti. Quando cominceranno ad accadere queste cose raddrizzatevi in piedi e alzate il capo perché la vostra liberazione è vicina (v.28). Questo versetto del vangelo di oggi è come un raggio di luce che squarcia le tenebre che si descrivono nei versetti precedenti. Siamo avvertiti dal Signore sulla ineluttabilità degli eventi tragici di questo mondo che passa, sul crollo sicuro di tutte le umane sicurezze, ovvero di tutti quei progetti e di tutte quelle ideologie umane che hanno voluto fare a meno di Dio: in questa prospettiva, la fine del mondo è già cominciata! Dunque l'intento di Gesù non è certo quello di spaventarci ma siamo invitati a leggere, proprio dentro il susseguirsi di questi fatti, il Figlio dell'uomo venire con grande potenza e gloria (v.27). Facciamo un esempio. Siamo rimasti tutti shoccati dall'ennesimo grave episodio di terrorismo che ha investito la nostra Europa durante gli assalti di venerdì 13 novembre a Parigi. Penso che da quel giorno fino ad oggi, se esistesse ai nostri giorni un termometro dell'ansia e della paura umana, sicuramente ne misurerebbe un livello crescente tra gli uomini. Eppure un uomo di nome Antoine Leiris, che ha perso la propria moglie in quella notte drammatica, ha lanciato un messaggio chiaro non solo a coloro che si sono macchiati di tali ignobili delitti, ma anche a tutta quell'umanità che oggi non si sente più sicura nemmeno a casa sua. "Venerdì sera avete rubato la vita di una persona eccezionale, l'amore della mia vita, la madre di mio figlio, eppure non avrete il mio odio. Non so chi siete e non voglio neanche saperlo. Voi siete anime morte. Se questo Dio per il quale ciecamente uccidete ci ha fatti a sua immagine, ogni pallottola nel corpo di mia moglie sarà stata una ferita nel suo cuore. Perciò non vi farò il regalo di odiarvi. Sarebbe cedere alla stessa ignoranza che ha fatto di voi quello che siete. Voi vorreste che io avessi paura, che guardessi i miei concittadini con diffidenza, che sacrificassi la mia libertà per la sicurezza. Ma la vostra è una battaglia persa. L'ho vista stamattina. Finalmente, dopo notti e giorni d'attesa. Era bella come quando è uscita venerdì sera, bella come quando mi innamorai perdutamente di lei più di 12 anni fa. Ovviamente sono devastato dal dolore, vi concedo questa piccola vittoria, ma sarà di corta durata. So che lei accompagnerà i nostri giorni e che ci ritroveremo in quel paradiso di anime libere nel quale voi non entrerete mai. Siamo rimasti in due, mio figlio e io, ma siamo più forti di tutti gli eserciti del mondo. Non ho altro tempo da dedicarvi, devo andare da Melvil che si risveglia dal suo pisolino. Ha appena 17 mesi e farà merenda come ogni giorno e poi giocheremo insieme, come ogni giorno, e per tutta la sua vita questo "petit garçon" vi farà l'affronto di essere libero e felice. Perché no, voi non avrete mai nemmeno il suo odio". Ecco, questo è un uomo che si è raddrizzato in piedi e ha alzato il capo (v.28). Questo è il Figlio dell'uomo che viene con potenza e gloria (v.27). Questo è l'uomo che ha capito che la vera vittoria ce l'ha lui in mano, è l'uomo che ha scelto di attenderla fiduciosamente ("vi concedo questa piccola vittoria, ma sarà di corta durata...") nel mondo nuovo ("ci ritroveremo in quel paradiso di anime libere..."); ha scelto di far passare l'ennesima barbarie nel nulla che inghiotte ogni cattiveria umana, convinto che alla fine il male si ritorce prima di tutto su chi lo compie. Gesù non ci avverte soltanto sul progressivo crollo di questo mondo assoggettato alle conseguenze del peccato. Ci dice anche come coltivare la speranza e l'attesa del mondo nuovo che viene con Lui e tutti i suoi amici. I consigli riguardano un sano monitoraggio di ciò che avviene nel nostro cuore perché quel giorno non vi piombi addosso all'improvviso (v.34), e la necessità di vegliare in ogni momento pregando (v.36a). Perché il mondo nuovo non lo si attende con le braccia conserte. Chi davvero sta attendendo il Signore, se non vuole soccombere al clima di paura di quel che è accaduto e accadrà ancora sulla terra, è chiamato prima di tutto a curare nella preghiera la propria vita spirituale, il proprio mondo interiore, affinché il cuore non si appesantisca per i tanti affanni e vizi che il Dio di questo mondo sempre genera. E' lì, nella preghiera, che si gioca tutto. E' lì che riceviamo la forza per sfuggire a tutto ciò che sta per accadere e per restare in piedi davanti al Figlio dell'uomo (v.36b). Infatti, per il credente, quel giorno (v.34) può essere qualsiasi giorno. E se vogliamo davvero attenderlo in una fiduciosa operosità per non cadere nel laccio della paura e della disperazione, ci conviene ascoltare i suoi consigli. Maranathà! Vieni Signore Gesù! Dacci questa forza! Sei Tu la nostra forza! BUON AVVENTO A TUTTI! |