Omelia (20-12-2015) |
Michele Antonio Corona |
In questa domenica che ci immette nel Natale abbiamo un'immagine molto commovente, ma non romantica. Due donne, una giovanissima ed una meno, si incontrano per poter rendere lode a Dio del dono della maternità. Chi non ha avuto figli vede il periodo della gravidanza come un tempo contornato solo dalla gioia della crescita del pancione, dall'attesa fiduciosa, dal conto alla rovescia del tempo. Chi invece ha avuto un bambino sa molto bene quanto la gravidanza sia anche tempo di nausee, di dolore, di travaglio. L'attesa che viene proposta con questa scena non è adornata da stelline e cuoricini, ma è talmente vicina alla nostra esperienza da essere veramente umana. Una donna adulta che deve "sopportare" una gravidanza travagliata, tanto che il bambino si muove compulsivamente nel grembo ed una ragazza che si alza "in fretta" per andare in una città anonima della regione più lontana. Una donna giovane che si permette di viaggiare in strade poco sicure e invase da briganti e una donna matura che deve sopportare il peso del pancione. Chiedete ad una madre cosa prova quando il proprio figlio scalcia. Da una parte vive una sensazione di vitalità, ma dall'altra è certamente provata dalla troppa effervescienza del coinquilino. Luca fotografa in modo mirabile questa situazione attraverso il sussultare di Giovanni. Il bambino che si sta ancora formando mostra una straordinaria effervescienza nel sentire il Signore. Forse l'immagine ci ricorda e ci rivela la bellezza della conoscenza del Cristo. Nell'alveo dell'amore e della misericordia è proprio questa la nostra sorpresa: essere affascinati da Gesù Cristo! Non perché lui possa divenire noioso, ma perché è proprio il nostro cuore ad essere irrimediabilmente sclerocardico. Abbiamo un cuore atrofizzato che non riesce a sostenere il perenne movimento di sistole e diastole. Il continuo muoversi della valvola atriale e mitrale può segnare lo scandire del tempo dell'amore. Maria, come sappiamo, non fa calcoli di convenienza e non si avvale del riposo di gravidanza a rischio. Il dono del figlio e l'annuncio dell'angelo su Elisabetta la muovono in modo irrimediabile. Lo slancio della condivisione e la gioia del dono la muovono verso Elisabetta in un cammino che trova il suo motore e la sua meta nello Spirito Santo. Gabriele aveva detto a Maria che lo Spirito sarebbe sceso su lei ed Elisabetta è riempita di Spirito nel vedere Maria. La scena si svolge significativamente all'interno della casa di Elisabetta e Zaccaria. Non si può dimenticare che quest'ultimo è muto. Tale afasia non si deve pensare come una punizione stizzita da parte dell'angelo (alias Dio), bensì una sorta di opportunità radicale offerta a Zaccaria per imparare il valore delle parole attraverso il silenzio e l'ascolto. Elisabetta parla poco nel vangelo, ma quando lo fa sembra avere coscienza di ciò che dice. Zaccaria reagisce all'attesissima promessa dell'angelo ponendo al centro il proprio limite: "Come IO potrò conoscere questo? Io sono vecchio e mia moglie è avanti negli anni". Zaccaria pronuncia una frase che evidenzia l'autocentramento spostando l'attenzione dall'ascolto di quella parola che lo travalica. Nel brano odierno Elisabetta è evidentemente emozionata davanti al mistero della gravidanza propria e di Maria, ma non catalizza su di sé la scena. Il suo grido di gioia è per la giovinetta che è venuta a trovarla, che ha condotto Gesù da Giovanni. Inoltre Elisabetta mostra un ulteriore aspetto importante della persona umana e della statura credente. L'ascolto del saluto di Maria non rimane qualcosa di celebrale, intellettuale, concettuale ma scende all'interno dell'anima fino a muoverla dal profondo. Mentre di Maria si dice che si è fisicamente mossa per andare in fretta ad una città di Giuda, Elisabetta compie questo cammino facendo calare l'annuncio dall'orecchio alle viscere. Nell'antropologia biblica le viscere sono infatti la sede dei sentimenti, degli affetti, della vita che nasce e cresce. Elisabetta evidenzia la dimensione totale della risposta all'annuncio evangelico. In questo senso possiamo comprendere la menzione veterotestamentaria della seconda lettura che richiama il salmo 40, nella versione greca, per esprimere la risposta del Cristo e, nel discepolato, di ogni credente: "Eccomi, vengo per fare la tua volontà". |