Omelia (20-12-2015) |
Agenzia SIR |
Maria si alza - risorge!- e va verso la montagna dove abita Elisabetta. Il dono ricevuto da Dio spinge a comunicarlo. L'annuncio dell'angelo diventa un fatto umano, nella semplicità di questo episodio. Anche la mattina di Pasqua un'altra donna trasmetterà ai discepoli la "buona notizia" degli angeli. Maria salutò Elisabetta, così come lei stessa era stata raggiunta dal saluto di Dio portato dall'Angelo. Il saluto di Dio è come l'atto nuziale tra Dio e l'umanità. Sia a Nazaret sia ad Ain Karim il saluto è fecondo di un bambino portato in grembo che lo ascolta e ne sussulta. Sia Maria sia Elisabetta, infatti, furono piene di Spirito Santo. Eventi divini e fecondi, racchiusi in una meravigliosa domanda: "A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?". È come se Elisabetta le avesse detto: Dio ti ha benedetta più di tutte le altre donne, e benedetto è il bambino che avrai! Maria e il bambino sono dentro una benedizione intensa e ricca di riconoscenza. Ogni gravidanza dovrebbe essere accolta con la gioia di Elisabetta che interpreta con lo stesso segno - la gioia - il sobbalzo che ha sentito nel suo grembo. La fede fa vedere, capire e sobbalzare di gioia. Non si crede una volta per tutte, ma la si rinnova continuamente. La visita di Maria alla cugina contiene proprio questo messaggio: credere è una scelta quotidiana, paziente e fedele. La "Visitazione" è anche segno di una fede certa che "nulla è impossibile a Dio". Lo hanno sperimentato nel corpo donne come Sara, Elisabetta, Maria; i loro figli ne sono i frutti succosi. Maria è nello stesso tempo l'adorabile Figlia dell'Israele fedele e la Madre di Dio nell'Alleanza di Gesù. Maria è la piena di grazia, l'arca che contiene la Nuova Alleanza, perché ha creduto che nulla è impossibile a Dio. Commento a cura di don Angelo Sceppacerca |