Omelia (25-12-2015) |
CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie) |
Commento su Lc 2,1-14 Il racconto della nascita di Gesù, anche se viene riproposto ogni anno, tocca sempre il nostro cuore per la sua semplicità e la sua forza. C'è una necessità, un desiderio, che attraversa il popolo di Israele: quello di liberarsi da chi lo opprime. C'è una promessa che Dio ha fatto al suo popolo, per cui è grande l'attesa. Tutti aspettano azioni degne della grandezza di Dio, che ristabiliscano la giustizia e diano la giusta paga a chi ha fatto del male (spezzare il giogo, bruciare i mantelli dei soldati). Dio ha però pensato ad una liberazione per sempre, non ad una temporanea vittoria militare, qualcosa che inizi in modo nuovo: vuole farsi come noi, farci suoi figli attraverso Gesù. Vuole farlo a modo suo: chiama la giovane Maria ad essere artefice e testimone di questa nuova alleanza che porterà suo Figlio nel mondo. La storia della venuta al mondo del bambino Gesù ci consegna una situazione come molte di quelle che vediamo anche oggi: una famiglia di forestieri, costretta a spostarsi dal proprio paese non per sua scelta, ma per un motivo esterno. La gente del paese in cui si trovano non la accoglie, neppure per l'umana pietà che si dovrebbe a qualunque donna nelle condizioni di Maria. Gesù viene al mondo povero, spoglio e nel silenzio in braccio a Maria: "troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia". Se ne andrà nelle stesse condizioni di nudità, povertà e silenzio, appeso ad una croce, con sua madre sempre accanto. Dio entra ancora una volta nella storia in punta dei piedi e quasi di nascosto perché vuole che siamo noi a riconoscerlo con i nostri occhi e con il nostro cuore, purché ci disponiamo in attesa e non abbiamo paura di lasciarci avvolgere dalla sua luce. Per venire nel mondo sceglie una famiglia normale, in cui il lavoro e il rispetto delle leggi civili sono valori importanti, ma allo stesso tempo eccezionale per la viva fede, testimoniata nel "sì" aperto di Maria alla notizia portata dall'angelo e dall'amore sincero di Giuseppe che ritiene giusto non ripudiare la sua promessa sposa. Sceglie una famiglia unita, che affronta insieme la vita negli aspetti belli, come l'attesa per la nascita di un figlio, e nei momenti più difficili, come dover partorire fuori da casa propria, anzi proprio fuori da una casa. Dio infatti è senza nazionalità e non ha una dimora: la sua casa è la comunità che lo accoglie e in quella notte a Betlemme è una mangiatoia attorniata dai pastori con i loro animali. Dio nasce ultimo perché vuole che lo amiamo così com'è, vuole fidarsi per primo di noi e si consegna neonato indifeso alle mani di noi uomini. Vorremmo quindi essere anche noi a Betlemme, raccoglierci al buio e nel silenzio della notte, lontano dai rumori e dalle luci della mondanità, per scorgere la fioca luce della salvezza che prende inizio e sentire l'invito degli angeli a riconoscere che il nostro Dio è amore e vuole indicarci la sua via per raggiungerla. Allora anche il nostro canto si unirà a quello delle schiere celesti "Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama". E sarà davvero Natale!
|