Omelia (25-12-2015)
Agenzia SIR
Commento su Giovanni 1,1-18

A Natale sono previste tre Messe; quella della notte, dell'aurora e del giorno. Dalla notte al giorno, dalla ricerca alla gioia dell'incontro, fino allo splendore dell'annuncio. Nella notte e all'aurora il Vangelo è di Luca. Dopo la storia di singoli (Zaccaria, Elisabetta, Maria), ora quella di tutti i popoli che devono registrarsi nel luogo della propria origine. Maria e Giuseppe partecipano a questa convocazione, inconsapevoli che la loro storia è unica perché riguarda la nascita del Figlio di Dio. Nel grembo di Maria, Gesù compie il viaggio che lo porterà alla Pasqua per la salvezza del mondo: da Nazaret a Betlemme. Viene registrato insieme agli altri, ma è il Primogenito della nuova creazione e dei risorti dai morti.

Dopo le parole dell'angelo i pastori decidono di andare a vedere, non per ubbidire, ma per desiderio. La gloria cantata dagli angeli diventa lode sulla bocca degli uomini. Cielo e terra s'incontrano nella scena di vita di una famiglia ebrea, povera come quei visitatori, come la mangiatoia che fa da culla a un neonato che è il Figlio di Dio, il Salvatore del mondo, l'atteso dalle genti.

Nei pastori è abbozzato il cammino di ogni credente: dopo aver udito, andarono, videro e riferirono. Dalla loro testimonianza, nasce lo stupore di quelli che udirono. I pastori, quindi, tornarono alle loro occupazioni glorificando e lodando Dio. Dopo l'udire c'è l'andare, il vedere e il lodare. Questa è la forza missionaria della Chiesa. Dio dà dei segni della sua presenza in mezzo al popolo. Gesù è il segno per eccellenza, ma lo diviene solo per chi ha fede. È come per le parabole: comprende chi crede. Guardando Maria i pastori imparano a mettersi davanti al mistero: anche loro, come Maria, dopo l'annuncio dell'angelo cantano il "Magnificat".

Alla messa del giorno il Vangelo è il Prologo di Giovanni, un inno che contiene il seme di tutto lo sviluppo: Gesù inviato del Padre, sorgente di vita, luce del mondo, pieno di grazia e di verità, Unigenito nel quale si rivela la gloria del Padre. Gesù è la Sapienza di Dio, la sua Parola ultima che ha creato il mondo e che lo divide in tenebre e luce (dove c'è lui). Alla fine la luce avrà la meglio, ma prima conoscerà il rifiuto e la chiusura, perché noi preferiamo l'oscurità. La luce non s'impone.

"Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi". È il culmine del prologo; parole che oggi ascolteremo in ginocchio, stupiti di fronte a Dio che per amore si spoglia della sua gloria e prende la nostra carne, diviene uno di noi. Il momento più alto della gloria tonerà sulla croce del Figlio. In quella, il Padre dirà tutto, di sé e di noi.

Commento a cura di don Angelo Sceppacerca