Omelia (20-12-2015) |
padre Ermes Ronchi |
Il 'primato' della benedizione. E del ringraziamento Un Vangelo di gioia e di donne. Santa Maria, gravida di Dio, incinta di luce, va in fretta, pesante di vita nuova e leggera di libertà, sui monti di Giuda. Origene di Alessandria (III sec.) afferma che l'immagine più vivida e bella del cristiano è quella di una donna incinta, che porta in sé una nuova vita. E non occorre che parli, è evidente a tutti ciò che accade: è viva di due vite, battono in lei due cuori. E non li puoi separare. Il cristiano passa nel mondo gravido di Dio, "ferens Verbum" (Origene) portando un'altra vita dentro la sua vita, imparando a respirare con il respiro di Dio, a sentire con i sentimenti di Cristo, come se avesse due cuori, il suo e uno dal battito più forte, che non si spegnerà più. Ancora adesso Dio cerca madri, per incarnarsi. Nell'incontro di Maria con Elisabetta, Dio viene mediato da persone, convocato dai loro abbracci e dai loro affetti, come se fosse, e lo è, un nostro familiare. Non c'è infinito quaggiù lontano dalle relazioni umane. In questa che è l'unica scena del Vangelo dove protagoniste sono solo donne, è inscritta l'arte del dialogo. Il primo passo: Maria, entrata nella casa, salutò Elisabetta. Entrare, varcare soglie, fare passi per andare incontro alle persone. Non restarsene al di fuori, ad aspettare che qualcosa accada ma diventare protagonisti, avvicinarsi, bussare, ricucire gli strappi e gli allontanamenti. E salutare tutti per via, subito, senza incertezze, per primi, facendo viaggiare parole di pace tra le persone. Bella l'etimologia di "salutare": contiene, almeno in germe, una promessa di salute per le relazioni, di salvezza negli incontri. Il secondo passo: benedire. Elisabetta...esclamò: Benedetta tu fra le donne. Se ogni prima parola tra noi fosse come il saluto di chi arriva da lontano, pesante di vita, nostalgia, speranze; e la seconda fosse come quella di Elisabetta, che porta il "primato della benedizione". Dire a qualcuno "sei benedetto" significa portare una benedizione dal cielo, salutare Dio in lui, vederlo all'opera, vedere il bene, la luce, il grano che germoglia, con uno sguardo di stupore, senza rivalità, senza invidia. Se non impariamo a benedire, a dire bene, non saremo mai felici. Il terzo passo allarga orizzonti: allora Maria disse: l'anima mia magnifica il Signore. Il dialogo con il cielo si apre con il "primato del ringraziamento". Per prima cosa Maria ringrazia: è grata perché amata. L'amore quando accade ha sempre il senso del miracolo: ha sentito Dio venire come un fremito nel grembo, come un abbraccio con l'anziana, come la danza di gioia di un bimbo di sei mesi, e canta. A Natale, anche noi come lei, grati perché amati, perché visitati dal miracolo. |