Commento su Lc 10, 21-22
«Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo».
Lc 10, 21-22
Come vivere questa Parola?
Luca nel Vangelo odierno ci riporta una preghiera di Gesù piuttosto rara. Egli, infatti, è l'Evangelista più attento a cogliere il Maestro in preghiera, ma non ci riporta quasi mai i contenuti di essa. Qui è una di quelle rare volte che veniamo a conoscerli. Si tratta di una preghiera esultante di gioia e di lode in presa diretta con il Padre. Per questo dai Padri della Chiesa antica essa veniva chiamata anche iubilum, cioè grido di giubilo.
Il rabbì di Nazareth sapeva per diretta conoscenza di causa che quelli che avrebbero dovuto riconoscere il Messia con più facilità - gli scribi e i dottori della Legge (i dotti e i sapienti del suo tempo) - non erano riusciti nell'impresa. Al contrario, egli fa notare, sono in realtà i piccoli, i poveri, i semplici (come i suoi discepoli) a capire chi è Gesù e a seguirlo.
Molti sapienti o eruditi nella storia hanno tentato di incontrare Dio o di conoscere Gesù, ma invano, perché non l'hanno cercato sulla strada che porta a lui: la strada dell'umiltà e della croce. Anche noi, forse, siamo tentati di vedere in Gesù l'uomo forte, capace di superare se stesso trascendendo i limiti della sua umanità. Gesù non è un eroe, né un superuomo. È semplicemente un uomo che si rivela anche Dio, nell'umiliazione, nella piccolezza e nella debolezza, quella forte debolezza di Dio di cui parla S. Paolo (1 Cor 1,25). Ecco perché tutta la forza di Gesù sta nella dolcezza e tenerezza del suo cuore: «Imparate da e me, che sono mite ed umile di cuore» (Mt 11,29).
In questo itinerario di Avvento appena incominciato, è Gesù stesso che oggi ci traccia la strada sicura per incontrarlo nel sua venuta: è la strada della nostra piccolezza e povertà, della nostra debolezza che si affida totalmente alla sua Grazia.
Ripetiamo lungo la giornata sovente questa preghiera-giubilo uscita dal cuore del Figlio!
S. Ignazio di Antiochia, in una accorata preghiera ai fedeli di Roma, chiede loro di lasciarlo andare a raggiungere la pura luce del martirio, per essere finalmente UOMO.
La voce di un grande Martire e Vescovo
«Lasciatemi raggiungere la pura luce! Giunto là, sarò uomo».
Ignazio di Antiochia, Lettera ai Romani 6, 2
Don Ferdinando Bergamelli SDB - f.bergamelli@tiscali.it